BOIA CHI NON MOLLA
''Nessuno tocchi Caino'' racconta e denuncia l'assassinio legalizzato dalla Cina all'Africa, dagli Usa all'Europa
Il destino di Kenneth Foster è cambiato all'improvviso per volontà governatore del Texas, Rick Perry. Kenneth Foster era condannato a morte e a poche ore dalla sua esecuzione, il governatore ha cambiato idea commutando la pena capitale in ergastolo.
Mai il governatore Perry aveva fermato il boia e fino a qualche giorno fa, con sprezzo aveva respinto gli appelli di moratoria dell'Unione europea. Ieri invece, improvvisamente, ha interrotto la sequenza letale degli ultimi giorni. Dopo la 400esima esecuzione la settimana scorsa, martedì era stato messo a morte DaRoyce Mosley, l'assassino di una donna, l'altro ieri John Joe Amador, il killer di un tassista di San Antonio.
Quella annullata a Foster era la 403esima iniezione letale nello stato americano che applica la pena capitale con più metodica precisione.
A settembre dovrebbe toccare ad altri cinque detenuti di Huntsville.
Il governatore Perry ha detto che dopo aver attentamente valutato i fatti, la decisione giusta per Foster era quella presa alla fine. ''Mi preoccupa la legge del Texas - ha detto Perry -che permette di processare simultaneamente imputati in casi di pena di morte e chiedo al parlamento statale di esaminare la questione''. Il governatore si riferisce alla controversa legge texana che ha portato alla condanna di Foster, la ''Law of Parties'', o legge delle bande, che estende ai casi di pena capitale la responsabilità penale dei complici. Foster era stato riconosciuto colpevole di aver guidato l'auto con cui un amico, Maurice Brown, era fuggito dopo aver compiuto una rapina e un omicidio. Brown, che aveva sparato contro un giovane di 25 anni che aveva tentato di rapinare, è stato giustiziato per questo delitto alcuni anni fa.
Per salvare la vita a Kenneth era scattata mesi fa una vasta mobilitazione internazionale e anche negli Usa, dove il sostegno per la pena di morte sta lentamente facendo marcia indietro.
Quindi Kenneth Foster, rimarrà a vita in carcere, senza libertà ma in vita. Una ''eccezione misericordiosa'' che non riguarda tanti, tantissimi altri condannati a morte in giro per il mondo, un mondo nel quale si fa sempre più ricorso al boia per lavare le colpe.
Nel 2006 i boia di 27 Stati (sono 51 in tutto quelli che prevedono la pena di morte nel mondo) hanno impiccato, lapidato, fulminato 5628 dead men walking, uomini morti che camminano. Il Rapporto 2007 sulla pena di morte nel mondo di Nessuno tocchi Caino, associazione italiana contro la pena di morte, denuncia l'aumento sia delle condanne che dei Paesi che ricorrono alla pena di morte (l'anno precedente le esecuzioni erano state 5494, mentre nel 2004 erano 24 gli stati ad usarle).
Il rapporto sottolinea, da un lato l'evoluzione positiva verso l'abolizione della pena di morte sul piano internazionale, (146 i Paesi abolizionisti, fra quelli totali e quelli di fatto) dall'altro denuncia un aumento dei ricorsi alle esecuzioni da parte di quelli in cui è in vigore.
Il triste primato per numero di esecuzioni va ancora una volta alla Cina che detiene l'89% del totale mondiale con almeno 5000 condanne eseguite. Almeno, perché la cifra precisa non si saprà mai: Pechino considera la pena capitale un segreto di stato, dunque non si hanno certezze sulla portata del fenomeno. Noti, invece, alcuni dei reati per i quali si può finire davanti al boia in Cina: meritano la morte i contraffattori di banconote e fatture, i protettori di prostitute, i tombaroli e chi ruba petrolio lungo gli oleodotti.
Al secondo posto della graduatoria, l'Iran che vanta anche un primato da brivido: quello del più alto rapporto tra esecuzioni e numero di abitanti. Rispetto al 2005, inoltre, il numero dei condannati a morte è quasi raddoppiato (215 contro 113). Non fanno eccezione i minori: nel 2006 ne sono stati uccisi 7, violando la Convenzione sui diritti del Fanciullo, che l'Iran ha ratificato.
Secondo l'associazione per i diritti umani, Amnesty International, ad oggi sarebbero 71 i minorenni in attesa di esecuzione nel paese del presidente Mahmoud Ahmadinejad. Nella Repubblica Islamica vige la sharia, l'applicazione alla giustizia della traduzione letterale del Corano.
Anche il Pakistan rispetto al 2005, ha raddoppiato il numero delle esecuzioni nel 2006 (82 contro 42), posizionandosi al terzo posto della macabra classifica. La commissione per i diritti umani del Paese parla di 446 persone giustiziate, fra cui donne e bambini.
