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Berlusconi e le stragi del '93

Dalle dichiarazioni del pentito Giuseppe Monticciolo: "Gli attentati vennero chiesti a Bagarella dal Cavaliere e da Dell'Utri attraverso Mangano"

28 febbraio 2012

Nel 2000 il pentito Giuseppe Monticciolo raccontò al pm di Firenze, Gabriele Chelazzi, e ai pm della Dda di Palermo Pietro Grasso e Vittorio Teresi, che le stragi di mafia del 1993 vennero chieste a Leoluca Bagarella da Silvio Berlusconi e da Marcello dell'Utri tramite Vittorio Mangano. Informazioni che Monticciolo ebbe da Bagarella.
Il documento con le rivelazioni è ora a disposizione delle parti di alcuni procedimenti di mafia. Mangano avrebbe indicato a Bagarella "gli attentati che volevano Silvio Berlusconi e Marcello dell'Utri" e gli obiettivi: "Non sapevo nemmeno che fossero gli Uffizi, si figuri Bagarella".
Il cognato di Totò Riina avrebbe detto a Monticciolo: "Berlusconi prima vuole fatte le cose, però lui non viene mai agli impegni che prende". Il pentito spiegò anche che Bagarella "parlava degli impegni che le stragi venivano fatte e poi lui non si impegnava, nel '93".
Il pentito disse che fino a quel momento non aveva parlato di politica con i magistrati per "paura": "I politici, manovrati sempre dalla mafia, vogliono che io non parli sulle questioni politiche".

"A Bagarella - raccontò ancora Monticciolo 12 anni fa - premeva che dovevano togliere cioè, le promesse che facevano loro erano quelle di togliere il 41 bis e di non esserci più restrizioni nei carceri. Loro, come politici, dicevano che salendo loro al potere levavano il 41 bis e levavano i restringimenti nelle carceri". E ha ricordato che nel 1994 Bagarella disse "di cercare i voti per Forza Italia pure a 'panza in terra'" e che Brusca lo incaricò di "riferirlo agli altri capi mandamento".
Nonostante le 'inadempienze' di Berlusconi, Bagarella non avrebbe reagito "perché Vittorio Mangano - scrivono i pm riassumendo l'interrogatorio di Monticciolo - in qualche modo lo tranquillizzò facendogli osservare che bisognava aver pazienza e che i risultati sarebbero comunque arrivati".

Dopo l'attentato a Maurizio Costanzo, "Marcello Dell'Utri - ha raccontato ancora Monticciolo -, dice che ha mandato a dire (sempre detto, va bene, da Bagarella) che si dovevano fare... Dice: 'Allora, visto che sapete fare... visto che sapete arrivare a Costanzo', perché Costanzo non ce lo ha indicato nessuno per fargli l'attentato, dice 'allora sapete arrivare anche a fare qualcos'altro, per esempio la strage degli Uffizi e via dicendo'. E da lì Bagarella ordinò. Perché poi ne parlò direttamente davanti a me con Giovanni Brusca".
Ascoltato in aula a Firenze nel maggio 2011, ricostruendo la stagione stragista, Giovanni Brusca ha invece detto che a Berlusconi venne fatto una sorta di ultimatum: o scendi a patti o le bombe continuano.
Interrogando Monticciolo, nel 2000 il pm Chelazzi domandò se vennero richiesti "un numero definito di attentati" ricordando quelli avvenuti agli Uffizi, Roma e Milano. "Sono stati richiesti - rispose Monticciolo - di volta in volta. Poi la discussione come andavano e come non andavano lo sapevano solo Brusca e Bagarella".
A Chelazzi che volle sapere perché il 'referente esterno' avrebbe chiesto gli attentati, Monticciolo rispose che si sarebbe pensato che dietro c'erano "cose manipolate dello Stato". "E questo in che modo poteva poi favorire questo risultato finale?", fu la domanda. "Eh", replicò Monticciolo, "questo non lo so".

Mannino si è avvalso della facoltà di non rispondere - Ieri l'ex ministro della Dc Calogero Mannino, convocato in Procura dai pm che indagano sulla trattativa tra mafia e Stato, si è avvalso della facoltà di non rispondere, possibilità concessagli in quanto indagato. "Mi aspettavo - ha detto all'uscita dal palazzo ai giornalisti - di essere sentito come persona offesa o al massimo come persona informata sui fatti, invece mi ritrovo indagato e scelgo dunque di avvalermi della facoltà di non rispondere". "Dovendo respingere ogni congettura accusatoria - ha aggiunto - non ho potuto che tacere; mentre se fossi stato sentito in altra veste, avrei, come sarebbe stato mio dovere, contribuito a fornire delucidazioni e opinioni su quella tragica stagione del '92 la cui ricostruzione storica è sempre più necessaria, e invece devo sopportare ancora una volta il gioco di pretese accusatorie assolutamente prive di fondamento". Secondo Mannino "i pm perdono ancora una volta l'occasione di ricostruire, almeno sul piano storico un contesto: l'offensiva terroristica di cosa nostra, nell'anno delle stragi, aveva l'obiettivo di travolgere la Democrazia cristiana e colpire uomini come me per quel che ho fatto per la lotta alla mafia".
Mannino è accusato di essere uno dei protagonisti della trattativa tra mafia e Stato e di avere, in questo ambito, fatto pressioni per ottenere le revoche, nel '93, di centinaia di 41 bis per i mafiosi. "Sono ancora una volta una vittima", ha aggiunto, smentendo di avere contattato l'ex numero due del Dap Francesco Di Maggio sulla questione del carcere duro. "Nel luglio del '93 - ha spiegato - ero già indagato per la tangentopoli siciliana ed ero fuori dalla possibilità di svolgere qualunque azione politica perchè volevo evitare ogni manifestazione di pensiero ed ogni attività politica".

Le microspie alla Mobile di Palermo - "Noi stavamo indagando sul coinvolgimento di uomini delle istituzioni nelle stragi, intercettando persone della porta accanto. Avevamo alla squadra mobile di Palermo delle microspie installate nella stanza delle persone che si trovavano accanto a quella dove lavoravamo e che avevano rapporti con soggetti e uomini che poi sono stati arrestati e condannati in via definitiva per concorso in associazione mafiosa". Lo ha detto l'ex poliziotto Gioacchino Genchi, che era investigatore del gruppo "Falcone-Borsellino" creato dopo le stragi del '92 per risalire ad esecutori e mandanti degli eccidi di Capaci e via D’Amelio, in un'intervista a Rino Cascio del Tgr Rai.
"La strage (di via D’Amelio ndr) - ha aggiunto - è stata voluta, organizzata ed eseguita assai probabilmente da soggetti che perseguivano obiettivi molto diversi da quelli di Cosa Nostra, che probabilmente non aveva alcun interesse ad uccidere in quel momento il giudice Paolo Borsellino. Dopo l’insediamento di Mancino al Viminale e le dimissioni di Scotti dagli Esteri, inizia quel pressing nei confronti delle istituzioni con dei segnali dimostrativi che sono evidenti e che vanno dall’omicidio di Ignazio Salvo agli ulteriori attentati a Firenze, Milano, ma soprattutto a Roma".

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, Lettera43.it, Adnkronos/Ign, LiveSicilia.it]

- Si scopra la verità!
(Guidasicilia.it, 25/02/12)

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28 febbraio 2012
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