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Berlusconi, colpevole vittima

Secondo gli inquirenti l'imprenditore Gianpaolo Tarantini avrebbe ricevuto centinaia di migliaia di euro per evitare "imbarazzi" al premier

02 settembre 2011

Ieri, la Digos della Questura di Napoli, in collaborazione con quella di Roma, ha arrestato Gianpaolo Tarantini, 36enne, e la moglie Angela Devenuto, 34enne, per estorsione ai danni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Come fa sapere la Questura di Napoli, l'arresto è stato eseguito in esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Napoli.
L'imprenditore pugliese è stato condotto in Questura a Napoli, poco dopo le 12, per essere fotosegnalato e poi condotto nel carcere napoletano di Poggioreale. L'estorsione ai danni del presidente del Consiglio sarebbe consistita in un versamento di circa 500mila euro all'imprenditore barese.
Tarantini è indagato in diversi procedimenti della magistratura di Bari: uno di questi ha portato al suo arresto e alla reclusione per due mesi per detenzione a fini di spaccio di droga per i party organizzati in Sardegna. Poi c'è l'indagine più nota, quella sul favoreggiamento della prostituzione per il giro di escort che Tarantini avrebbe inviato alle feste del presidente del Consiglio. Altri fascicoli riguardano presunti episodi di corruzione in cambio di forniture di protesi da parte delle aziende dei fratelli Tarantini, e quella che coinvolge ancora una volta l'imprenditore per le gare d'appalto truccate alla Asl di Lecce.

Non finisce invece in carcere perché irreperibile all'estero il direttore ed editore dell'Avanti Valter Lavitola, già coinvolto in diverse altre inchieste e presunto "regista" di questa estorsione.

Alla base dell'inchiesta, una quantità di intercettazioni telefoniche a carico di Lavitola, che si credeva al riparo da orecchie indiscrete grazie alla scheda telefonica panamense di cui era in possesso (telefoni "sicuri" con schede sudamericane sarebbero stati procurato da Lavitola allo stesso Berlusconi, scrive il gip). Ma si sbagliava. Nelle conversazioni intercettate i soldi erano "fotografie da stampare". Dieci "fotografie" corrispondevano a centomila euro. Cinquanta foto, cinquecentomila. E proprio questa somma - mezzo milione di euro - è il prezzo "finora accertato" della presunta estorsione ai danni del premier che sarebbe stato indotto a pagare per mettersi al riparo dai "rischi" che sarebbero potuti derivare da un possibile cambio di strategia processuale da parte di Tarantini, indagato a Bari per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di "una molteplicità di giovani donne", tra cui Patrizia D'Addario, "le cui rispettive prestazioni sessuali erano state procurate a Berlusconi".
Gli investigatori hanno registrato tutti i colloqui in arrivo o in partenza sul cellulare di Lavitola. Molti con Tarantini, molti con la moglie - detta 'Ninni' o 'Nicla', amante di Lavitola - e almeno uno con lo stesso presidente del Consiglio, che chiama il direttore dell'Avanti e si sfoga: "Tra qualche mese me ne vado... vado via da questo paese di merda di cui sono nauseato". Un colloquio, quest'ultimo, che secondo il gip Amelia Primavera conferma una "speciale vicinanza" tra i due, con Lavitola nel ruolo di "attivo e riservato 'informatore' su vicende giudiziarie che, benché riguardanti terzi, appaiono di specifico e rilevante interesse dello stesso Berlusconi". Una su tutte: quella in cui è coinvolto Tarantini. Questi, sottolineano gli inquirenti, nelle sue dichiarazioni davanti ai magistrati di Bari ha "sempre escluso ogni consapevolezza del Berlusconi in ordine alla natura mercenaria dei rapporti sessuali" con le escort che lui procurava al presidente del Consiglio e "ogni partecipazione economica del Berlusconi ai relativi costi". Ma, ipotizzano i magistrati napoletani, la sua "strategia processuale" sarebbe potuta cambiare.
E' questa la "minaccia implicita e larvata" fatta a Berlusconi, consistita in ultimo nel "prospettare" al premier "i rischi connessi al clamore mediatico della vicenda e resi più avvertiti in considerazione del previsto deposito di una serie di conversazioni intercettate in quel procedimento, dai contenuti scabrosi e quindi ritenuti gravemente pregiudizievoli per l'immagine pubblica dello stesso Berlusconi, presidente del Consiglio dei ministri".

