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ATTENTATI PER TUTTI!

La mafia, sempre più allo sbando, vorrebbe ritornare all'eclatanza degli anni Novanta

21 gennaio 2010

Attentati per tutti! Sembra una nuova strategia della tensione quella che sta utilizzando la mafia in questi mesi: lettere anonime, minacce e avvertimenti trasversali sono arrivati a magistrati, procuratori, giornalisti e politici impegnati.

Sono recenti le scoperte di piani omicidi nei confronti del procuratore nisseno Sergio Lari, dei pm Nico Gozzo, Antonio Ingroia, Gaetano Paci, mentre due pentiti a Gela hanno ricostruito i progetti per assassinare il gip Giovanbattista Tona e l'ex sindaco Rosario Crocetta (LEGGI).
Inoltre, da alcuni mesi la magistratura indaga su un progetto per colpire il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso e il giornalista Lirio Abbate, inviato de L'espresso ed ex redattore dell'Ansa di Palermo.

L'inchiesta riguardante Grasso e Abbate ha permesso di trovare elementi di riscontro a questo piano, che avrebbe previsto l'utilizzo di una grossa quantità di esplosivo nascosto a Caltanissetta. Secondo gli inquirenti, il progetto stragista - svelato da una lettera anonima molto dettagliata - sarebbe stato ideato dalle cosche di Palermo e della provincia di Trapani, territorio dominato da Matteo Messina Denaro. Messina Denaro, latitante da venti anni e ultimo padrino in libertà della cupola corleonese, è stato riconosciuto colpevole di numerosi attentati condotti con l'uso di autobombe, a partire dalla strage di Pizzolungo per assassinare il giudice Carlo Palermo che invece provocò la morte di una donna e dei suoi figli gemelli di soli sei anni, fino a quella di Firenze che uccise cinque persone.

Da alcuni mesi l'intelligence raccoglie in Sicilia segnali preoccupanti su un possibile ritorno delle famiglie mafiose a una nuova stagione di fuoco.
Secondo Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Partito democratico del Senato, le notizie di progetti di attentati che arrivano dalla Sicilia sono "un rigurgito delle mafie contro la magistratura, a un ritorno alla strategia della strage come colpo di coda di una criminalità organizzata che in questi anni ha subito un attacco durissimo da parte dello Stato". "Prima - ha detto la senatrice siciliana - magistratura e forze dell'ordine hanno sventato un piano criminale per l'omicidio dei magistrati Lari, Paci, Ingoia e Gozzo titolari di inchieste di prima linea a Caltanissetta e Palermo contro la mafia, ieri sono arrivati 5 ordinanze di custodia cautelare in carcere per altrettanti boss mafiosi colpevoli di aver pianificato l'assassinio dell'ex sindaco di Gela, ora eurodeputato, Rosario Crocetta e della sorella del gip Giovanbattista Tona, anche loro accomunati dall'impegno quotidiano contro la criminalità organizzata". "È chiaro a tutti - ha sottolineato Anna Finocchiaro - che siamo di fronte a un rigurgito delle mafie contro la magistratura, a un ritorno alla strategia della strage come colpo di coda di una criminalità organizzata che in questi anni ha subito un attacco durissimo da parte dello Stato. Uno Stato che anche oggi, come ieri, ha dimostrato di esserci e di saper reagire con forza e tempestività". "È proprio in un momento come questo - ha proseguito Anna Finocchiaro - che le istituzioni e le forze politiche devono stringersi con solidarietà e vicinanza attorno a questi magistrati e a questi uomini politici che sono l'avanguardia della lotta contro la mafia e alle loro famiglie. Anche rasserenare il clima tra politica e magistratura può giovare a sostenere concretamente questa battaglia di civiltà e legalità di primaria importanza per lo sviluppo dell'Italia e in particolare del Mezzogiorno".

