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Bittersweet life

Sicuramente non originale né innovativo, ma il cinema coreano non cessa di stupire...

23 maggio 2006


 





Noi vi segnaliamo...
BITTERSWEET LIFE
di Kim Jee-woon

Sunwoo, manager di un albergo, è molto preparato ed efficiente, ma nasconde un segreto. Il suo lavoro nell'hotel è solo una copertura e lui in realtà è il braccio destro di Kang, uno dei più potenti boss mafiosi del luogo. L'unico punto debole di Kang è Heesoo, la sua compagna di cui è perdutamente innamorato e anche molto geloso. Poiché sospetta della sua infedeltà, Kang ordina a Sunwoo di pedinarla e di scoprire la verità. Quando Sunwoo trova effettivamente la donna tra le braccia di un altro, dovrebbe agire, ma invece rimane come pietrificato e dopo avere esitato, la lascia fuggire senza neanche capire il perché. Kang, furioso, scatena la sua banda sulle tracce di Sunwoo, la cui vita in un attimo viene ribaltata. Comincia l'inferno e un'infinita battaglia contro quella che lui considerava la sua "famiglia"...


Distribuzione Lucky Red
Durata 120'
Regia e sceneggiatura Kim Jee-woon
Con Lee Byeong-Heon, Sin Min-ah
Genere thriller


La critica
''Forse i cineasti, in Oriente come in Occidente, sentono che il mondo sta tornando tribale. Forse, dopo il fallimento dell'utopia diplomatica del dopoguerra (leggi: Onu), si ha la sensazione che finiremo allegramente per scannarci l'un l'altro. Occhio per occhio, dente per dente, un israeliano per un palestinese. La tendenza, comunque, c'è tutta. Ad ingrossare le fila dei film vendetta ecco arrivare il sudcoreano 'A Bittersweet Life' di Kim Jee-woon ('Two Sisters') che non aggiunge a al tema. Un gangster con carattere tra il laconico e il catatonico si innamora della pupa del capo. Saranno dolori. In questi film i protagonisti vengono picchiati a sangue, sopravvivono, si arrabbiano e si vendicano massacrando interi eserciti. Dialoghi? Zero. Psicologia? Da mercatino. Violenza? Calligrafica. Quando l'Oriente è più superficiale di Hollywood. I francesi hanno adorato 'Bittersweet Life'. Aveva ragione Mario Bava. Forse non sono più furbi di noi.''
Francesco Alò, 'Il Messaggero'

''Il cinema coreano non cessa di stupire. Non che 'A Bittersweet life' sia un'opera innovativa, il genere di film che inaugura un'epoca; però è una fantastica alchimia di noir e mélo fiammeggiante, il cui regista dimostra di aver benissimo assimilato e fatto sua la lezione di maestri del genere occidentali come Jean-Pierre Melville ('Frank Costello faccia d'angelo') o Brian De Palma ('Scarface'). (...) In 'A Bittersweet life' l'universo plumbeo del classico noir sposa il virtuosismo del film d'azione asiatico, che coreografa le sequenze come 'numeri' di danza. Già arrivato sui nostri schermi con l'oppressivo (e discutibile) 'Two Sisters', Kim Jee-woon colpisce forte e duro, sparando sequenze che mirano ai sensi dello spettatore come un'arma di precisione.''
Roberto Nepoti, 'la Repubblica'

''Striato rosso sangue un film violentissimo di Kim Jee-woon (Two sister), noir impastato di melò dove il manager di un hotel di lusso (un Delon orientale) è incaricato dal boss mafioso amico di controllare la sua amichetta. Da qui la love tragedia e ancora il senso della vendetta, come nel miglior cinema coreano: il poveretto diventa vittima designata di una furibonda lotta, alternando interni vip, consigli di amministrazione da Scarface e carneficine al ralenti. Maestro di fotografia, Kim Ji-yong inquadra ogni particolare e lo frulla nella psicologia contorta della storia che gronda ferocia, ma non esprime solitudine e si compiace del furioso manierismo elisabettiano fino allo sparo finale al cuore, quasi infinito. Per darsi un tono, prologo ed epilogo offrono confetti di filosofia zen, come disse ilmaestro: il corpo è a pezzi, ma l'anima esiste e resiste.''
Maurizio Porro, 'Corriere della Sera'

''È un film di genere, un noir basato sul tema sempreverde della vendetta, con un campionario insieme ironico e compiaciuto di scene di violenza e proterva crudeltà. E tuttavia la suggestiva ambientazione fra interni di lusso e capannoni abbandonati, i chiaroscuri e le lucide tonalità nero seppiate e rosso mattone della fotografia, conferiscono alla pellicola una raffinatezza visiva che riscatta la brutalità della materia, conferendogli una qualità quasi astratta. (...) Peccato che la componente fumettistico-coreografica prenda il sopravvento sull'intrigante spunto narrativo (...)''
Alessandra Levantesi, 'La Stampa'

''Bitter Sweet Life non è più originale di altre esperienze di genere, ma si difende con orgoglio mostrando a tratti doti non comuni di messa in scena.''
Dario Zonta, 'l'Unità'

Presentato fuori concorso al 58mo Festival di Cannes (2005)

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23 maggio 2006
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