BOmsa (Boicotta Omsa). La protesta delle lavoratrici Omsa dal web alla strada. A Palermo un presidio in via Maqueda
L'iniziativa è rimbalzata di profilo in profilo su Facebook per settimane e il 28 gennaio è arrivata nelle strade in tutta Italia. Parte la campagna nazionale di boicottaggio contro Omsa. La nota azienda produttrice di calze ha licenziato 239 lavoratrici dello stabilimento di Faenza il giorno di capodanno, per fax.
Le operaie avrebbero dunque ricevuto il primo gennaio la comunicazione che, al termine del periodo di cassa integrazione previsto per marzo, saranno licenziate senza nessuna possibilità di trattativa. Nonostante la crisi, sembra che l'azienda non navighi in cattive acque ma che stia delocalizzando in Serbia la produzione per via dei costi minori.
A Palermo, studentesse e lavoratrici hanno esposto uno striscione proprio all'ingresso del punto vendita di via Maqueda al grido di "Boicotta Omsa", distribuendo volantini e spiegando ai passanti i motivi della protesta. "Siamo qui per invitare tutti a non acquistare i prodotti di un'azienda che, in situazione di grave crisi, licenzia delle donne per pura avidità - dice Gabriella, del Collettivo Anillo de Fuego - le persone si sono mostrate molto solidali questo pomeriggio. Il rischio licenziamento non riguarda ormai solo le 239 operaie di Faenza ma tutte le categorie di lavoratori".
Intervistato dalla Gazzetta di Mantova, l'imprenditore Nerino Grassi, fondatore del colosso della calza e dell’intimo, difende la decisione di chiudere lo stabilimento, sostenendo di non aver avuto alternative "di fronte a competitors che già si avvantaggiano della globalizzazione dei mercati producendo in paesi in via di sviluppo. Mantenere l'organizzazione produttiva in essere - dice Grassi - avrebbe significato subire passivamente un lento ed inesorabile declino. Un declino che avrebbe portato alla progressiva uscita dal mercato, minando conseguentemente la sopravvivenza stessa dell'intero gruppo".