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Bisogna catturare Messina Denaro

Dopo l'arresto del capo dei Casalesi, Michele Zagaria, Matteo Messina Denaro rimane il latitante più importante da catturare

09 dicembre 2011

La cattura di Michele Zagaria, capo dei Casalesi (LEGGI), clan da sempre vicino alla mafia siciliana, è un risultato "importante", come fu quella di Provenzano, ma ora il territorio "ha bisogno di sviluppo", per sradicare definitivamente l'illegalità. A dirlo è il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso.
"Quello dei Casalesi - ha spiegato Grasso - è un clan che ha sposato i modi di operare della mafia siciliana, con cui da sempre ha avuto dei rapporti. Non dimentichiamo che una delle famiglie che faceva parte di Cosa nostra siciliana era proprio quella dei Casalesi. Questo dà l'esatta misura di come il risultato sia importante. Possiamo paragonare a una cattura non dico eguale, ma nell'ambito della camorra molto simile a quella di Provenzano e quindi una cattura epocale sotto questo profilo. Abbiamo tagliato la testa dell'organizzazione però bisogna stare attenti e bisogna continuare, soprattutto a cercare le miriadi di affari, di imprese che avevano messo insieme non sono nel territorio della Campania ma in tutta quanta l'Italia. Sappiamo che ci sono ramificazioni e presenze in gran parte d'Italia e in moltissime regioni del centro e del nord".
Riferendosi poi a quanti a Casapesenna, paese del boss, hanno parlato ieri di un "giorno di lutto" , Grasso ha osservato che "effettivamente bisogna capire anche questo: che spesso la camorra come la mafia, dà da vivere a tante persone, sia sotto il profilo dei lavori legali sia di quelli illegali. Quindi è chiaro che per qualcuno è venuto meno un modo per sopravvivere in territori dove ancora abbiamo bisogno di sviluppo per dare lavoro, soprattutto ai giovani".

Se Grasso esulta, e giustamente non soltanto lui, la presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage dei Georgofili, Giovanna Maggiani Chelli, si chiede, "pur essendo riconoscente alle forze dell'ordine e ai magistrati quando vengono arrestati latitanti pericolosi, come sia possibile che il latitante per eccellenza, Matteo Messina Denaro, possa godere di assoluta libertà".
"Il 6 maggio del 2002 - ha spiegato la signora Maggiani Chelli - la Suprema Corte di Cassazione ha condannato all'ergastolo con sentenza definitiva il super latitate Matteo Messina Denaro, perché aveva partecipato attivamente alla strage di via dei Georgofili del 27 maggio 1993. Oggi, a 18 anni di distanza, può dettare ordini dal luogo che lo ospita latitante. Uomini politici di entrambi gli schieramenti sono stati e sono ancora l'ampia coperta di Matteo Messina Denaro".

E infatti, ora ne resta solo uno: Matteo Messina Denaro. Con l'arresto di Zagaria, che segue di appena un mese quello del capo della cosca di San Luca Sebastiano Pelle, l'uomo riconosciuto come il capo di Cosa Nostra è l'ultimo grande boss ancora libero.
Nell'elenco dei 'latitanti di massima pericolosità' del Viminale, tolto Zagaria, restano dieci nomi: ma è indubbio che il personaggio più importante sia Messina Denaro, che il prossimo 26 aprile compirà 50 anni, nato a Castelvetrano in provincia di Trapani, sposato e amante della bella vita.
Attorno a lui, ormai da tempo, gli investigatori hanno fatto terra bruciata ma, nonostante ciò, non sono ancora riusciti a stanarlo; convinti che, come tutti i grandi boss, si nasconda nel suo territorio, protetto da quell'omertà che gli ha consentito una latitanza che dura ormai da 18 anni. Proprietario di un impero di milioni accumulati con droga, estorsioni e controllo degli appalti, Matteo Messina Denaro è soprannominato Diabolik, dalla passione per il personaggio del celebre fumetto di cui, si dice, volesse copiare le mitragliatrici sul cofano dell'auto.
Il boss deve scontare l'ergastolo per le stragi di Roma, Milano e Firenze: avrebbe custodito in una cava del trapanese parte dell'esplosivo usato per le bombe agli Uffizi a Firenze e alla chiesa di San Giorgio al Velabro a Roma. Messina Matteo è considerato un'esponente dell'ala militarista di Cosa Nostra per i suoi legami con Giovanni Brusca e Leoluca Bagarella, ma quando hanno arrestato Bernardo Provenzano, fautore di una linea più morbida, ha preso il comando della mafia. E proprio con 'zio Binnu' teneva una fitta corrispondenza attraverso i pizzini. "Io non andrò mai via di mia volontà - scrisse in uno di questi - ho un codice d'onore da rispettare". I pentiti lo descrivono come un assassino spietato, capace di strangolare con le sue mani la donna, incinta, del boss rivale, dopo averlo ucciso.

Accanto al numero uno di Cosa Nostra, tra i superlatitanti ci sono altre figure di spicco della criminalità organizzata, anche se l'elenco si assottiglia sempre più. Uno dei boss più ricercati (dal 1993) è Domenico Condello, dell'omonima cosca di Reggio Calabria: dopo l'arresto di Sebastiano Pelle, stanato dai carabinieri un mese fa a Reggio Calabria, è di fatto l'ultimo grande latitante della 'Ndrangheta ancora in circolazione. Nell'elenco c'è anche Attilio Cubeddu, il bandito sardo coinvolto nel sequestro Soffiantini e fuggito nel 1997 dal carcere di Badu e Carros dove era detenuto e c'è Pasquale Scotti, il più vecchio tra i ricercati in circolazione, nell'elenco dal 1985: era l'uomo di fiducia di Raffaele Cutolo. Gli altri sono Vito Badalamenti (ricercato dal 1995 per associazione mafiosa); Michele Antonio Varano (dal 1993 per associazione mafiosa); Francesco Matrone (dal 2007 per omicidio); Giuseppe Giorgi (dal 1995 per associazione mafiosa); Marco Di Lauro (dal 2005 per associazione mafiosa) e Giovanni Motisi (ricercato dal 1998 per associazione mafiosa).

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, GdS.it]

 

 

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09 dicembre 2011
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