Nell'ambito di tali indagini la Procura avrebbe raccolto "gravi e consistenti indizi - spiegano in Procura - in ordine alla ripetuta dazione, con modalità dissimulate o comunque non trasparenti e con l'intervento e la mediazione del Lavitola, da parte dell'onorevole Silvio Berlusconi e a favore dei coniugi Tarantini di somme di denaro contante e di altri benefici di carattere economico". Benefici che sarebbero consistiti tra l'altro in pagamento di spese legali, canone di locazione di una casa, impieghi ed altri incarichi di lavoro. Sarebbe emerso inoltre, secondo gli inquirenti, che Lavitola tratteneva per sé parti consistenti delle somme ricevute dal presidente del Consiglio impiegandole in diverse società a lui direttamente riferibili e concertava con Gianpaolo Tarantini le iniziative processuali più idonee per costringere l'onorevole Berlusconi a disporre il pagamento di ulteriori somme. "Tali iniziative - spiegano in Procura - in particolare dovevano essere prese da Tarantini nell'ambito dei procedimenti in cui lo stesso risulta tuttora indagato dall'autorità giudiziaria di Bari".
Le indagini sulla presunta estorsione ai danni di Silvio Berlusconi "sono tuttora in pieno svolgimento, anche con perquisizioni domiciliari", ha spiegato in una nota il procuratore aggiunto di Napoli Francesco Greco. Secondo il quale le indagini stesse sono state "fortemente compromesse dalla criminosa sottrazione di numerosi e rilevanti contenuti della richiesta cautelare ad opera di ignoti, cui ha fatto seguito nei giorni scorsi la pubblicazione degli stessi su alcuni giornali nazionali". Spiega ancora il procuratore Greco che "gli esiti delle investigazioni predette venivano poi a confluire con quelli delle parallele investigazioni condotte dalla sezione reati contro la pubblica amministrazione aventi ad oggetto lo stesso Lavitola ed altri soggetti nell'ambito del procedimento a carico di Alfonso Papa (parlamentare del Pdl arrestato il 20 luglio scorso, ndr), Luigi Bisignani ed altri".

Ieri stesso Valter Lavitola ha voluto precisare di non essere un latitante. "E' passata sui media la notizia che sono latitante. Non è vero - ha precisato in una nota - Sono all'estero per lavoro da prima che 'Panorama' consentisse di esercitare i diritti di informazione dell'indagato mediante la pubblicazione del suo scoop. Come è noto alla Procura, buona parte della mia attività lavorativa si svolge all'estero ormai da qualche anno. Attendo di definire con il mio avvocato le decisioni da prendere". "E' mia intenzione collaborare pienamente con la giustizia per chiarire la questione. Infine, ribadisco con forza che non mi è mai neppure passato per la testa di raggirare il presidente Berlusconi, né di impossessarmi di presunte somme - ha concluso Lavitola nella nota - destinate a una famiglia in difficoltà".

"Vado via da questo paese di merda" - "Io, sono assolutamente tranquillo... A me possono dire che scopo, è l'unica cosa che possono dire di me... è chiaro? Quindi io... mi mettono le spie dove vogliono... Mi controllano le telefonate... Non me ne fotte niente... Io... Tra qualche mese me ne vado per i cazzi miei... Da un'altra parte e quindi vado via da questo paese di merda, di cui sono nauseato... Punto e basta". Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si sfoga al telefono con Valter Lavitola. La telefonata tra Berlusconi e Lavitola è stata intercettata dai pm della Procura di Napoli il 13 luglio scorso. Lavitola si trova in Argentina mentre discorre al telefono con Berlusconi. A pagina 11 dell'ordinanza di custodia cautelare è riportato che "nel corso del colloquio intercorso tra Lavitola e Berlusconi è proprio quest'ultimo che contatta Lavitola sull'utenza panamense, facendosi introdurre nella conversazione da tale Alfredo".
Il gip Primavera ha sottolineato che: "la rilevanza della conversazione in esame discende dal fatto che la stessa attesta non solo quella speciale vicinanza in cui si discorreva ma anche la natura dei rapporti intrattenuti tra Berlusconi e Lavitola, rilevandosi quest'ultimo impegnato sostanzialmente quale attivo e riservato informatore su vicende giudiziarie che, benché riguardanti terzi, appaiono di specifico e rilevante interesse dello stesso Berlusconi".
Nel corso della conversazione telefonica tra il presidente del Consiglio e Lavitola "al di là del merito delle considerazioni che provengono da Lavitola - ha spiegato Primavera - è soprattutto di procedimenti giudiziari che egli discorre riferendosi in particolare a quello condotto qui a Napoli sulla cosiddetta P4 nonché ad altri potenziali procedimenti riguardanti fatti accaduti a Bari e di cui Lavitola sembra avere notizie".

In riferimento alla telefonata con Lavitola intercettata, e in particolare alla frase con cui ha definito l'Italia 'paese di merda', Berlusconi in serata ha detto: "Sono qui e rimango qui per cambiare questo paese che ho definito in un certo modo". "Ho visto delle intercettazioni... E sono qui proprio perché l'Italia non sia quel che è adesso", ha sottolineato Berlusconi da Parigi, spiegando di avere "dato una definizione di quelle che si danno a notte inoltrata". L'Italia è un Paese in cui anche "delle cose dette magari in un momento di rilassatezza o con il sorriso o per paradosso" vengono pubblicate sui giornali. "Questa è una cosa che veramente non esiste", ha concluso Berlusconi.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Repubblica.it, Corriere.it]

 

 

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02 settembre 2011
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