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Berlusconi e l'Aula vuota

E' il giorno del discorso del premier alla Camera. Le opposizioni, tranne i radicali, resteranno fuori per protesta

13 ottobre 2011

AGGIORNAMENTO
"Quando il governo perde la fiducia della sua maggioranza, la parola deve tornare agli elettori". Così il premier Silvio Berlusconi nel suo intervento di 20 minuti alla Camera.
"Parlare di sfiducia è del tutto improprio" dopo il no al Rendiconto, il quale non è che "un atto di riscontro contabile", ci tiene a sottolineare. "Non vi nascondo - aggiunge - la gravità dell'incidente, ma ciò non può avere conseguenze sul piano istituzionale".
"La vigilanza istituzionale del capo dello Stato è impeccabile". Berlusconi elogia dunque Napolitano durante il suo intervento alla Camera: non ha dubbi, il Colle "sorveglia sul regolare svolgimento delle istituzioni e stimola i soggetti della politica senza fare politica". E prosegue sottolineando che "io sono qui, con la mia maggioranza coesa, a testimoniare che l'Italia ce la può fare e ce la farà battendo la strategia del pessimismo e degli sfascisti". "Il nostro governo comunque andrà avanti senza farsi condizionare da nulla se non dal rispetto della Costituzione e degli impegni europei", afferma subito dopo il premier che non farà nessun passo indietro perché "questo governo non avrebbe alternative credibili e le elezioni anticipate non sarebbero una soluzione ai problemi che abbiamo". "Noi - prosegue - vogliamo sconfiggere la strategia della paralisi e del pessimismo".
"Le istituzioni si difendono con serietà e responsabilità e non facendo perdere tempo al Paese", ha continuato il premier il quale afferma che non possono esserci ''persone di buon senso" che pensano che un governo tecnico possa "prendere decisioni difficili e impopolari". Mentre è invece il governo in carica a dover "mettere al riparo dalla crisi economica" il Paese, "tutelando i risparmi delle famiglie e delle imprese" e assumendosi la "responsabilità delle decisioni alla quale invece un governo tecnico mai si sottoporrebbe". "Il governo - ha spiegato - chiede di avere confermata la fiducia, perché profondamente consapevole dei rischi che corre il Paese e perché i tempi imposti dai mercati non sono compatibili con quelli di certe liturgie della politica".

"Chi nell'opposizione vuole continuare a erigere patiboli di carta, chi ama sfregiare il proprio Paese, chi vuole gridare più forte e lapidare ogni giorno un nuovo capro espiatorio sappia che ci troverà come ostacoli insormontabile sulla sua strada, sempre e in qualsiasi circostanza", afferma ancora. "Continueremo a lavorare nell'interesse delle famiglie e delle imprese per il bene dell'Italia anche se contro di noi è stata montata una campagna di inusitata violenza da una opposizione unita solo dall'antiberlusconismo". "A cominciare - ha avvertito - dall'economia. Basti pensare che il loro primo atto di governo sarebbe quello di respingere al mittente la lettera della Bce".
La riforma del sistema giudiziario va fatta, è tornato a ribadire, "per realizzare una giustizia giusta al servizio del cittadino e porre fine a un uso politicizzato che da troppo tempo ne viene fatto". "Dobbiamo utilizzare al meglio la parte restante della legislatura per completare il risanamento del paese, per avviare una fase di crescita, per completare il nostro programma di riforme necessarie e indispensabili per la modernizzazione del Paese", ha sottolineato allora. E ha aggiunto: "E quali sono queste riforme? Le conoscete, sono già approvate dal governo e sono già alla vostra attenzione. La riforma dell'architettura istituzionale dello Stato, indispensabile per consentire a chi governa di agire con la rapidità e l'efficienza imposta dai tempi e per dare voce ai territori attraverso un'adeguata rappresentanza nel Senato federale". Seconda riforma, ha spiegato Berlusconi, è quella del fisco "per ridurre carico il tributario sui soliti noti e portare gli evasori nell'area dei comportamenti virtuosi". Infine c'è la riforma della giustizia.

