Borat
''Studio Culturale sull'America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan''
Noi vi segnaliamo...
BORAT
Studio Culturale sull'America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan
di Larry Charles
Il giornalista televisivo kazako Borat viene inviato negli Stati Uniti per girare un reportage sul più grande paese del mondo. Ma Borat è più interessato a trovare e sposare Pamela Anderson...
Dopo essere stato presentato alla Festa del Cinema di Roma, è uscito in versione doppiata (la voce del protagonista è di Pino Insegno), Borat, il viaggio assurdo e ultracomico di un (finto) giornalista kazako che parte dalla sua terra per realizzare un documentario sugli Stati Uniti d'America. Una volta negli Usa, dopo avere visto in televisione una puntata di 'Baywatch', si innamora follemente di Pamela Anderson e va alla sua ricerca. Gli effetti della sua trasferta sono devastanti e tutte le interviste del film sono state realizzate facendo credere agli intervistati che lui stesse realmente realizzando un documentario per la tv kazaka, e in questo modo è stato più semplice ottenere le liberatorie. Il presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbayev, si è detto, inizialmente, offeso dalla pellicola e da come ritraeva il suo paese. Ma il film interpretato da Sacha Baron Cohen ha fatto incrementare il turismo in Kazakistan e anche il presidente ha fatto marcia indietro. Continua invece la sua battaglia legale Pamela Anderson. Ha dichiarato Baron Cohen: ''E' diventata veramente ossessiva con me: ha cominciato a mandarmi un sacco di letterine d'amore, due o tre a settimana. Le scrive tutte il suo avvocato''.
Tit. Orig. Borat: Cultural Learnings of America for Make Benefit Glorious Nation of Kazakhstan
Anno 2006
Nazione Stati Uniti d'America
Distribuzione Twentieth Century Fox
Durata 86'
Regia Larry Charles
Sceneggiatura Sacha Baron Cohen
Con Sacha Baron Cohen, Pamela Anderson
Genere Commedia
La critica
''Ai festival solitamente non è prevista la risata sgangherata e irrefrenabile, considerata sconveniente se non addirittura dissoluta: al massimo un sorriso, se però provvisto di agganci dotti. Mai infatti anche il più spregiudicato degli organizzatori inviterebbe oggi un film di Natale, genere fratelli Vanzina o Neri Parenti, scurrile e infantile, coprofilo e borgheziano: e neppure un film derivato da 'Scherzi a parte' o 'Le jene'. Eppure 'Borat', sottotitolo 'Lezioni di cultura americana a favore della gloriosa nazione del Kazakistan' era al festival di Toronto ed era l'evento più atteso della festa del cinema: sia là che qua ha avuto un successo grandioso, con buona parte del pubblico piegato in due dalle risate, con un po' di vergogna.''
Natalia Aspesi, 'la Repubblica'
''A scriverlo può sembrare goliardico e ovvio, a vederlo è irresistibile perché oltre al finto reporter Borat sullo schermo ci sono gli americani veri e le loro reazioni, spesso ancora più dementi e insultanti. Il trucco consisterebbe nel far firmare alle persone coinvolte la liberatoria prima di girare, con la scusa dell'intervista. Non metteremmo la mano sul fuoco sull'autenticità di ogni singola scena, ma se quelle facce e quelle reazioni non fossero davvero rubate, questo 'Borat' diretto da Larry Charles sarebbe opera di un grande regista capace di ottenere risultati incredibili da attori non professionisti. Cosa ancora più difficile da credere. Comunque sia, dopo aver sbertucciato a dovere nel prologo un Kazakistan immaginario popolato di zoticoni, prostitute, stupratori e antisemiti (immaginario ma capace di far infuriare i veri kazaki, e possiamo capirli), Borat agisce come un rivelatore della stupidità e del razzismo nascosti come un automatismo sotto la pelle della gente comune. (...) Vale la pena ricordare che Cohen non solo è ebreo ma è un ebreo ortodosso nonché un attivo militante contro l'antisemitismo. Non tutti ci credono se un'esigua minoranza di integralisti ha condannato senza appello il suo umorismo oltraggioso. Ma intanto lui ha cambiato le regole del comico nel modo più radicale possibile. Abolendole.''
Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero'
''Accertato che il regista Larry Charles non conta assolutamente nulla, questa specie di pamphlet contro tutto e tutti squaderna la propria animaccia ribalda teorizzando la lotta senza quartiere contro ogni fondamentalismo (femminista, ebreo, cristiano, nero, gay, gitano, animalista ecc.). Il comportamento pecoreccio del protagonista vuole in questo modo far emergere le ipocrisie, i pregiudizi e la marea di sentimenti inverecondi radicati nei contemporanei: il suo inglese grottesco, la sua rozzezza animalesca, il suo disprezzo verso ogni maggioranza e ogni minoranza dovrebbero solleticare non solo il lato oscuro delle società occidentali e orientali, ma anche le facciate zelantemente verniciate col 'politicamente corretto'. L'effetto non è gradevole, ma sicuramente delirante, tanto da far sembrare Michael Moore un compunto scolaretto: anche perché l'autore-attore, che nel film deambula portandosi appresso un sacchetto di cacca e la foto che documenta le misure oversize del pisello del figlio, si rivolge alla stampa (s)ragionando come il suo personaggio. (...) Mentre i festivalieri applaudono, sia pure un po' vergognandosene, i ministri del vero Kazakhstan protestano. Forse perché le esternazioni del nostro non prevedono limiti: 'Noi non abbiamo gladiatori, cowboy o samurai, ma possiamo contare su zingari fenomenali. Con l'Inghilterra di Blair intratteniamo poi rapporti splendidi: tutti e due commerciamo fruttuosamente con l'uranio'. Nell'acme della parodia, si esibisce nudo in un incontro di wrestling/kamasutra con il suo lardoso produttore anch'esso senza veli: che si tratti di scellerata goliardia o di memorabile stracult, lo decideranno i connazionali spettatori convinti che il troppo non stroppia e disposti a restare in attesa sino al marzo del 2007, quando il film uscirà nelle nostre sale.''
Valerio Caprara, 'Il Mattino'
''(...) Un film irriverente, profondamente scorretto, intimamente intelligente. (...) E' forse il più riuscito reportage sulle contraddizioni dell'America di oggi che si ricordi da tempo. (...) Riesce più lui a dire degli eccessi e derive di singole ed estreme situazioni americane che mille documentari o film imprigionati nella rete della correttezza. (...) Borat è esempio di un cinema che nasce dalla televisione e che ne prende il meglio e più ardito.''
Dario Zonta, 'l'Unità'
Evento speciale alla I edizione di ''Cinema. Festa Internazionale di Roma'' - Golden Globe 2007 come miglior attore in un film musical/commedia a Sacha Baron Cohen - Candidato all'Oscar 2007 per la miglior sceneggiatura non originale.