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Assolto dopo 21 anni di carcere

Giuseppe Gulotta, condannato nel 1990 all'ergastolo per la strage di Alcamo Marina, è innocente

14 febbraio 2012

21 anni in carcere sapendo di essere innocente. 21 anni in carcere e alla fine essere assolto. Giuseppe Gulotta, imputato al processo di revisione per la strage di Alcamo Marina (TP) in cui vennero uccisi i due carabinieri, Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta, il 27 gennaio 1976, è stato assolto dalla Corte d'Appello di Reggio Calabria.
Gulotta era stato condannato all'ergastolo, dopo 9 processi, in via definitiva nel 1990. Anche il procuratore generale aveva chiesto l'assoluzione dell'imputato. Gulotta, presente in aula, è scoppiato a piangere. "L'incubo è finito", dice con la voce ancora rotta dall'emozione. "La prima cosa che ho fatto - racconta - è stata quella di sedermi perché non mi reggevo in piedi. Ci siamo abbracciati con mio figlio William, che ha 24 anni, e con mia moglie Michela, senza parlare".
Giuseppe Gulotta ricorda di essere stato arrestato la prima volta esattamente il 12 febbraio 1976, a poco meno di un mese di distanza dalla strage. Aveva 18 anni. "E' stato come tornare indietro con l'orologio a 36 anni fa. Non so perche lo hanno fatto, cercavano un colpevole a tutti i costi. Posso solo dire che condannando me hanno trovato sì un colpevole ma non hanno fatto giustizia". Ormai ex ergastolano parla poi del suo futuro: "Pensare che potrò muovermi liberamente e tornare a lavorare è una sensazione che non si può descrivere con le parole: posso solo dire che sono emozionato".

A consentire la riapertura del processo erano state le dichiarazioni dell'ex brigadiere dell'Arma Renato Olino, il quale aveva raccontato delle torture a cui Gulotta e altre 3 persone erano stati sottoposti per estorcere una confessione. A fare il nome di Giuseppe Gulotta era stato Giuseppe Vesco, fermato con una pistola il 13 febbraio 1976. Quest'ultimo fu trovato morto nella sua cella in carcere nell'autunno successivo.

"Spero - ha detto poi Gulotta parlando con i giornalisti - che anche per le famiglie dei due carabinieri venga fatta giustizia. Non ce l'ho con i carabinieri - ha precisato - solo alcuni di loro hanno sbagliato in quel momento". Sì perché Giuseppe Gulotta, nonostante la complessa vicenda giudiziaria, non ha smesso di credere nella giustizia. "Bisogna credere sempre alla giustizia. Oggi è stata fatta una giustizia giusta", ha dichiarato. Un ultimo pensiero va all'ex brigadiere Renato Olino, che con le sue dichiarazioni ha permesso la riapertura del processo: "dovrei ringraziarlo perché mi ha permesso di dimostrare la mia innocenza però non riesco a non pensare che anche lui ha fatto parte di quel sistema".
Esulta l'avvocato Baldassare Lauria, che lo ha assistito assieme a Pardo Cellini: "Gulotta è stato vittima di un gioco di potere. Anche se nessuno potrà mai cancellare lo stravolgimento della sua vita, oggi, questa, è una sentenza che fa giustizia". "Ci abbiamo sempre creduto e sono convinto che era la decisione più giusta che la Corte potesse prendere" ha aggiunto l'avvocato Lauria. "A Gulotta oggi non è stato regalato nulla, gli è stato riconosciuto un errore giudiziario che gli ha rovinato la vita".
In aula era presente anche l'avvocato Cellini, che commentato "la giustizia ha trionfato davvero". Il legale ha ringraziato la Corte d'Appello per "la correttezza che ha avuto nell'autonomia di pensiero, priva di ogni pregiudizio, e questo è fondamentale per la giustizia italiana". La sentenza, ha concluso l'avvocato Cellini, "apre un cono di luce importante su vicende alcamesi e siciliane che non hanno avuto una interpretazione finora corretta".

La strage di Alcamo Marina - Era il 27 gennaio 1976 quando un commando assaltò la caserma di Alcamo Marina e uccise due giovani carabinieri, Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta. Da Palermo arrivò una squadra di investigatori guidata dal colonnello Giuseppe Russo, che l'anno dopo sarà ucciso dalla mafia a Ficuzza nel Corleonese. Seguendo una pista 'terroristica', fermarono Giuseppe Vesco, un giovane anarchico che aveva perso una mano maneggiando esplosivo. Vesco fu costretto, con le torture, a confessare la partecipazione alla strage (un atto "rivoluzionario") e ad accusare un gruppo di giovani che frequentava: Giuseppe Gulotta, Giovanni Mandalà e due all'epoca minorenni, Vicenzo Ferrantelli e Gaetano Santangelo. Furono tutti arrestati mentre Vesco, alcuni mesi dopo, fu trovato impiccato in cella: non è stato mai chiarito se si sia trattato davvero di un suicidio.
Nel corso di un lungo iter processuale, Ferrantelli e Santangelo sono stati prima condannati e poi assolti. Ora vivono in Sud America. Mandalà è morto. Gulotta è stato condannato a 27 anni e, tra una carcerazione e l'altra, ha cercato di formarsi una famiglia. Dal luglio 2010 era tornato in libertà vigilata perchè intanto un brigadiere in pensione, Renato Olino, che faceva parte del gruppo guidato dal colonnello Russo, ha confermato la storia delle torture. Alle violenze fisiche si univano anche quelle psicologiche. "Mi puntarono - ha raccontato Gulotta - anche una pistola in faccia e mi dissero: se non confessi ti uccidiamo".
La testimonianza di Olino non solo ha fatto riaprire il processo ma ha indotto la Procura di Trapani a promuovere una nuova indagine sulla strage "contro ignoti" e a iscrivere nel registro degli indagati quattro degli investigatori che avrebbero estorto le false confessioni. La prescrizione coprirà tutto. È passato troppo tempo. Sono stati celebrati nove processi, la verità è rimasta nell'ombra e l'unica certezza era finora la condanna dell'Italia davanti alla corte europea per i diritti dell'uomo per l'estrema lunghezza della giustizia.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Lasiciliaweb.it, GdS.it, Corriere del Mezzogiorno]

- La videointervista di Francesco Viviano (Le Inchieste di Repubblica)

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14 febbraio 2012
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