Caccia al Colonnello!
I ribelli del Cnt continuano a cercare Gheddafi e i figli. A Tripoli, intanto, è emergenza umanitaria
Foto di Fabio Bucciarelli (Il Fatto Quotidiano)
Entrati a Tripoli martedì scorso, dopo tre giorni di combattimenti e violenti scontri con le forze lealiste, i ribelli libici non hanno ancora informazioni su dove si trovi il colonnello e i suoi figli. Lo ha affermato Mustafa Abdel Jalil, presidente del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), durante una conferenza stampa tenuta a Bengasi nei giorni scorsi. Abdel Jalil ha ribadito che i comandanti dei ribelli stanno negoziando con i lealisti di Gheddafi per convincerli alla resa a Sirte, città natale del colonnello.
Sabato, alcune indiscrezioni di stampa avevano parlato di un convoglio di sei auto che avrebbe passato il confine tra Libia e Algeria: a bordo dei veicoli si sospettava vi fosse Gheddafi, ma poi l'ipotesi è stata smentita "categoricamente" dall'Algeria. Secondo alcuni oppositori politici del presidente Mugabe, invece, Gheddafi è fuggito dalla Libia a bordo di un velivolo messo a sua disposizione dal presidente dello Zimbabwe. Gli oppositori hanno detto di aver visto Gheddafi arrivare nel paese a bordo di un caccia dell'aeronautica alle prime ore di mercoledì. Gheddafi sarebbe quindi stato trasferito in una residenza nel sobborgo di Gunninghill a Harare. Lo ha scritto il britannico 'Daily Mail'.
Dovunque si trovi, il rais è ancora in grado di inviare messaggi. L'ultimo attraverso il suo portavoce: "Gheddafi è pronto a trattare" ha detto telefonando all'Associated Press di New York, Mussa Ibrahim. Il Colonnello è intenzionato a discutere con il Cnt la formazione di un governo di transizione. Secondo Al Jazeera, il portavoce ha spiegato anche che Gheddafi si trova in territorio libico e ha nominato il figlio Saadi "capo negoziatore". Il portavoce, identificato dalla voce, ha dichiarato all'Ap - scrive il sito di Al Jazeera - di aver visto l'ultima volta Gheddafi venerdì.
Ma i ribelli non hanno niente da trattare. La loro bandiera sventola ormai sulle ambasciate della maggior parte del mondo. Quello che chiedono e che vogliono invece è che il Colonnello si arrenda. E questo è quanto ha risposto Ali Tarhouni, ministro delle Finanze del Cnt, al portavoce dell'ex raìs. "Non avrà luogo alcun negoziato", ha detto Tahrouni, "se Gheddafi si arrende, poi negozieremo e lo prenderemo in consegna". E ha aggiunto: "Non siamo davvero sicuri di dove si trovi". Anche la Gran Bretagna è d'accordo. L'offerta di Gheddafi di trattare la transizione è "delirante", ha detto il ministro degli Esteri britannico William Hague sottolineando che il trasferimento di poteri in Libia è già in corso.
Nel frattempo continua l'avanzata dei miliziani di Bengasi che "hanno conquistato Bin Jawad", sul fronte orientale, e informano di aver preso anche il controllo della strada che porta da Tripoli a Sabha, roccaforte di Muammar Gheddafi nel deserto meridionale. L'intenzione degli insorti è di avanzare su Sabha dopo aver preso il controllo della città costiera di Sirte, dove stanno negoziando la resa dei lealisti del Raìs. "Se rifiutano di arrendersi, prenderemo Sirte con la forza", ha detto il portavoce militare del Cnt, il colonnello Ahmed Omar Bani in una conferenza stampa, senza fornire maggiori dettagli sui negoziati con i lealisti. Inoltre, scontri di artiglieria pesante sono in corso da ieri pomeriggio nei pressi della località di Ragdaline, a una sessantina di chilometri dalla frontiera tunisina.
Una nuova strage, intanto, è stata compiuta dai fedelissimi di Gheddafi in fuga: circa 170 prigionieri sono stati uccisi e i cadaveri bruciati in un edificio a circa 30 metri dalla base della 32/a brigata, guidata da Khamis Gheddafi, conquistata sabato dai ribelli sulla strada per l'aeroporto di Tripoli. Lo ha constatato l'inviato dell'Ansa sul posto.
Il Cnt, inoltre, è molto preoccupato per la sorte di circa 50mila persone, arrestate dalle milizie di Gheddafi e di cui però non ci sarebbero più tracce. Dopo che le milizie ribelli hanno conquistato Tripoli, oltre 10mila detenuti sono stati liberati dalle carceri libiche. "Il numero di persone arrestate negli ultimi mesi dal regime è stimato fra i 57mila e i 60mila" ha spiegato il colonnello Bani.
