Bologna, un quarto di secolo fa
Il 2 Agosto del 1980, alle ore 10.25, una bomba esplose nella sala d'aspetto della stazione di Bologna
L'Italia sa bene cos'è il terrorismo. L'Italia sa cos'è la ''strategia della tensione''. L'Italia sa cosa vuol dire avere dei nemici.
Oggi l'estremismo islamico minaccia l'Italia con un arma che alla fine degli anni Settanta segnò la vita dell'intero Paese. Allora il terrorismo si nascondeva dietro a due colori, colori politici, una frangia era rossa, l'altra nera. C'erano i ''comitati'', i ''gruppi'', le ''brigate''; c'erano le ''cause'', le ''lotte'', le ''resistenze''. C'era il ''rosso'' e c'era il ''nero''.
C'era un unico terrore e tanti innocenti morti a causa di una medesima, assurda e uguale insensatezza.
L'estate del 1980 rimane per la Nazione una delle stagioni più terribili di tutta la sua intera storia. L'estate delle stragi che dopo un quarto di secolo non hanno ancora colpevoli. L'estate del sordo dolore e l'inizio di tante stagioni di menzogne. L'estate del 1980 fu l'estate di Ustica e di Bologna...
E quest'ultima, oggi, si ha il dover di ricordare...
Il 2 agosto 1980, alle ore 10.25 (l'ora della tragedia rimarrà impressa nelle lancette ferme del grande orologio), una bomba esplose nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione di Bologna.
Lo scoppio fu violentissimo, provocò il crollo delle strutture sovrastanti le sale d'aspetto di I e II classe dove si trovavano gli uffici dell'azienda di ristorazione Cigar e di circa 30 metri di pensilina. L'esplosione investì anche il treno Ancona-Chiasso in sosta al primo binario.
Il soffio arroventato prodotto da una miscela di tritolo e T4 tranciò i destini di persone provenienti da 50 città diverse italiane e straniere.
Il bilancio finale fu di 85 morti e 200 feriti.
(testimonianze di Biacchesi e da "Il giorno")
La violenza colpì alla cieca cancellando a casaccio vite, sogni, speranze.
Maria Fresu si trovava nella sala della bomba con la figlia Angela di tre anni. Stavano partendo con due amiche per una breve vacanza sul lago di Garda. Il corpicino della piccola, la più giovane delle vittime, venne ritrovato subito. Solo il 29 dicembre furono riconosciuti i resti della madre.
Marina Trolese, 16 anni, venne ricoverata all'ospedale Maggiore, il corpo devastato dalle ustioni. Con la sorella Chiara, 15 anni, era in partenza per l'Inghilterra. Le avevano accompagnate il fratello Andrea, e la madre Anna Maria Salvagnini. Il corpo di quest'ultima venne ritrovato dopo ore di scavo tra le macerie. Andrea e Chiara portano ancora sul corpo e nell'anima i segni dello scoppio. Marina morì dieci giorni dopo l'esplosione tra atroci sofferenze.
Torquato Secci, impiegato alla Snia di Terni, venne allertato dalla telefonata di un amico del figlio Sergio, Ferruccio, che si trovava a Verona. Sergio lo aveva informato che a causa del ritardo del treno sul quale viaggiava, proveniente dalla Toscana, aveva perso una coincidenza a Bologna e aveva dovuto aspettare il treno successivo. Poi non ne aveva più saputo nulla.
Solo il giorno successivo, telefonando all'Ufficio assistenza del Comune di Bologna, Secci scoprì che suo figlio era ricoverato al reparto Rianimazione dell'ospedale Maggiore.
"Mi venne incontro un giovane medico, che con molta calma cercò di prepararmi alla visione che da lì a poco mi avrebbe fatto inorridire", ha scritto Secci, "la visione era talmente brutale e agghiacciante che mi lasciò senza fiato. Solo dopo un po' mi ripresi e riuscii a dire solo poche e incoraggianti parole accolte da Sergio con l'evidente, espressa consapevolezza di chi, purtroppo teme di non poter subire le conseguenze di tutte le menomazioni e lacerazioni che tanto erano evidenti sul suo corpo".
Nel 1981 Torquato Secci diventò presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage.
La città si trasformò in una gigantesca macchina di soccorso e assistenza per le vittime, i sopravvissuti e i loro parenti.
