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Blitz antiracket della Dia di Palermo

Arrestati 6 affiliati alle famiglie mafiose di Partinico e Carini nel Palermitano

17 gennaio 2011

Un’operazione antimafia della Dia è stata effettuata in provincia di Palermo. Gli investigatori hanno eseguito sei ordini di custodia cautelare nei confronti di presunti appartenenti alle famiglie mafiose di Partinico e Carini ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, tentata estorsione ed estorsione aggravata ai danni di alcuni imprenditori edili. Nella rete sono caduti alcuni boss e fiancheggiatori delle cosche.
Nel corso delle indagini sono state registrate alcune riunioni durante le quali i taglieggiatori imponevano alle vittime le modalità e i tempi per la consegna delle somme di denaro richieste. Diverse perquisizioni sono state eseguite nella zona dove, nelle settimane scorse, sono stati registrati numerosi atti intimidatori.
Le indagini sono state coordinate dal procuratore aggiunto presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo Antonio Ingroia e dai sostituti procuratori Gaetano Paci e Francesco del Bene.

Questi gli arrestati nell'operazione antimafia della Dia di stamattina fra Carini e Partinico: Calogero Giovan Battista Passalacqua, alias 'Battistuni', 70 anni, posto ai domiciliari; Vito Failla, 45; Giacomo Lo Duca, alias 'furchetta', 58; Andrea Lo Duca, 30. Un ordine di custodia cautelare in carcere è stata notificata a Leonardo Vitale, 25, e ad Alessandro Arcabascio, 38.

Le indagini scattate nel gennaio del 2009, in un primo momento sono state indirizzate nei confronti di un imprenditore locale, Andrea Salvatore Impastato, vecchia conoscenza delle forze dell'ordine per essere un prestanome di Bernardo Provenzano, sospettato del tentativo di infiltrazione nell'organizzazione mafiosa attraverso le imprese a lui riconducibili. Attraverso le intercettazioni telefoniche e ambientali, invece, gli investigatori hanno accertato che in realtà l'imprenditore era sottoposto a tentativi di estorsione. Impastato, titolare delle aziende di Calcestruzzi Meditur e Prime Iniziative a Carini, dopo aver scontato la condanna a quattro anni di reclusione per mafia, è uscito dal carcere a dicembre 2008. Fin da gennaio 2009, pensando che potesse rientrare nel giro mafioso, gli inquirenti lo hanno messo sotto controllo. Grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali, hanno scoperto che Impastato riceveva intimidazioni nonostante la sua azienda fosse sottoposta a misure di prevenzione che gliene impedivano la gestione. Non potendo assolvere alle richieste, Impastato ha ricevuto diverse visite da Failla e dai Lo Duca, tutte registrate dagli inquirenti.
In una di queste intercettazioni, gli uomini di Passalcqua hanno minacciato Impastato di fargli chiudere l'azieda. "Ti mettemu i catenazzi" (ti mettiamo i catenacci), dicono all'imprenditore. Seguendo questa pista, gli inquirenti hanno scoperto altre intimidazioni a tre imprenditori palermitani e hanno filmato l'unica estorsione consumata (le altre sono solo tentativi di estorsione non andate a buon fine per l'intervento delle forze dell'ordine). In questo caso, l'imprenditore ha consegnato agli estortori duemila euro.
Negli altri due casi ai titolari delle imprese di Palermo non sono state fatte richieste di denaro ma venivano imposte le aziende dalle quali rifornirsi di materiale edile. A casa di Andrea Lo Duca sono stati inoltre trovati cinquecento grammi di marijuana.
L'8 maggio 2009 Impastato viene intercettato seduto al tavolino di un noto bar della borgata marinara di Mondello. Sta parlando con l'imprenditore Pietro Manno, cui si sarebbe rivolto per conoscere le ragioni della sua esclusione dalla fornitura di calcestruzzo in alcuni cantieri. Gli è stata preferita un'impresa di Cinisi. Impastato non si dà pace e chiede a Manno quale strada deve seguire per risolvere la questione: "... sono tinti, però io, per vedere a chi posso dove posso andare a bussare, per vedere da dove mi arrivano queste contrarietà... io devo cercare a qualcuno per vedere o che ho sbagliato e non me ne sono reso conto, o che ci sono o che ci sono altri...?". Dopo una iniziale diffidenza Manno rimprovera a Impastato di non avere rispettato la prassi: "... Lei lo sa meglio di me, non è che ci passò stamattina è nato stamattina! È una vita che lei fa questo mestiere". Ed è ora che Impastato gli chiede: "Lei sta facendo qua Pagliarelli?". Il riferimento sarebbe all'esecuzione di alcuni lavori in sub appalto. "Manno - si legge nella misura cautelare - dava conferma del contatto stabilito con esponenti mafiosi della zona di Partanna Mondello per la messa a posto e ammetteva anche un avvicinamento che aveva subito per un'opera in via di esecuzione all'interno della struttura carceraria di Pagliarelli: 'Ad esempio, al carcere, pure che ero dentro il carcere lo stesso a me mi chiamarono, non è che perchè eravamo dentro il carcere, io, non mi ha chiamato nessuno... Minchia, saltarono fuori e io non li conosco". "ah! pure là dentro il carcere?", si meraviglia Impastato. "Dappertutto", conclude Manno".

"Questa operazione è la dimostrazione che c'è una forte pressione sul territorio del racket delle estorsioni, ma anche è un'ulteriore prova dell'efficienza delle forze di polizia. L'indagine della Dia ha consentito di individuare alcuni responsabili che sono personaggi di grande spessore di Cosa Nostra" ha detto il procuratore aggiunto Antonio Ingroia.
"Non ci siamo mai illusi che bastasse un'operazione di polizia per smantellare il racket delle estorsioni - ha proseguito - il fenomeno è ancora vitale e capace di permanere sul territorio. Le estorsioni continuano ad essere essenziali per la sopravvivenza di Cosa nostra. Rinnoviamo l'appello agli imprenditori ancora incerti e dubbiosi e li invitiamo a collaborare".
Gli inquirenti hanno puntualizzato di non avere comunque "elementi per collegare le intimidazioni delle scorse settimane a Partinico con le estorsioni che riguardano questa operazione".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, Lasiciliaweb.it]

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17 gennaio 2011
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