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Assolto il senatore Pdl Antonio D'Alì

Era accusato di concorso esterno in associazione mafiosa

30 settembre 2013

Il Gup di Palermo Gianluca Francolini ha assolto il senatore del Pdl, Antonio D'Alì, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa, per i fatti successivi al 1994 e ha dichirato la prescrizione per quelli precedenti.
I pm Paolo Guido e Andrea Tarondo avevano chiesto la condanna a 7 anni e 4 mesi. La sentenza è stata emessa col rito abbreviato.

D'Alì era accusato di avere avuto per anni rapporti con le cosche trapanesi e di avere ricevuto il sostegno elettorale dei boss. Secondo l'accusa, avrebbe pilotato appalti pubblici, facendoli assegnare a imprese in odore di mafia. La Procura chiese l'archiviazione dell'indagine, ma il gip Antonella Consiglio ordinò nuovi approfondimenti al termine dei quali i pm chiesero il rinvio del Senatore.
Il gup ha dichiarato estinte per prescrizione, le accusano relativa ai fatti precedenti al '94 e assolto il senatore per quelle successive con la formula "perché il fatto non sussiste".

"La riforma del sistema giustizia è necessaria per il Paese. È un fatto riconosciuto da tutti. Io non ho chiesto di avvalermi della prescrizione o di altro. Mi sono difeso nel processo. Ma che occorra la riforma della giustizia, e non lo dico certo partendo dal mio caso", ha commentato il senatore dopo l'assoluzione.
"La prima telefonata che ho ricevuto è stata di Berlusconi che si è complimentato con me: ‘Hai visto che abbiamo fatto bene a candidarti’?". "Questa sentenza - ha aggiunto - è una conferma della mia correttezza e della correttezza della mia politica di questi anni. Sono una persona perbene, anche se c'è stato bisogno di una sentenza per ribadirlo. Ora nessuno deve accostare il mio nome alla mafia".
"Finalmente la verità. L'assoluzione è la notizia che aspettavamo da tempo Ora la sua innocenza, della quale non abbiamo mai dubitato, è confermata dalla decisione del gup di Palermo", ha dichiarato il presidente dei senatori del Pdl, Renato Schifani.

Prima della sentenza c'era stato l'ennesimo colpo di scena: la Procura ha riferito al gup Gianluca Francolini che due testi chiave dell'accusa, don Ninni Treppiedi e Vincenzo Basilicò, sarebbero stati avvicinati da persone vicine all'imputato e minacciati affinché non parlassero più con i magistrati. I pm hanno chiesto di depositare i verbali con il racconto delle minacce, fatto dai testimoni, ma la difesa del senatore si è opposta e i magistrati hanno allora chiesto al giudice l'esame di Basilicò e Treppiedi; quest'ultimo coinvolto in vicende processuali relative ad ammanchi di denaro di Fondazioni della Curia di Trapani.

I due hanno raccontato ai pm di essere stati avvicinati e  minacciati da un maresciallo dei carabinieri e da un politico locale, entrambi vicini a D'Alì, dei quali hanno fatto i nomi. Il sacerdote, sospeso a divinis dalla Curia, sarebbe stato contattato prima della sua deposizione contro D'Alì, davanti al gup, la settimana scorsa ma avrebbe riferito il fatto ai pm solo successivamente.
La testimonianza di Treppiedi, che dalla scorsa estate collabora con i magistrati, aveva fatto slittare la sentenza in quanto i pm avevano ritenuto necessario sentirlo. Dopo la sua deposizione, oggi la Procura e le difese avrebbero voluto integrare la requisitoria e le arringhe.

[Informazioni tratte da ANSA, Corriere del Mezzogiorno, Lasiciliaweb.it]

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30 settembre 2013
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