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Azzerato il vertice della cosca di Marsala

I boss marsalesi avevano subito ricostituito il clan appena usciti di prigione

03 luglio 2009

Avevano ripreso le redini della cosca di Marsala appena usciti di prigione. La cosca marsalese, praticamente annientata nel 2004 - e della cosa di lamentava Matteo Messina Denaro con Bernardo Provenzano - si era riorganizzata in poco tempo e subito gli affiliati sono tornati a rifornirsi di armi e a fare estorsioni. Una riorganizzazione rapida scoperta presto da polizia e carabinieri che, oggi, hanno arrestato sei persone con l'accusa di associazione mafiosa, estorsione e detenzione di armi.
Ai vertici della "famiglia" ci sono nomi noti agli investigatori: come Vito Vincenzo Rallo, fratello del capomafia Antonino. Scarcerato a luglio del 2007, Vincenzo Rallo è immediatamente tornato a pianificare e gestire il racket del pizzo e amministrare la cassa dell'organizzazione. Al suo fianco Francesco Giuseppe Raia, figlio del boss Gaspare che sconta al carcere duro una condanna all'ergastolo. Uscito di prigione nel giugno del 2007 si è subito messo a disposizione di Rallo per la riscossione delle estorsioni. In manette sono finiti anche Maurizio Bilardello, 39 anni, pregiudicato; Giuseppe Gaspare De Vita, 36 anni, podologo; Francesco Messina, 49 anni, imprenditore edile; e Dario Cascio, 28 anni pregiudicato. Nell'operazione, denominata "Raia" e coordinata dal procuratore aggiunto Teresa Principato e dai pm Marsia Sabella e Carlo Marzella, sono stati impegnati 100 tra poliziotti e carabinieri, che hanno operato contemporaneamente in varie frazioni del territorio marsalese. Rallo, praticamente il nuovo reggente della cosca di Marsala, è stato individuato ed arrestato in contrada Ciavolotto.

Secondo gli investigatori, Rallo pianificava, ma anche realizzava personalmente le estorsioni, "sovrintendendo alla gestione della cassa comune della consorteria". Rallo, inoltre, rappresentava la famiglia nei rapporti con le altre articolazioni territoriali di Cosa nostra. Raia, invece, con "l'ausilio costante" di Bilardello, si occupava di gestire il sistema delle estorsioni, custodiva la cassa comune e suddivideva i relativi introiti.
L'indagine ha svelato la capillare pressione estorsiva esercitata dalla cosca: grazie alle intercettazioni gli inquirenti hanno scoperto, ad esempio, i taglieggiamenti subiti da un imprenditore del settore ittico della zona, costretto, dal 2003 al 2008, a versare tangenti da cinquemila euro. I boss, poi, si erano costituiti un arsenale di armi e munizioni ed esercitavano "attività " tipiche degli uomini d'onore come l'intermediazione in affari immobiliari: la cosca era intervenuta nell'acquisto di un terreno da adibire a parcheggio. Dall'inchiesta, infine, è emerso che la designazione di Rallo al vertice della "famiglia", caldeggiata da Messina Denaro, non era particolarmente gradita al vecchio boss detenuto Gaspare Raia, che aveva messo in guardia il figlio a stare attento al boss in passato sospettato di avere fatto la cresta sui soldi della cassa della cosca.

Da una intercettazione ambientale effettuata nell'auto di uno degli arrestati (Maurizio Bilardello), è venuto fuori, inoltre, che i boss si erano procurati un fucile di precisione che avrebbero dovuto utilizzare in un attentato contro il pm della Dda di Palermo, Roberto Piscitello, ora capo di gabinetto vicario del ministero della Giustizia, da anni impegnato nelle indagini sulla mafia trapanese.
L'intercettazione risale all'estate del 2008. Dopo qualche mese a Piscitello vennero rafforzare le misure di sicurezza. L'arma, che sarebbe stata spostata dal luogo in cui veniva tenuta, a pochi metri da casa del pm, non è mai stata ritrovata. 

La cosca "benedetta" da Matteo Messina Denaro e i contatti con Bernardo Provenzano
Dall'analisi di alcune lettere ritrovate nel covo di Montagna dei Cavalli a Corleone (PA), dove l'11 aprile del 2006 venne arrestato il superlatitante Bernardo Provenzano, è emerso che nel 2004 l'associazione mafiosa a Marsala si trovava in difficoltà a causa dei numerosi arresti. In particolare, in un pizzino datato 1 febbraio 2004, il boss latitante di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro, spiegava a Provenzano di non potere esaudire una sua richiesta relativa al territorio di Marsala, poiché la gran parte degli uomini era stata arrestata, "pure i rimpiazzi e i rimpiazzi dei rimpiazzi", e pertanto auspicava la prossima scarcerazione di coloro che erano stati condannati a pene più lievi.
In effetti da un monitoraggio effettuato dagli investigatori, è emerso che tra il 1999 e il 2005 diversi esponenti della cosca marsalese furono arrestati nel corso di numerose operazioni antimafia, ma già dai primi mesi del 2007, numerosi affiliati cominciarono a riacquistare la libertà e tra questi, ad esempio, Vito Vincenzo Rallo (fratello del boss ergastolano Antonino Rallo) e Francesco Giuseppe Raia (figlio di Gaspare Raia, altro importante uomo d'onore, condannato all'ergastolo e detenuto presso il carcere di Spoleto).

L'attività investigativa condotta a partire dal 2007 ha permesso di fotografare la piena fase riorganizzativa della famiglia di Marsala, pervenendo all'individuazione del suo attuale vertice. E' stato così possibile accertare che, dopo la cattura del latitante Antonino Rallo, avvenuta l'11 ottobre 2007, la reggenza della famiglia mafiosa era stata affidata, probabilmente con l'intervento di Matteo Messina Denaro, al fratello Vito Vincenzo Rallo, tornato in libertà il 23 luglio 2007. A sua volta, uno dei figli dell'ergastolano Gaspare Raia, Francesco Giuseppe, scarcerato l'1 giugno 2007, aveva assunto, alle dirette dipendenze di Rallo, la gestione delle estorsioni e della relativa cassa comune della consorteria marsalese, facendosi coadiuvare dal proprio fratello consanguineo Maurizio Bilardello (figlio naturale di Gaspare Raia). Tuttavia il nuovo reggente non era gradito a Gaspare Raia, che riteneva che Rallo responsabili degli ammanchi alla cassa della consorteria e invitava i suoi figli a stare attenti per evitare che il nuovo reggente continuasse ad appropriarsi di denaro a scapito della famiglia.

A partire dal 2007, la famiglia di Marsala, nell'ottica della sua riorganizzazione, aveva riavviato e comunque rinnovato il sistema delle estorsioni che aveva subito un periodo di declino. Da un lato, diversi imprenditori avevano interrotto i pagamenti pattuiti perché, a causa dei numerosi arresti, non sapevano più a chi rivolgersi per la consegna del denaro e al tempo stesso non vi era stato più nessuno a sollecitarli, dall'altro lato, i fratelli Rallo, Antonino e Vincenzo, che avevano cercato di controllare le estorsioni, probabilmente approfittando dello sconquasso della consorteria, avevano distratto diverse somme che invece servivano a sovvenzionare la famiglia.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa.it, AGI, Marsala.it]

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03 luglio 2009
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