Aumenta il numero delle donne occupate ma non la loro retribuzione rispetto agli uomini
In media, la busta paga di una lavoratrice è inferiore del 9% rispetto a quella di un lavoratore
L'analisi delle dinamiche occupazionali dell'anno scorso, evidenzia infatti, per il segmento femminile del mercato del lavoro, un bilancio decisamente positivo. Le donne crescono più degli uomini e più in fretta. Se si guarda all'incremento occupazionale registrato tra 2001 e 2002, ci rendiamo conto che il 56,1% dei "nuovi" occupati (ben 176mila unità) è costituito da donne. Inoltre, nel corso dell'anno, il tasso di crescita dell'occupazione femminile è stato praticamente il doppio di quello maschile, sia in termini di presenza sul mercato (c'è stato un aumento dell'1,3% contro lo 0,6% maschile), sia in termini occupazionali (a fronte di un incremento del 2,2% delle occupate, gli occupati sono cresciuti "solo" dell'1%). Se si continuasse in questo, nel giro di qualche anno, la struttura del mercato del lavoro italiano sarebbe totalmente rivoluzionata.
Sembra inoltre, che sia cambiata proprio la qualità del lavoro femminile. Determinate più che mai, le donne di oggi non si accontentano di ruoli marginali, ma puntano ai gradini più alti. Sono aumentate le imprenditrici e libere professioniste (+9,7% contro un incremento della componente maschile del 4,3%), le dirigenti (+ 3,5% contro l'1,9% maschile). E' anche vero che negli ultimi anni sia lo stato che le regioni hanno cercato di favorire l'inserimento nel mondo del lavoro da parte delle categorie protette mediante politiche occupazionali mirate. Basti pensare che anche nel corso del 2002, pur non essendo previste specifiche incentivazioni finanziarie, il lavoro part time tra le donne è cresciuto di oltre il 4,2%, a fronte di una contrazione dello stesso (forse dovuta al venir meno delle incentivazioni) presso la componente maschile del mercato (-0,4%).
Allo stesso modo, ha sicuramente pesato la possibilità di usufruire di strumenti contrattuali più flessibili. Se fino a qualche anno fa la flessibilità era una prerogativa legata al mondo femminile e giovanile, oggi ne sono interessati maggiormente gli uomini. Altri fattori che hanno contribuito alla rinascita sono: la ripresa dell'offerta di lavoro, la crescita dei servizi ed un progressivo passaggio culturale.
Comunque, in ogni caso, malgrado la crescita, il tasso di attività femminile si attesta su livelli ancora troppo bassi (36,8%), se comparati a quelli maschili (61,7%), in special modo nel mezzogiorno (29,2%), dove peraltro la crescita nella disponibilità a presentarsi sul mercato da parte delle donne, risulta molto più debole. Anche sul versante occupazionale, malgrado i progressi, il livello di disoccupazione resta quasi il doppio di quello maschile (12,2% delle donne contro il 7% degli uomini), e ancora una volta a farne le spese sono soprattutto le donne meridionali, tra le quali le difficoltà di accesso al lavoro e l'esistenza di vaste aree di occupazione sommersa determinano un tasso "ufficiale" di disoccupazione del 26,4%. Se, per quanto riguarda i tassi di crescita occupazionali ad averla vinta sono le donne, per quanto riguarda invece, le retribuzioni a guadagnare di più sono ancora gli uomini.
In media, la busta paga di una lavoratrice è inferiore del 9% rispetto a quella di un collega uomo. Non solo, il fenomeno non accenna a diminuire. Anzi, in un solo anno il gap a sfavore delle donne è aumentato del 2%. La situazione nel nostro Paese è, tuttavia, migliore di quella di molti altri Stati membri dell’Ue, dove la media della differenza retributiva a sfavore delle donne tocca quota 16%. I dati sono contenuti nell’ultimo rapporto della Commissione europea sulla "Situazione sociale in Europa 2003".