Terminato l'intervento del Cavaliere si è svolto un dibattito (al quale hanno preso parte solo gli esponenti della maggioranza), che è durato circa un'ora. Poi la replica lampo del premier che ha parlato per appena due minuti in un'Aula della Camera che vedeva la parte sinistra dell'emiciclo completamente deserta, ad eccezione dei deputati Radicali, e quella destra, della maggioranza, con molte assenze, ponendo la fiducia sulla risoluzione della maggioranza.
La Camera verrà riconvocata venerdì e l'eventuale voto di fiducia, come ha puntualizzato il capogruppo della Lega Nord Marco Reguzzoni, ci sarà alle 12.30-13.
Le opposizioni, tranne i Radicali, non erano dunque presenti in Aula. E' stato Dario Franceschini a confermare l'assenza: "Non parteciperemo alla discussione generale - ha sottolineato il presidente dei deputati Pd a nome anche degli altri gruppi di minoranza - non faremo dichiarazioni di voto. Non saremo mai in aula e entreremo doverosamente solo per l'appello nominale".
I parlamentari della delegazione radicale, invece, si leggeva in un comunicato, "hanno da parte loro deciso di essere presenti per rispetto del ruolo istituzionale del presidente del Consiglio ritenendo che chi si candida a governare dovrebbe fare altrettanto soprattutto in un Paese dove da sessant'anni - e oggi ancor di più - si violano costantemente i principi fondamentali dello stato di diritto".
Intanto domani si dovrebbe tenere un nuovo Consiglio dei ministri, probabilmente dopo il voto di fiducia alla Camera. E' quanto emerso dal Cdm di questa mattina. All'ordine del giorno della seduta di domani potrebbe esserci il rendiconto generale dello Stato. Rinviata a domani nel frattempo l'approvazione del ddl stabilità.

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Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha ricevuto ieri al Quirinale il presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, che ha "ringraziato per averlo messo al corrente delle ragioni che ad avviso dei presidenti dei gruppi parlamentari di opposizione rendono politicamente complesso il superamento della situazione determinatasi a seguito del voto contrario all'art. 1 del rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato".
Il capo dello Stato, si legge in una nota, "ha espresso la convinzione che tocchi al Presidente del Consiglio indicare alla Camera nell'annunciato intervento di domani (oggi per chi legge, ndr) la soluzione che possa correttamente condurre alla dovuta approvazione da parte del Parlamento del rendiconto e dell'assestamento. Sulla sostenibilità di tale soluzione sono competenti a pronunciarsi le Camere e i loro presidenti".
Sempre in una nota, all'indomani della sconfitta del governo sul rendiconto, Napolitano ha spiegato di aver "finora sempre preso imparzialmente atto della convinzione espressa dal governo e dai rappresentanti dei gruppi parlamentari che lo sostengono circa la solidità della maggioranza che attraverso reiterati voti di fiducia ha confermato il suo appoggio all'attuale esecutivo". "Ma la mancata approvazione, da parte della Camera, dell'articolo 1 del Rendiconto Generale dell'Amministrazione dello Stato, - ha ammonito il capo dello Stato - e, negli ultimi tempi, l'innegabile manifestarsi di acute tensioni in seno al governo e alla coalizione, con le conseguenti incertezze nell'adozione di decisioni dovute o annunciate, suscitano interrogativi e preoccupazioni i cui riflessi istituzionali non possono sfuggire". "La questione che si pone - ha sottolineato infine Napolitano - è se la maggioranza di governo ricompostasi nel giugno scorso con l'apporto di un nuovo gruppo sia in grado di operare con la costante coesione necessaria per garantire adempimenti imprescindibili come l'insieme delle decisioni di bilancio e soluzioni adeguate per i problemi più urgenti del paese, anche in rapporto agli impegni e obblighi europei. E' ai soggetti che ne sono costituzionalmente responsabili, presidente del Consiglio e Parlamento, che spetta una risposta credibile".

La visita di Fini al Quirinale non è stata gradita dalla maggioranza che ha criticato fortemente il presidente della Camera con la Lega che ha parlato di "un vero e proprio schiaffo alla democrazia". "Se il presidente Gianfranco Fini, tra l'altro non invitato, intende davvero salire al Quirinale - avevano detto ieri dal Carroccio - allora lo dovrà fare soltanto per rassegnare le sue dimissioni da presidente della Camera dei deputati, visto il suo ruolo manifestamente politico e ormai da tempo non più super partes".

