Bernardo Provenzano resta al 41 bis
Rifiutato dal ministro Severino la revoca del carcere duro richiesta dai legali del boss
Il ministro della Giustizia, Paola Severino, "valutati gli atti in possesso e la documentazione sanitaria, non ha ritenuto opportuno procedere alla revoca del regime carcerario del 41 bis per Bernardo Provenzano". La decisione è stata notificata ai legali del boss, gli avvocati Franco Marasà e Rosalba Di Gregorio, che avevano chiesto la revoca del carcere duro essendo venuta meno la pericolosità sociale del capomafia attualmente detenuto a Parma.
I legali avevano inoltre chiesto il ricovero del loro assistito in una struttura sanitaria in cui gli "siano prestate le cure e l'assistenza che la sua condizione richiede". "La collocazione in una cella - scrivevano gli avvocati nell'istanza - (sia pure tardivamente dotata di letto con sponda e telecamera) non può essere ritenuta consona alle condizioni del detenuto, riportato nell'istituto di pena, dopo il ricovero, le settimane scorse".
Le condizioni del boss, recluso nel carcere di Parma, sono "stazionarie" ed è "difficile, se non impossibile, prevedere un miglioramento delle compromesse performance cognitive". Questo il responso della nuova perizia sullo stato di salute del capomafia depositata al gup di Palermo Piergiorgio Morosini, che il 5 marzo scorso aveva sospeso il procedimento a carico di Provenzano durante l'udienza preliminare del processo sulla trattativa Stato-mafia per "momentanea incapacità" dell'imputato. Il gup ha aggiornato l'udienza al 10 luglio per valutare nuovamente le condizioni del boss.
"Non si capisce sulla base di quale documentazione sanitaria il Ministro Severino abbia ritenuto di non revocare il 41-bis a Provenzano". Lo afferma Alessandro Gerardi, componente del Comitato Nazionale dei Radicali che chiede "di sapere se e come il detenuto viene curato in carcere e, soprattutto, se le cure siano sempre state tempestive e adeguate".
"In alcune interrogazioni parlamentari depositate nella scorsa legislatura dalle deputate radicali Rita Bernardini ed Elisabetta Zamparutti - riporta una nota - si legge che già da molti anni una perizia aveva certificato l'avvenuta ricomparsa nel detenuto di un carcinoma prostatico non preso in considerazione; oppure che, sempre per gli stessi motivi, già nel 2009, con ordinanza emessa dai magistrati sulla base di una relazione del medico del carcere di Novara, veniva richiesto il ricovero di Provenzano in un centro clinico senza che ciò sia mai avvenuto. Inoltre, sempre dalle interrogazioni depositate (alle quali non è stata data risposta), emerge che Provenzano nel corso dei primi 3 anni successivi al suo arresto ha vissuto in completo isolamento, senza incontrare nessuno, prima nel carcere di Terni e poi in quello di Novara, sottoposto, oltre che al 41-bis (carcere duro), anche al regime della sorveglianza ex articolo 14-bis dell'ordinamento penitenziario, il che ne ha profondamente compromesso la salute psichica, al punto che recentemente è stato anche dichiarato incapace di partecipare coscientemente al processo sulla presunta trattativa Stato-mafia. Negli scorsi mesi Provenzano è stato operato al cervello ed è entrato in coma per un lungo periodo, il che ci porta a dire che l'unico avvenimento capace di rendere non più procastinabile il 41-bis sia soltanto la morte (oltre al pentimento)".
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Lasiciliaweb.it]