Dunque, una Cosa nostra sempre più allo sbando, "a causa" di questi protagonisti dell'antimafia vera che quotidinamente mettono a segno colpi mortali, sta pensando di ritornare all'eclatanza degli anni Novanta, pianificando progetti costruiti con la logica dell'odio. Proprio come quello che le cosche gelesi provano per Rosario Crocetta, ex sindaco di Gela, oggi eurodeputato del Pd, che per la criminalità è sempre stato un "rompicoglioni di prima categoria". "Posso riferire che è ancora attuale il progetto di attentato alla vita dell'ex sindaco di Gela, Crocetta". Questo ha dichiarato agli investigatori, alla fine dello scorso ottobre, uno dei collaboratori di giustizia, Crocifisso Smorta, già esponente di spicco del clan Emmannuello di Cosa nostra gelese. "Nel corso del 2006 - ha raccontato Smorta - Daniele Emmanuello, in presenza di Carmelo Bilizzi, disse che Crocetta doveva essere ucciso e che l'esecuzione doveva essere rimandata al momento in cui questi avesse ultimato la carica di sindaco che al tempo rivestiva". "Il livore che l'Emmanuello manifestava continuamente nei confronti del Crocetta - ha puntualizzato il pentito - era motivato dalla attività antimafia svolta puntigliosamente dal sindaco nel corso degli anni oltre che da questioni personali: il licenziamento della moglie del boss e il rigetto della domanda dei genitori per una casa popolare".
Sentimenti di odio e di vendetta verso l'ex sindaco, Rosario Crocetta, condivisi da tutti gli appartenenti alle famiglie mafiose, al punto che, secondo Smorta, "quando Emmanuello fu ucciso, Crocetta venne additato in seno a Cosa nostra quale responsabile (morale) dell'omicidio".
"Per uccidere Crocetta
- ha detto ancora Smorta - si aspettava che qualcuno del clan fosse scarcerato". La scelta era ricaduta su Francesco Vella, imputato di secondo piano in uno dei filoni del processo antiracket 'Munda Mundis', che si celebrava in corte d'appello a Caltanissetta. "Si era quasi certi - ha ricordato Smorta - che quest'ultimo potesse essere di lì a poco scarcerato e proprio per tale ragione si cercava di ragionare insieme sulle cose più urgenti da 'trattare' una volta che il Vella avesse riacquistato la libertà. L'aspettativa poi andò delusa in quanto il giudice d'appello gli confermò la condanna di primo grado".

Esiste però una parte opposta all'odio dei mafiosi, ed è la stima e la solidarietà che la società civile e tutte le persone oneste sentono sinceramente per Crocetta, per Igroia, Lari, Tona, Gozzo, Paci, Grasso e Abbate. A questi ultimi la direzione de L'espresso, ha subito espresso "la massima solidarietà". "Nella convinzione che le autorità continueranno a garantire la protezione del nostro collega, la direzione ribadisce l'impegno de L'espresso nel portare avanti le inchieste sulla mafia e su tutte le collusioni che sostengono l'attività della criminalità organizzata".
"Non è un caso che i giornalisti continuino a rappresentare, con i magistrati e gli investigatori, un bersaglio dei progetti stragisti della mafia", ha commentato la notizia il presidente dell'Ordine dei giornalisti di Sicilia, Franco Nicastro. "Tutte le volte che l'informazione alza il velo sulle collusioni e sulle relazioni pericolose tra Cosa nostra e il potere politico - ha aggiunto Nicastro - prendono corpo le rappresaglie e le intimidazioni nei confronti dei cronisti impegnati semplicemente a svolgere il loro lavoro e a contribuire così alla ricerca della verità". "In Sicilia è storia antica. - ha detto - Di tanto in tanto la mafia si incarica però di ricordare che il giornalismo non omologato e non superficiale è un esercizio pericoloso della professione. Per questo la solidarietà a Lirio Abbate non è un semplice atto rituale e formale".

Intanto la macchina della Giustizia va avanti... - I militari del Gico della Guardia di Finanza, in esecuzione di diversi decreti dei giudici della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, hanno sequestrato beni mobili e immobili per oltre cinque milioni di euro intestati a persone vicine alle cosche mafiose palermitane. Si tratta di Francesco Di Pace, detto "Bmw", che avrebbe gestito il racket per conto dei capimafia Salvatore e Sandro Lo Piccolo; Luigi Bonanno, affiliato alla famiglia mafiosa della Noce, emigrato alla fine degli anni settanta a Milano; Fabio Micalizzi, ex dipendente Gesip, indicato da numerosi pentiti come l'uomo dei Lo Piccolo nel campo del gioco clandestino e un altro uomo di fiducia della cosca di San Lorenzo: Giuseppe Micalizzi. Tra i beni finiti sotto sequestro: 13 appartamenti, due ville, 10 automobili, terreni, denaro per 260mila euro, due ditte, quote societarie e numerosi conti correnti.

[Informazioni tratte da ANSA, L'espresso, La Siciliaweb.it]

 

 

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21 gennaio 2010
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