BOWLING A COLUMBINE
Il documentario evento che fa uscire fuori la verità sul commercio delle armi negli Stati Uniti d'America
Noi vi consigliamo di vedere…
BOWLING A COLUMBINE
di Michael Moore
E' la pellicole "evento" di Cannes 2002. Il documentario di Michael Moore resoconta con sguardo critico la strage avvenuta nell'aprile del 1999 al liceo Columbine, alle porte di Denver in Colorado, quando sue ragazzi mascehrati fecero irruzione nelle aule, dotati di un vero e proprio arsenale, e spararono all'impazzata contro insegnanti e studenti. Persero la vita 12 ragazzi e un adulto. Il bersaglio del film è la vendita liberalizzata delle armi negli Stati Uniti. Il regista, già noto per aver diretto l'intenso Roger&Me, ha dichiarato il carattere militante di questo lavoro: "per far uscire dagli Usa la verità sul commercio delle armi, ma anche per fare entrare questa verità nella testa di quegli americani che ritengono che uscire a 14 anni e comprarsi una pistola sia normale. Non è normale, noi siamo la nazione dalla pistola facile e questo deve cambiare". Erano molti anni che un documentario non veniva scelto per concorrere a Cannes e Bowling for Columbine con tutta la sua forza provocatoria ha rivoluzionato la prassi. E' un documentario dove si ascoltano testimonianze pro e contro il commercio delle armi, dove si fanno le pulci a chi vende e a chi produce con fermezza e coraggio, ma senza spocchia. Moore, con il suo berretto da baseball e l'aria di chi ha sempre un pacchetto di chips a portata di mano, somiglia moltissimo a quegli americani medi che intervista. Desiderio di capire, ma anche di cambiare le cose animano questo docu-drama, per citare il genere in cui l'ha relegato la stampa Usa, dove non si insiste sulla tragedia ma s'indaga sulla sua origine. Nel film appare l'America tutta dalla sua classe media al suo presidente passando Marilyn Manson e Charlton Heston.
Regia Michael Moore
Con John Nichols, Michael Moore, George W.Bush, Dick Clark, Charlton Heston, Marilyn Manson
Distribuzione Mikado
Durata 123'
Genere Documentario
Le recensioni
''Il documentario comunica, con ironia e indignazione, tutta la follia e tutto il dolore che pervadono il Paese che nella Costituzione proclama il diritto alla felicità: in cui di ogni delitto sono incolpati neri che del resto, quando nacque la National Rifle Association, la lobby delle armi da fuoco, non potevano possederne. (...) Moore si domanda perché il suo Paese è così violento: non perché è armato, lo è anche il pacifico Canada, non perché c'è violenza nei suoi film, visti in tutto il mondo, ma forse perché gli americani vivono nel terrore di essere sterminati, sin dai tempi dei Padri Pellegrini: e si difendono sterminando''. (Natalia Aspesi, 'la Repubblica', 17 maggio 2002)
''Brioso e a tratti comico, 'Bowling for Columbine' ha ricevuto dalla critica un'ovazione in larga parte di matrice ideologica, ma è comunque buon cinema.'' (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 17 maggio 2002)
''La maggioranza silenziosa ma armata americana, che tiene la 44 Magnum sotto il cuscino e si riconosce nell'arteriosclerotico Ben Hur con dentiera Charlton Heston, è la protagonista di questo straordinario, ironico, disperato documento del grande 'no global' Michael Moore, premiato a Cannes. 'Bowling a Columbine' traccia uno spietato identikit degli States, e le stragi collegate, che oggi, con la guerra in vista, è più attuale che mai. Tra cronaca e storia, virando necessariamente nel grottesco naturale, il regista 'extra large' guarda negli occhi la lobby delle armi, racconta delle banche che offrono in omaggio la carabina, dall'infuocato Michigan fa una puntata nel pacifico Canada, che ha finanziato il progetto, e mette sul banco degli imputati violenza e razzismo; e accusa i media di travolgere e stravolgere la realtà. Da vedere: i riferimenti sono ottimi e abbondanti, tutti sono giustizieri della notte''. (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 19 ottobre 2002)
''Bowling a Columbine, caccia al tesoro di 2 ore, è avvincente e disarticolato come il corpaccione del regista che si trascina di porta in porta, per chiedere ai 'vicini' le ragioni della paura che attanaglia l'americano. Paura amplificata dai media, che bombardano gli spettatori con il bollettino dei crimini: il sospetto è sempre l'uomo nero ripreso a terra seminudo, avvinghiato dal cop di turno, eroe della serie tv sulle imprese poliziesche. Moore propone all'autore del reality show una variante, con gli executives della city sbattuti sulle loro Mercedes per frode fiscale e corruzione. Improbabile, ma l'Autidel è legge quando conviene. Vere invece sono le immagini che una telecamera a circuito chiuso ha ripreso quel giorno a Columbine: due ombre armate sparano alla rinfusa, gli studenti sotto i tavoli, voci fuori campo, registrate dai cellulari, urlano aiuto''. (Mariuccia Ciotta, 'Il Manifesto', 18 ottobre 2002)
''(...) Moore pone la domanda di fondo sul senso di una società con un giusto mix di ironia e commozione, e riesce a farci distinguere le responsabilità dei singoli e quelle del sistema e di precisi poteri economici e ideologici e mediatici. Il suo oppositore è Charlton Heston, il grande propagandista della libertà di difendersi a colpi preventivi di arma. Altro che John Wayne! Il vecchio 'eroe' hollywoodiano è messo alle strette da un pacifico e grassoccio signore che non recita. E lo spettatore, ammirato dalla capacità di Moore nel costruire pacatamente la sua inchiesta senza provocare un attimo di noia, esce dal film che ne sa di più, che ha capito di più. Capita di rado con i libri, figuriamoci al cinema''. (Goffredo Fofi, 'Panorama', 30 ottobre 2002)
Vincitore Premio Oscar 2003 per Miglior Documentario
Film evento in concorso al Festival di Cannes 2002
Fonte: cinematografo. it/ primissima.it