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Bruno Contrada vuole ritornare a Palermo

''Se non mi permetteranno di ritornare a casa mia, ritornerò in carcere di mia volontà''

25 luglio 2008

AGGIORNAMENTO
"Quereleremo il fratello di Paolo Borsellino" - Bruno Contrada, secondo quanto riferito oggi dal suo legale Giuseppe Lipera, ha definito "farneticanti e non meritevoli di ciascun commento" le dichiarazioni del fratello del magistrato Paolo Borsellino, che ieri aveva duramente commentato la concessione degli arresti domiciliari all'ex funzionario del Sisde. "L' unico merito che ha - ha aggiunto Contrada - è quello di essere il fratello di un grande magistrato".
Vittorio Contrada, fratello di Bruno, ha annunciato l'intenzione di querelare Salvatore Borsellino, per quanto dichiarato alla stampa su suo fratello. "Valuteremo se ci sono i presupposti per querelarlo - ha detto Vittorio Contrada - o Borsellino viene imbeccato da qualcuno, o se ha elementi e prove le consegni ai magistrati. Abbiamo diritto di querelarlo, le sue accuse sono infamanti"[La Siciliaweb.it]
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Il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha deciso che Bruno Contrada, ex funzionario del Sisde, condannato a dieci anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, potrà scontare la sua pena agli arresti domiciliari, presso l'abitazione di sua sorella Anna, a Napoli.
In precedenza, la magistratura di sorveglianza aveva respinto una ventina di analoghe istanze di scarcerazione. Alla fine, l'altro ieri il sostituto procuratore generale Ugo Ricciardi aveva espresso "parere favorevole alle istanze" di differimento pena per Contrada, tenendo conto delle gravi condizioni di salute del detenuto. Contrada, che ha 77 anni, soffre di varie patologie e ha perso 22 chili di peso nell'ultimo anno di detenzione. Il tribunale ha stabilito che gli arresti domiciliari avranno una "durata di sei mesi dalla data di esecuzione" e saranno a casa della sorella a Varcaturo, in provincia di Napoli.
Nella motivazione della scarcerazione, i giudici Angelica Di Giovanni e Daniela Della Pietra hanno specificato di non aver concesso la sospensione della pena a Contrada e di aver disposto gli arresti domiciliari a causa della "pericolosità sociale dello stesso" e della "entità della pena sino a oggi sofferta e di quella residua".

Il provvedimento del Tribunale campano è stato per l'ex funzionario del Sisde motivo di sollievo, ma anche di rabbia: "Non sono affatto soddisfatto - ha detto al suo legale, Giuseppe Lipera - dobbiamo continuare a lottare: io voglio restituito il mio onore perchè sono stato condannato ingiustamente e immeritatamente. Il cognome pulito è l'unica cosa che posso dare ai miei nipoti".
Inoltre, sempre secondo Contrada, sotto un certo punto di vista gli arresti domiciliari a Napoli e non a Palermo, dove è la sua abitazione, risultano un  provvedimento è addirittura peggiorativo. Contrada ha chiesto, quindi, di avere o il differimento della pena o la concessione dei domiciliari a  Palermo e in caso contrario è pronto "a tornare in carcere".
Le valutazioni dell'ex funzionario del Sisde sono state rese note dal suo legale l'avvocato Giuseppe Lipera. Contrada ha spiegato all'avvocato di "considerare un passo indietro gli arresti domiciliari a Napoli" perchè così avrebbe trasformato la casa di sua sorella "in un ospedale chiuso agli ospiti di Anna". Contrada ha detto inoltre che essere a Napoli gli rende impossibile vedere la moglie Adriana e i suoi due figli che vivono "a mille chilometri di distanza da me e che non possono venire a trovarmi". La moglie infatti è gravemente malata e non lascia Palermo da anni, tanto che non è mai andata a trovarlo durante la sua detenzione nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, e i figli "hanno problemi di lavoro e famiglia". Inoltre Contrada ha osservato di "avere tutti i medici che lo seguono a Palermo e nessuno a Napoli". Per questo ha anticipato al suo legale che "se resterà ancora agli arresti domiciliari a Napoli prenderà un taxi e si costituirà al carcere militare di Santa Maria Capua Vetere"

Per Anna Contrada, sorella dell'ex 'superpoliziotto', la decisione del Tribunale è stata una grande sorpresa: "Giustizia è stata fatta, e noi siamo tutti emozionati perchè la notizia ci ha colti di sorpresa". "Speravamo - ha aggiunto - nel differimento della pena perchè poteva muoversi liberamente nel curarsi, adesso per ogni esame medico o ricovero dovrà essere autorizzato da un giudice. Ma va bene lo stesso".
Lei che aveva chiesto l'eutanasia per il fratello (LEGGI), ha spiegato ancora una volta che "quella era una provocazione" perché vedeva suo "fratello morire ogni giorno". "Lui è malato in maniera irreversibile - ha detto - ed è giusto che viva l'ultimo periodo della sua vita a casa, godendosi i suoi nipotini".
Il prossimo passo adesso, ha annunciato infine Anna Contrada, "sarà la revisione del processo perchè i giudici terreni hanno condannato un uomo innocente". "Non si capisce perché si parla di pericolosità sociale", ha aggiunto l'avvocato Lipera, sottolineando che l'ex funzionario del Sisde "non è Totò Riina né Bernardo Provenzano", ed ha annunciato: "Presenteremo immediato ricorso".

