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C'erano una volta 107 Province...

Arrivano i tagli delle Province italiane. Delle 9 siciliane ne rimarranno (forse) solo 4

21 luglio 2012

Ieri il Consiglio dei ministri avrebbe dato via libera ai criteri per l'accorpamento delle province. In parole povere, il tanto decantato e più volte annunciato "taglio delle province". Un taglio che, ovviamente, non verrà fatto né a caso né tanto meno immediatamente.
"Il Consiglio ha definito i criteri per il riordino delle province - dimensione territoriale e popolazione residente - previsti dal decreto sulla spending review" si legge nel comunicato stampa reso noto al termine del Cdm. "In base ai criteri approvati, i nuovi enti dovranno avere almeno 350mila abitanti ed estendersi su una superficie territoriale non inferiore ai 2500 chilometri quadrati". "Nei prossimi giorni - si spiega - il governo trasmetterà la deliberazione al Consiglio delle autonomie locali (Cal), istituito in ogni Regione e composto dai rappresentanti degli enti territoriali (in mancanza, la deliberazione verrà trasmessa all'organo regionale di raccordo tra Regione ed enti locali). La proposta finale sarà trasmessa da Cal e Regioni interessate al governo, il quale provvederà all'effettiva riduzione delle province promuovendo un nuovo atto legislativo che completerà la procedura". "Le nuove province - si aggiunge nel comunicato - eserciteranno le competenze in materia ambientale, di trasporto e viabilità (le altre competenze finora esercitate dalle Province vengono invece devolute ai Comuni, come stabilito dal decreto Salva Italia). La soppressione delle province che corrispondono alle Città metropolitane - 10 in tutto, tra cui Roma, Milano, Napoli, Venezia e Firenze - avverrà contestualmente alla creazione di queste (entro il primo gennaio 2014)".

Sulla base dei criteri di riordino delle Province decisi dal Cdm, sarebbero 64 su 107 le Province da accorpare, di cui 50 in Regioni a Statuto ordinario e 14 in Regioni a statuto speciale. Le Province 'salve' sarebbero dunque 43 su 107 di cui: 10 metropolitane, 26 in Regioni a Statuto ordinario e 7 in Regioni a statuto speciale.
Questo, dunque, sarebbe il riordino delle Province: in Piemonte, su 8 Province attuali, quelle salve sarebbero Torino, Cuneo e Alessandria; via le attuali Province di Vercelli, Asti, Biella, Verbano-Cusio e Novara. In Lombardia rimarrebbero Milano, Brescia, Bergamo, Pavia mentre dovrebbero essere accorpate le attuali Province di Lecco, Lodi, Como, Monza Brianza, Mantova, Cremona, Sondrio e Varese. Nel Veneto rimarrebbero in vita Venezia Verona e Vicenza. Accorpamento in vista per Rovigo, Belluno, Padova, Treviso. In Liguria su quattro Province attuali ne scompaiono due, Savona e Imperia; salve Genova e La Spezia. In Emilia Romagna sì a Bologna, Parma, Modena e Ferrara; accorpate Reggio Emilia, Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini e Piacenza. In Toscana, su 10 Province, si salverebbe solo Firenze (via Grosseto, Siena, Arezzo, Lucca, Massa Carrara, Pistoia, Prato, Pisa e Livorno). In Umbria rimane solo Perugia, 'salta' Terni; nelle Marche sarebbero 'salve' Ancona Pesaro e Urbino, mentre non hanno i requisiti per sussistere Ascoli Piceno, Macerata e Fermo. Nel Lazio rimarrebbero Roma e Frosinone, ma dovrebbero essere accorpate Latina, Rieti e Viterbo. In Abruzzo non subirebbero accorpamenti L'Aquila e Chieti, in Molise rimarrebbe solo la provincia di Campobasso, in Campania salve Napoli, Salerno, Caserta e Avellino, fuori solo Benevento. In Basilicata rimarrebbe in vita la Provincia di Potenza, esclusa invece quella di Matera; in Puglia su 6 Province se ne salvano solo 3: Bari, Foggia e Lecce, da accorpare Taranto, Brindisi e Barletta-Andria. Infine in Calabria, su 5 Province, si salavano Cosenza, Reggio Calabria e Catanzaro; da accorpare Crotone e Vibo Valentia.

A queste sono da aggiungere le Province nelle Regioni speciali: IN SICILIA SU 9 NE RIMARRANNO IN VITA SOLO 4: PALERMO, AGRIGENTO, CATANIA e MESSINA. LA SCURE SI ABBATTERA' SU CALTANISETTA ENNA, RAGUSA, SIRACUSA E TRAPANI.
In Sardegna una debacle: rimarrà solo la Provincia di Cagliari. Verranno 'eliminate' le Province di Olbia Tempio, Medio, Ogliastra, Carbonia, Sassari, Nuoro, Oristano. Infine in Friuli, su 4 Province iniziali, due rimangono in vita, Trieste e Udine, due vengono tagliate o meglio accorpate: Pordenone e Gorizia.
La Sicilia, come le altre autonomie speciali, dovrà decidere il da farsi per conto proprio, ma stando alle decisioni del governo nazionale, cui sarà davvero difficile sottrarsi, l'indirizzo non cambia, nonostante l'ulteriore stretta impressa ai salvataggi.
In Sicilia sono in molti a chiedersi come sia possibile che Agrigento si salvi e Siracusa e Trapani non sopravvivano. Siracusa, infatti, è la quarta città della Sicilia, per popolazione residente, ed una delle città "europee" più conosciute. La scure, in realtà, non conosce deroghe di carattere storico o politico. Scende giù senza guardare in faccia niente per nessuno, perciò permangono alcune perplessità sui criteri oltre che le consuete resistenze dell'Unione Province Italiane che si è battuta tenacemente per ottenere un ripensamento del governo, al punto da scrivere una lettera aperta, pubblicata dai grandi giornali nazionali, al Presidente del Consiglio, con la quale venivano indicati circa 600 enti inutili che avrebbero potuto essere cancellati con maggior profitto del taglio alle province.

Entro due anni, dunque, anche la Sicilia dovrà fare la sua parte. Gli toccherà di recepire, in toto o in parte, i criteri del governo nazionale, ma - sulla carta - potrebbe lasciare le cose come stanno. In piena crisi economica, l'abbassamento dei costi della politica e della pubblica amministrazione costituiscono il primo passo doloroso ma necessario. Se la Sicilia si sottraesse a questa responsabilità, ne pagherebbe le conseguenze nei trasferimenti di risorse da Roma a Palermo. Al di là delle regole e delle norme, infatti, il coltello dalla parte del manico ce l'ha Roma, come si è visto negli ultimi giorni. Basta un rinvio dei trasferimenti e si crea una crisi di liquidità che può mandare in tilt la Regione e creare il panico.
L'Assemblea regionale, dunque, ha due anni di tempo per adeguarsi. Avrebbe potuto anticipare il governo nazionale, com'è noto, perché l'esecutivo regionale aveva proposto una riforma degli enti intermedi con un drastico trasferimento delle funzioni e delle competenze da Palermo ai comuni, cui sarebbe toccato di creare i consorzi, sostituti delle attuali province regionali. Il disegno di legge, tra l'altro, avrebbe finalmente rispettato il dettato costituzionale, che nelle norme dello Statuto speciale, prevede la nascita dei consorzi di comuni e la soppressione delle province e delle prefetture.

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, Corriere.it, SiciliaInformazioni.com]

 

 

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21 luglio 2012
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