Intanto, mentre in mattinata è atteso il discorso del premier, la giunta per il regolamento della Camera ha deciso che il provvedimento sul rendiconto finanziario "non può andare avanti" perché la bocciatura dell'art.1 "preclude l'esame dei restanti articoli. Quindi l'iter parlamentare è da considerarsi concluso".
Dopo la decisione della Giunta, la battaglia si è spostata alla riunione dei capigruppo della Camera chiamata a dirimere il nodo legato alla bocciatura del rendiconto finanziario. Da una parte la maggioranza e il governo che chiedevano, per oggi in Aula, il voto di fiducia sull'esecutivo e sul premier; dall'altra l'opposizione che insisteva sulla richiesta di dimissioni del presidente del Consiglio e nella denuncia che, di fatto, dopo la decisione della giunta per il regolamento, il Parlamento è paralizzato. La 'contesa' si è conclusa, dopo una riunione con il presidente della Camera Fini, con l'appuntamento per oggi a Montecitorio quando Silvio Berlusconi riferirà sulla questione. Il premier, afferma il capogruppo Pdl Fabrizio Cicchitto, "con ogni probabilità chiederà il voto di fiducia".

Non saranno presenti in Aula Pd, Idv e Terzo Polo, insieme agli altri rappresentanti delle opposizioni. Secondo decisione comune usciranno dall'aula quando il presidente del Consiglio comincerà a parlare e diserteranno il dibattito successivo alle comunicazioni del premier. "I gruppi parlamentari di opposizione - si legge nel comunicato delle opposizioni - ritengono che questa situazione non sia più né decorosa, né tollerabile per l'Italia: il governo è incapace di dare risposte alle questioni economiche e istituzionali che sono aperte: dalla presentazione di provvedimenti urgenti per l'economia alla nomina del governatore della Banca d'Italia".
"La bocciatura del rendiconto dello Stato configura inoltre un'inedita situazione che nella storia della Repubblica si era risolta solo con le dimissioni dei presidenti del Consiglio. Di conseguenza, il voto di fiducia chiesto dal governo, non risolve i problemi costituzionali aperti ed è soltanto un inutile tentativo di prorogare uno stato imbarazzante di incertezza e paralisi". Comunque, "il rispetto per le istituzioni repubblicane e il Parlamento ci impone di votare la sfiducia al governo, rispondendo alla chiama di venerdì mattina".
I radicali, unici tra le opposizioni, ascolteranno in aula le dichiarazioni di Silvio Berlusconi. Lo annunciano in una nota i parlamentari radicali Emma Bonino, Marco Beltrandi, Rita Bernardini, Maria Antonietta FarinaCoscioni, Matteo Mecacci, Marco Perduca, Donatella Poretti, Maurizio Turco, Elisabetta Zamparutti.

Ieri in serata Umberto Bossi ha incontrato Berlusconi a palazzo Grazioli. Sulla decisione dell'opposizione, il Senatùr usa l'ironia di fronte ai giornalisti: "L'importante è che non vengano neppure a votare, così è risolto il problema''.
Il Pdl dal canto suo contesta radicalmente il parere della Giunta che ha bloccato l'esame del Rendiconto generale dello Stato per la bocciatura dell'articolo 1. "Sono in corso una serie di contatti anche tra governo e Quirinale - spiega Cicchitto - per studiare un percorso tecnico" per dirimere il nodo. "Noi - ha aggiunto - contestiamo alla radice quanto sostenuto dalle opposizioni che vogliono cancellare il voto di fiducia, unico strumento per valutare il rapporto positivo tra governo e Parlamento, così si mettono in discussione i fondamenti istituzionali".
Oggi, insieme al ddl stabilità, approderà in Cdm anche un nuovo ddl sul rendiconto generale dello Stato 2010. A quanto si apprende, è la strada scelta dopo la decisione della giunta per il regolamento della Camera di oggi. [Adnkronos/Ign]

 

 

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13 ottobre 2011
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