Le forme di messa a morte dei condannati testimoniano una barbarie che rimane radicata: fucilazione, sedia elettrica, decapitazione, impiccagione, iniezione letale, frequentemente precedute e accompagnate da torture fisiche e psicologiche. La sharia prevede, tra i metodi di uccisione, anche l'impiccagione, la fucilazione e la decapitazione (quest'ultima viene usata solo in Arabia Saudita: dove sono ne sono registrate, solo nei primi sette mesi del 2007, ben 119). Senza dimenticare la lapidazione, forse il mezzo che suscita più orrore in Occidente. Quella che rischia Pegah Emambakhsh, omosessuale iraniana che dovrà forse lasciare Londra, dove si era rifugiata nel 2005. Morire sotto una pioggia di sassi (piccoli, perché non devono uccidere subito), mentre si è interrati fino alla vita, se uomini, o fino alle ascelle, se donne, è spesso lungo e molto doloroso.
Anche se la morte pulita degli Stati Uniti - un'iniezione letale, il tempo di infilare l'ago nella carne - ha dimostrato di poterlo essere: nove mesi fa a Miami un uomo ha smesso di vivere dopo 34 minuti. Negli Stati Uniti, l'unico paese nel continente americano in cui sono state eseguite condanne a morte nel 2006, sono stati uccisi 53 condannati, in lieve calo rispetto all'anno prima.
I boia sono in attività anche in Europa, più precisamente in Bielorussia, dove le esecuzioni sono considerate come in Cina, segreto di stato per 14 reati. Da giugno 2005 a giugno 2006 si sono contate cinque esecuzioni. Il governo di Minsk non mostra certo un volto comprensivo: il corpo dei condannati non viene restituito alle famiglie, alle quali non viene neppure comunicato il luogo della sepoltura. Un retaggio dei metodi dell'ex Urss, da cui Vladimir Putin, presidente della Russia, sembra volersi allontanare. Putin ha infatti assicurato che lavorerà per l'abolizione definitiva della pena di morte, ma rispettando l'umore del paese. Dove, secondo un sondaggio del febbraio 2006, tre russi su quattro ritengono ''accettabile'' la pena capitale e il 15 per cento vorrebbe cancellarla.
Secondo il Rapporto di Nessuno tocchi Caino un ruolo particolare, spetta all'Africa, il continente in cui ''la catena perpetua della vendetta e l'eterna vicenda di Caino e Abele hanno forse avuto una delle rappresentazioni più tragiche e attuali'', come scrive il presidente del Consiglio Romano Prodi nell'introduzione all'analisi dell'Ong. L'Africa, infatti, nonostante registri nel 2006 ben 80 esecuzioni (erano 19 l'anno prima) si è schierata con la campagna per la moratoria universale della pena capitale. Per questo il riconoscimento di ''Abolizionista dell'anno 2007'' è stato consegnato al presidente del Ruanda, Paul Kagame.
L'Italia guida, da un anno a questa parte, una campagna per la moratoria universale della pena di morte. Dopo averci già provato nel 1994, quando una risoluzione italiana venne fermata per otto voti all'assemblea della Nazioni Unite, il 24 settembre presenterà all'Onu, con gli altri stati europei, la richiesta di porre fine alle esecuzioni. L'Italia ha già raccolto molti consensi e adesioni in tutto il mondo. E un esito positivo della battaglia per la moratoria, spiega Prodi, avrebbe ''un significato politico di enorme portata'' e spingerebbe l'opinione pubblica mondiale a riflettere sulla necessità di disarmare i boia.
L'elenco delle nazioni interessate con il numero delle esecuzioni.
Cina: almeno 5.000; Iran: 215; Pakistan: 82; Iraq: almeno 65; Sudan: almeno 65; Stati Uniti: 53; Arabia Saudita: 39; Yemen: 30; Vietnam: almeno 14; Kuwait: almeno 11; Somalia: almeno 7; Singapore: almeno 5; Egitto: almeno 4; Giordania: almeno 4; Bangladesh: 4; Giappone: 4; Malaysia: 4; Corea del Nord: almeno 3; Bahrein: 3; Bielorussia: 3; Indonesia: 3; Mongolia: 3; Siria: 2; Uganda: 2; Botswana: 1; Emirati Arabi Uniti: 1; Guinea Equatoriale: 1.
Non risultano esecuzioni nel 2006 in Libia, Taiwan, Uzbekistan e nei territori amministrati dall'Autorità Nazionale Palestinese; in tutti ne erano però state effettuate durante il 2005.
- ''Un passo contro la pena di morte'' di Romano Prodi
- L'ultimo giorno di un condannato a morte di Victor Hugo (PDF)