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Bagattelle per un omicidio

''L'idea del sequestro è nata per scherzo perché avevamo bisogno di soldi... Io volevo comprarmi il computer''

16 febbraio 2007

Sequestrato e poi morto, per niente. Una ''bravata'' (?) solo per estorcere un po' di denaro a quell'uomo tanto ricco, e poi proseguire la vita come al solito...
Si terranno domani i funerali di Pietro Michele Licari, il ricco possidente di Partinico sequestrato da due balordi (il 18enne Giuseppe Lo Biondo e il 22enne Vincenzo Bommarito) il 13 gennaio scorso e ritrovato morto l'altro ieri nelle campagne della provincia Palermitana.
Secondo l'autopsia effettuata ieri all'Istituto di Medicina legale del Policlinico di Palermo dal prof. Paolo Procaccianti, l'uomo è morto per gli stenti provati durante la lunga prigionia, ucciso soprattutto dal freddo e dalla sete. L'esame autoptico ha rivelato che Licari sarebbe deceduto intorno al 27-28 gennaio scorso, quindi, una decina di giorni dopo il sequestro.
Sul corpo della vittima non sono stati riscontrati segni di violenza, proprio come raccontato da uno dei due rapitori reo confesso.
Pietro Licari è morto incatenato mani e piedi all'interno di un cavedio dell'acquedotto di San Giuseppe Jato. Attorno alla vita, il medico legale ha riscontrato una ferita profonda, dovuta certamente alla corda che i due rapitori usavano per tenerlo legato all'interno del cavedio.

L'autopsia, dunque, ha sostanzialmente confermato il racconto che Giuseppe Lo Biondo ha fatto davanti  ai pm Maurizio De Lucia e Francesco Del Bene ammettendo la propria colpevolezza insieme a quella di Bommarito, che continua però a negare di aver preso parte al rapimento.
Un racconto assurdo con il quale il 18enne ha spiegato i motivi della loro azione. ''Licari è morto circa due settimane dopo che lo abbiamo rapito [...] Il sequestro - ha raccontato Lo Biondo - è stato operato da me e da Vincenzo Bommarito ed è stato ideato l'estate scorsa. Licari è stato pedinato per un certo tempo anche nelle campagne dove lavorava. È stato preso un sabato, nel momento dell'agguato io l'ho afferrato dalle spalle dopo essermi nascosto in una veranda della sua masseria. Quando lo abbiamo sequestrato eravamo incappucciati. Licari non ci ha riconosciuti. Per alcune ore l'abbiamo nascosto dentro la sua macchina e alle otto di sera lo abbiamo portato dentro il pozzetto che avevamo predisposto in precedenza per custodirlo''.

''Il sequestro - ha ancora aggiunto il diciottenne - è avvenuto alle 4 di pomeriggio circa. L'idea è nata per scherzo, il sequestro lo aveva proposto Bommarito che aveva bisogno di soldi perché aveva debiti... Anche io avevo bisogno di denaro per le mie necessità come l'acquisto del computer e della macchina''. ''Bommarito - ha ricordato Lo Biondo - era a conoscenza delle capacità economiche di Licari, tra l'altro sapeva che era proprietario di una farmacia e che aveva un libretto a risparmio con molti soldi. Il giorno prima che Licari morisse mi sono accorto che stava male. Ho informato Bommarito e lui mi ha detto che l'indomani sarei dovuto andare a liberarlo. Avevamo pensato di dare la prova che Licari fosse vivo registrando la sua voce. Ogni volta che gli portavo da mangiare, io mandavo dei messaggi a Bommarito per dirgli che era tutto a posto''.

Sulla somma di denaro richiesta alla famiglia Licari, che venne ritenuta ''anomala'' dagli investigatori, Giuseppe Lo Biondo sarebbe stato ''ingannato'' dal complice, che gli aveva detto di aver imposto una cifra inferiore a quella comunicata alla famiglia. Un particolare che è emerso dall'interrogatorio reso l'altro ieri ai pm. ''Dopo il sequestro - ha affermato Lo Biondo - è stato Bommarito a fare la prima telefonata alla famiglia Licari. Io non ero presente quando ha chiamato. Bommarito mi ha detto che aveva chiesto centomila euro. Quando ho sentito dai telegiornali che la somma era di 300 mila euro lui mi ha detto che i telegiornali dicevano ca...''.

''Io ho chiamato due volte la famiglia - ha detto ancora il 18enne - una volta di domenica verso le due e mezza e poi un mercoledì verso le otto. Ho chiamato sempre dalla stessa cabina con una scheda telefonica che abbiamo comprato a Palermo. La sera del sequestro io e Bommarito siamo andati a Palermo a fare la telefonata alla famiglia Licari. Sono stato io a prendere il cellulare del sequestrato. Quella sera non siamo riusciti a contattare la famiglia perché non si riusciva a prendere la linea. Ricordo che quella sera sono arrivate telefonate al cellulare di Licari da un numero anonimo ma non abbiamo risposto e abbiamo spento l'apparecchio. Il giorno successivo - ha raccontato il giovane indagato - è stato Bommarito a chiamare la famiglia. Io ho poi chiamato altre due volte''.
La sera del 15 gennaio, infatti, i due rapitori richiamarono i familiari di Licari rinnovando la propria richiesta di denaro. La terza telefonata la fecero domenica 21 gennaio al cellulare della figlia del possidente. I rapitori, nella fattispecie Lo Biondo chiese subito se i soldi erano pronti. La figlia di Licari rispose chiedendo una prova del fatto che il padre fosse ancora in vita. Lo Biondo rispose di non preoccuparsi, ma la figlia del possidente terriero insistette. Lo Biondo, recitando ancora la parte del sequestratore implacabile, rispose: ''Entro mercoledì vogliamo tutti i soldi in pezzi di 50 e 100 euro''.

Il gip del Tribunale di Palermo, Roberto Conti, ha convalidato ieri sera i fermi dei due giovani. Giuseppe Lo Biondo e Vincenzo Bommarito restano così in carcere perché il giudice per le indagini preliminari ha riscontrato i ''gravi indizi'' raccolti dai Carabinieri e dai magistrati nel corso dell'indagine. Insomma, i due avrebbero organizzato il sequestro per ottenere 300 mila euro che servivano per pagare i debiti di Bommarito e soddisfare alcuni ''capricci'' di Lo Biondo. Sequestro finito con la terribile morte, per gli stenti e la sete, di un uomo di 68 anno.
Adesso si attende il provvedimento di ordinanza di custodia cautelare che sarà emessa dallo stesso gip forse già oggi.

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16 febbraio 2007
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