"Siamo contenti, anche se ha avuto sicuramente meno di quanto gli è dovuto". Questo è stato invece il primo commento del figlio di Bruno Contrada, Guido, avvocato penalista. "Mio padre - ha aggiunto l'avvocato Contrada - continuerà a lottare fino alla morte per dimostrare la sua assoluta estraneità alle accuse che gli vengono contestate. Me lo ha ripetuto anche l'ultima volta che l'ho incontrato in carcere, un mese fa: 'possono tenermi in cella fino alla fine non è questo che mi interessa, io sono un uomo dello Stato".

Se è ovvia la felicità dei familiari di Bruno Contrada, risulta altrettanto ovvio l'amarezza di chi è convinto invece della colpevolezza di dell'ex agente del Sisde. "Non posso accettare la scarcerazione di Bruno Contrada, il mio animo si rivolta, il constatare che agli assassini di mio fratello non è bastato ucciderlo ma che stanno anche completando l'opera mi ripugna, mi sconvolge. Ho voglia di farmi giustizia con le mie mani dato che la giustizia in questo nostro sciagurato paese non esiste più". In una nota Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso il 19 luglio del '92 a Palermo non si da pace. "Paolo considerava Contrada - sostiene il fratello - un assassino e lo stesso lo considero io: per gli assassini non ci può essere nè perdono nè pietà. Non è una mia idea, Paolo disse più di una volta ai suoi familiari parlando di Contrada "solo a fare il nome di quell'uomo si può morire". "Contrada era in carcere, il solo finora a pagare per quei pezzi deviati dello Stato che con la criminalità mafiosa hanno trattato e per portare avanti questa trattativa hanno fatto uccidere Paolo Borsellino e con lui tutta la sua scorta [...] Ma come dice Sciascia 'lo Stato non può processare se stesso' e quello che c'era scritto sull'Agenda Rossa di Paolo - ha concluso - consente di tenere in piedi una rete di ricatti, di mettere tutte le pedine al posto giusto, di manovrare i pezzi necessari, ed arrivare alla fine della partita"

Da 'superpoliziotto' a condannato per mafia - Da 'superpoliziotto' contro Cosa nostra a Palermo a dirigente del Sisde, da "Numero Tre" degli 007 italiani a condannato a 10 anni di reclusione per concorso esterno all'associazione mafiosa.
E' la parabola, con crollo finale, di Bruno Contrada, detenuto fino a ieri nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere dall'11 maggio del 2007 con fine pena nell'ottobre del 2013, in virtù della carcerazione preventiva alla quale è stato sottoposto e di sconti di pena scattati in automatico.
L'investigatore di punta dell'antimafia, a più riprese capo della squadra mobile di Palermo negli anni '70, poi dirigente della Criminalpol, capo di gabinetto dell'Alto commissariato antimafia e, infine, numero 3 del Sisde, fu arrestato il 24 dicembre 1992 e scontò 31 mesi e sette giorni di carcerazione preventiva, accusato da 'pentiti' di passare informazioni a Cosa nostra e di avere consentito la fuga di pericolosi latitanti, come il boss dei boss Totò Riina, ricevendo la 'copertura' di non identificati vertici istituzionali.
Era stato assolto nel primo processo d'appello, il quattro maggio 2001, con la formula "perché il fatto non sussiste", dopo la condanna a dieci anni inflittagli in primo grado il cinque aprile 1996.
Poi è stata la Cassazione, il 12 dicembre 2002, ad annullare il verdetto assolutorio e a disporre un nuovo processo. Arriva quindi la condanna a 10 anni reclusione, il 25 febbraio 2006, che nel maggio del 2007 la Cassazione rende definitiva.

Contrada dichiara di "essere uomo dello Stato, di non avere conosciuto né aiutato mafiosi e di essere stato accusato per vendetta da criminali" ai quali aveva dato "una caccia implacabile". Si costituisce l'11 maggio del 2007 nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere e comincia un'altra battaglia giudiziaria, quella sul fronte medico.
I suoi legali ne chiedono più volte la scarcerazione perchè sarebbe gravemente malato, richieste tutte respinte dai giudici campani.
Uno spiraglio sembra aprirsi il giorno prima di Natale del 2007 quando si apprende dell'avvio dell'iter della grazia per Contrada, ma si chiude il 10 gennaio 2008 quando dal Quirinale si revoca il provvedimento spiegando che una lettera del legale dell'ex funzionario del Sisde, l'avvocato Giuseppe Lipera, era stata interpretata come una richiesta ufficiale, e non come un invito a iniziative spontanee.
Il suo avvocato apre anche un altro fronte: la revisione del processo, respinta dalla Corte d'appello di Caltanissetta, contro la cui decisione è pendente un ricorso in Cassazione che si terrà il prossimo 7 ottobre davanti la quinta sezione penale della Suprema corte. 

[Informazioni tratte da La Siciliaweb.it e Repubblica.it]

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25 luglio 2008
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