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Beppino Englaro indagato per omicidio volontario

La denuncia è stata inviata alla Procura di Udine da diverse associazioni

27 febbraio 2009

Almeno Eluana non c'è più... Lei è stata finalmente liberata. Però tutti i significati nati intorno a lei, lo scuotimento che le coscienze degli italiani hanno avuto continuerà ad esserci, come continua ad esserci ancora suo papà, Beppino. Purtroppo è su di lui che continua ancora ad abbattersi quella che in un recentissimo passato, noi, abbiamo chiamato vergognosa crudeltà. Qualcuno ebbe la capacità di gridargli addosso "boia", "padre assassino". Oggi qualcun altro ha avuto la capacità di denunciarlo per omicidio volontario.
Proprio così, l'associazione "Scienza e vita" ha inviato alla Procura della Repubblica di Udine, una denuncia per omicidio volontario in relazione alla morte di Eluana Englaro, deceduta il 9 febbraio scorso nella casa di riposo La Quiete del capoluogo friulano dopo 17 anni in stato vegetativo persistente.

In seguito alla denuncia il Procuratore della Repubblica di Udine, Antonio Biancardi, quale atto dovuto deve dunque aprire le indagini su Beppino Englaro, e su altre 13 persone, fra le quali l'anestesista Amato De Monte che ha guidato l'équipe medica che ha attuato il protocollo per il distacco del sondino della donna, e 12 componenti dell'associazione "Per Eluana". L'associazione aveva preso in carico la donna dalla clinica privata di Lecco, la notte del 2 febbraio scorso, per portarla alla casa di riposto "La Quiete" dove, sulla base del decreto della Corte d'appello di Milano, è stato attuato il protocollo per l'interruzione dell'alimentazione e dell'idratazione.

Visto che si tratta di un "atto dovuto", forse il fascicolo velocemente aperto si chiuderà altrettanto velocemente. Ma secondo indiscrezioni investigative questa nuova indagine partirebbe non solo dalla denuncia dell'associazione "Scienza e vita", ma anche da una serie di esposti firmati sia da altre associazioni che da singoli, che hanno raccontato una loro storia di Eluana, come se fosse la storia di un omicidio. Il fatto che ci sia stata una sentenza della Corte civile d'appello di Milano, confermata dalla Cassazione, e che fosse stato approntato un protocollo per accompagnare gli ultimi giorni di Eluana non ha mai interessato i firmatari di queste denuncie, che in nome della sacralità della vita hanno puntato il dito contro il padre di Eluana, gli hanno gridato boia e adesso vorrebbero vederlo dietro le sbarre, affinché la loro giustizia sia fatta...

"Era un atto atteso solo che, forse, doveva giungere il giorno stesso della morte della donna. Per noi non cambia nulla, ora avremo modo di chiarire tutto in contraddittorio". Questo il commento di Giuseppe Campeis, legale della famiglia Englaro. Secondo Campeis, tuttavia, la Procura della Repubblica di Udine non ha ancora risolto il dubbio "se quanto avvenuto alla Quiete sia stato legittimo oppure no. Per questo che il Procuratore sta lavorando su due fronti".
Il procuratore Antonio Biancardi, dal momento del trasferimento di Eluana a Udine, ha diretto in prima persona una serie di inchieste. All'inizio aveva addirittura ipotizzato il sequestro della struttura interna alla casa di riposo che aveva accolto la paziente. Nei giorni scorsi ha dovuto aprire un altro fascicolo con quattro indagati: sempre papà Beppino, sempre il primario De Monte, e due giornalisti. Il motivo: aver deciso di scattare numerose fotografie di Eluana poco prima della morte.

Sono in tutto 130-140 le foto scattate ad Eluana lo scorso otto febbraio, quando nella stanza sono entrati, su richiesta di Beppino Englaro, la giornalista della Rai Marinella Chirico e il fotogiornalista Francesco Bruni, accompagnati dall'anestesista Amato De Monte, dall'infermiera Cinzia Gori e dallo zio di Eluana, Armando Englaro.
Secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori, a scattare le foto è stato solo ed esclusivamente Bruni che, con la propria macchina, ha fatto 60-70 istantanee della stanza e delle persone che vi si trovavano, senza mai riprendere Eluana. Successivamente, con una macchina fotografica fornita da De Monte, lo stesso Bruni ha scattato altre 60-70 foto a Eluana. Al termine degli scatti, Bruni ha restituito la macchina fotografica a De Monte che l'ha successivamente consegnata alla famiglia Englaro.
Il primo gruppo di foto è stato sequestrato dai carabinieri del Nucleo investigativo di Udine a Bruni che l'ha consegnato a Trieste, su richiesta degli stessi militari. Il sequestro ieri non è stato convalidato dal sostituto procuratore della Repubblica del capoluogo giuliano Federico Frezza, che ha anche disposto la restituzione delle foto a Bruni. Il secondo gruppo di foto, che è quello con le immagini di Eluana, è stato ed è tuttora custodito dalla famiglia Englaro. Il pm Frezza ha ritenuto "inesistente in radice" l'ipotesi di reato formulata dai carabinieri (inosservanza dei provvedimenti dell'autorità; art. 650 del Codice Penale) dal momento che, secondo il magistrato, non esiste alcun provvedimento dell'autorità e il protocollo per l'interruzione di alimentazione e idratazione di Eluana è una scrittura privata. Per Frezza, inoltre, i limiti previsti nello stesso protocollo, fra i quali il divieto di introdurre nella stanza di Eluana macchine fotografiche e apparecchi di registrazione, sono stati posti da Beppino Englaro, in qualità di tutore della figlia, nell'interesse di quest'ultima per cui lo stesso Beppino poteva decidere di derogare a tali limiti.

Beppino Englaro, aveva subito detto, e ribadito, che è stato lui ad autorizzare la ripresa di quelle immagini "nell'esercizio della potestà del Tutore e quindi nell'esercizio di un potere privato, per i soli fini della documentazione clinica e per le sole esigenze del trattamento sanitario". Beppino Englaro, inoltre, ha escluso "qualunque diffusione al pubblico" delle foto in "qualsiasi forma e da chiunque praticata".

[Informazioni tratte da Corriere.it, Repubblica.it]

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27 febbraio 2009
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