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Bruno Contrada scrive dal carcere: ''Chi vuole parlare di me si informi!''. E per il giudice può restare in cella

28 dicembre 2007

Dopo intere settimane di polemiche sulla richiesta di grazia per motivi di salute a favore di Bruno Contrada, ex alto funzionario del Sisde, condannato nel 1992 a dieci anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, e rinchiuso nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, l'avvocato Giuseppe Lipera, difensore di Contrada ha diffuso il testo di una lettera scritta dal recluso proprio in questi giorni.
“Tutti coloro che, per qualsiasi motivo, vogliono dire qualcosa sulla mia vicenda giudiziaria, non parlino per sentito dire o sulla base di notizie dei mass-media; si informino, leggano gli atti dei processi, le sentenze, i motivi di appello, le memorie difensive, le testimonianze di più di 100 alti funzionari e ufficiali delle istituzioni dei corpi di polizia”. Questo lo sfogo di quello che un tempo fu soprannominato il “poliziotto di ferro” e che subito dopo, chiamato in causa più volte da diversi pentiti di mafia, venne tacciato come “amico dei mafiosi”.

All'indomani della nota del Quirinale, attraverso la quale il Capo dello Stato Giorgio Napolitano ha fatto sapere di “conoscere le procedure”, l'ipotesi di un possibile atto di clemenza nei confronti di Contrada genera confusione e spaccature anche all'interno dei singoli partiti. Per esempio, a differenza di molti altri esponenti di Forza Italia, il senatore Carlo Vizzini, membro della Commissione Antimafia e rappresentante speciale per il contrasto delle mafie transnazionali presso l'Osce, ha dichiarato che la grazia “sarebbe un precedente grave”. “I casi sono due - ha spiegato Vizzini - o Contrada è innocente, e allora va liberato e risarcito per ciò che ha subito; oppure è colpevole. Ma, se un servitore dello Stato, che tradisce lo Stato e viene condannato per mafia con sentenza passata in giudicato, ottiene la grazia, credo che sconvolgiamo i principi giuridici del nostro ordinamento e la scala dei valori morali su cui deve vivere una Repubblica. Sarebbe un messaggio di speranza alla mafia”.
Posizioni contrastanti sull'argomento anche all'interno del Partito Democratico. Controcorrente rispetto a quella di molti compagni di partito è ad esempio la posizione del deputato Peppino Caldarola, secondo il quale “Rattristano molto i no alla richiesta di grazia di Bruno Contrada. Rattrista molto - ha detto Caldarola - soprattutto che questi no vengano in gran parte dall'area della sinistra”. “E' comprensibile - ha aggiunto - la reazione dei famigliari delle vittime ma io non la condivido né credo che spetti ai famigliari delle vittime avere l'ultima parola in materia di clemenza ma, insisto, la presa di posizione di alcuni amici del Pd contro la grazia a Bruno Contrada esprimono una cultura vendicativa e priva di umanità che non dovrebbe far parte di una sinistra moderna”.

Intanto, mentre il legale di Contrada faceva sapere ieri che “lo stato di salute del suo assitito si aggrava” e che “ogni ora di ritardo può essere letale”, e mentre dal ministero della Giustizia il sottosegretario Luigi Manconi sottolineava che “qualora sia accertata l'incompatibilità delle condizioni del dottor Bruno Contrada con il regime di detenzione, la legge prevede l'istituto del differimento della pena per motivi di salute, in numerosi altri casi già adottati”, il magistrato Daniela Della Pietra dell'Ufficio di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere, dopo aver riportato la relazione sanitaria elaborata da un tenente colonnello del carcere, ha ufficialmente dichiarato che: “Le patologie da cui è affetto il detenuto Bruno Contrada non sono gravi", e soprattutto: "Esse non appaiono, allo stato, non trattabili in carcere".
Contrada soffre di ischemia e di patologie broncopolmonari, oltre che di diabete, eczema, depressione, malanni che nell'imminete, seppur seri e non difficili dal peggiorare, non metterebbero a repentaglio la vita del detenuto.

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28 dicembre 2007
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