I vigili del fuoco dirottarono sulla stazione un autobus, il numero 37, che si trasformò in un carro funebre.
E' lì che vennero deposti e coperti da lenzuola bianche i primi corpi estratti dalle macerie.
Alle 17,30, il presidente della Repubblica, Sandro Pertini arrivò in elicottero all'aeroporto di Borgo Panigale e si precipitò all'ospedale Maggiore dove era stata allestita una delle tre camere mortuarie.
Per poche ore era circolata l'ipotesi che la strage fosse stata provocata dall'esplosione di una caldaia ma, quando il presidente arrivò a Bologna, era già stato trovato il cratere provocato da una bomba.
Incontrando i giornalisti Pertini non nasconse lo sgomento: "Signori, non ho parole" disse, "siamo di fronte all'impresa più criminale che sia avvenuta in Italia".
Ancora prima dei funerali, fissati per il 6 agosto, si svolsero manifestazioni in Piazza Maggiore a testimonianza delle immediate reazioni della città.
Il giorno fissato per la cerimonia funebre nella basilica di San Petronio, si mescolarono in piazza rabbia e dolore.
Solo 7 vittime ebbero il funerale di stato.
Il 17 agosto "l'Espresso" uscì con un numero speciale sulla strage.
In copertina un quadro a cui Guttuso ha dato lo stesso titolo che Francisco Goya aveva scelto per uno dei suoi 16 Capricci: "Il sonno della ragione genera mostri".Guttuso ha solo aggiunto una data: 2 agosto 1980.
Quel giorno cominciò una delle indagini più difficili della storia giudiziaria italiana. (www.stragi.it)
Una tragedia ancora e sempre viva nel cuore e nella mente della gente. Una tragedia che ancora divide: "Perché è l'unica strage italiana nella quale i responsabili sono stati individuati con sentenza passata in giudicato, una sentenza definitiva", dice il giudice Libero Mancuso, il pm dell'indagine all'epoca dei fatti. "La Corte d'Assise ha condannato i terroristi dei Nar (Nuleo armato rivoluzionario) Francesca Mambro e Giusva Fioravanti per la strage, e Licio Gelli e i vertici del Sismi di allora, tutti piduisti, per i depistaggi''.
A Bologna il ''diabolico'' intreccio tra estremismo politico e servizi segreti dello stato è stato scoperto. ''Quel connubio - dice Mancuso - che ha sempre prodotto frutti avvelenati nelle altre stragi italiane, a Bologna è venuto alla luce. Un nodo di fondo che rende la verità ancora più indicibile".
Polemiche puntuali che da 25 anni immancabilmente si ripresentano ad ogni anniversario. Anche quest'anno naturalmente, innescate stavolta da una "nuova" pista medio orientale spuntata appena tre giorni fa. Agli atti della commissione Mitrokhin ci sarebbe la traccia di un terrorista tedesco legato al terrorista internazionale Carlos che sarebbe stato a Bologna 24 ore prima della strage. Una pista, dice qualcuno, verso la quale la Procura di Bologna a suo tempo non avrebbe preso in considerazione, privilegiando la tesi precostituita della matrice fascista.
''Nessun pregiudizio da parte nostra - dice il pm Mancuso - di piste alternative ne abbiamo esaminate un mare. Ma ci siamo trovati di fronte a clamorosi tentativi di depistaggio''.
In molti chiedono la riapertura del caso, prima tra tutti la stessa Francesca Mambro, che ha affermato in un intervista a SkyTg24: ''La strage di Bologna, come quelle di Ustica e dell'Italicus sono avvenute dopo la morte di Aldo Moro, quando cioè gli accordi fra i governi democristiani italiani e i terroristi palestinesi erano venuti meno. Non indagare sulla pista mediorientale significa gettare le basi per occultare la verità. Spero che questo serva ad impedire nuovi attentati nel nostro paese''.
Il presidente dell'Associazione familiari delle vittime della strage, Paolo Bolognesi, liquida con poche parole le ipotesi sulla pista mediorientale: ''Nel momento in cui si cerca di sfruttare un anniversario così importante con piste processuali trite e ritrite vuol dire che non si vogliono delle verità condivise ma si vuole nascondere quel po' di verità che abbiamo avuto in questi 25 anni''.