Il Consiglio nazionale di transizione in Libia ha inoltre denunciato la crisi umanitaria che sta attraversando la capitale Tripoli: per questo motivo, il portavoce del Consiglio ha esortato tutti i medici libici che lavorano all'estero a rientrare immediatamente nel Paese. Inoltre, ai microfoni di Al Jazeera ha aggiunto, a causa dell'elevatissimo numero di feriti sono necessari medicinali ed equipaggiamento medico.
L'Eni si prepara al check up degli impianti in Libia - I ribelli hanno fatto sapere di aver ripaparato un gasdotto dalla Libia verso l'Europa: "Il gasdotto ha ripreso a fornire le stazioni di servizio e la raffineria di Mellitah", ha detto oggi il portavoce del Cnt Ahmed Bani in una conferenza stampa. "Il gas inizierà a fluire verso l'Europa", ha aggiunto, senza però precisare i tempi di ripresa. Anche la raffineria di Ras Lanuf è ancora intatta, nonostante i bombardamenti e i violenti combattimenti nell'area. Lo ha riferito il responsabile dell'impianto Nagib Burweiss. "Da febbraio - ha detto - abbiamo chiuso l'impianto ma ora stiamo pensando di riaprirlo e siamo pronti a farlo".
La priorità dell'Eni, intanto, è quella di fare un check up degli impianti di gas e petrolio in Libia. Nei giorni scorsi il ministro degli Esteri Franco Frattini aveva anticipato che oggi, l'Eni avrebbe firmato degli accordi importanti che faranno sì che "l'Italia resterà il primo partner economico" della Libia. Anche per questo l'Ad Paolo Scaroni oggi vola a Bengasi per verificare di persona come stanno condotte e piattaforme nei punti più funestati dalla battaglia tra gli insorti e le milizie di Gheddafi. Ufficialmente è tutto a posto, fermo restando - come già affermato dallo stesso Scaroni - che per riavviare le produzioni di petrolio ci vogliono, a seconda delle zone, dai 6 ai 18 mesi.
Ma i timori maggiori sembrano essere per gli impianti di metano. Proprio quelli di cui Scaroni aveva detto di voler privilegiare la ripartenza "perché - aveva spiegato - mentre non esistono problemi di sicurezza dell'approvvigionamento per quanto riguarda il petrolio, a me affrontare l'inverno con una delle fonti tradizionali ferma non piace per niente".
E stando a fonti locali alcuni danneggiamenti ci sarebbero stati. Ma se in alcuni casi si tratterebbe di semplici saccheggi di arredi e computer il rischio è che la guerra abbia invece compromesso il funzionamento di parti più rilevanti e delicate degli impianti come condotte, valvole e compressori. Soprattutto si teme per il polo costiero di Mellitah, area particolarmente coinvolta dalla battaglia. Mellitah è un punto strategico per Eni perché è proprio da lì che parte la conduttura Greenstram verso la Sicilia. Ed è sempre lì che confluiscono e vengono lavorati petrolio e metano. Si tratta di impianti complessi che se danneggiati richiederebbero anche mesi di lavoro per essere riparati. Non dovrebbero esserci problemi invece negli impianti Eni alla periferia di Tripoli o nel deserto, così pure come per i giacimenti della Cirenaica del sud.
Le amazzoni accusano il colonnello di stupro - Cinque delle bellissime amazzoni che facevano parte della guardia scelta di Muhammar Gheddafi ora accusano il colonnello e i suoi figli di stupro e abusi. Lo rivela il 'Sunday Times of Malta'. Riferisce il giornale maltese che le body guard del raìs hanno rivelato la loro drammatica vicenda ad una psicologa di Bengasi, Seham Sergewa. Le loro testimonianze andranno ad arricchire il dossier che raccoglie le prove delle violenze commesse da Gheddafi e che sarà presentato alla corte penale internazionale o ai giudici che eventualmente processeranno il colonnello nel paese.
Una della ragazze ha raccontato a Sergewa di essere stata ricattata e costretta a entrare a far parte della guardia scelta del colonnello, composta da circa 400 donne, dopo che suo fratello era stato artatamente accusato di traffico di droga di ritorno da una vacanza a Malta. "Non avevo alternative - ha riferito l'amazzone - diventare body guard di Gheddafi o sopportare il fatto che mio fratello rimanesse in carcere per il resto della sua vita".
Secondo quanto ha rivelato Sergewa al 'Sunday Times of Malta' alla ragazza che "era stata anche espulsa dall'università era stato detto che soltanto Gheddafi avrebbe potuto fare qualcosa per lei. Lei aveva accettato di vedere il colonnello, di parlargli. E dopo essere stata sottoposta a visite mediche e a test anti-Aids era stata portata a Baba Al-Aziziya dove aveva trovato il rais in pigiama". "Lei, che considerava da sempre Gheddafi un padre, il leader della nazione - racconta Sergewa - rimase scioccata e rifiutò le sue avances. Così lui la violentò". Come hanno raccontato anche le altre, dopo aver subito ogni abuso, dal colonnello venivano cedute ai figli e agli alti ranghi del regime.
[Informazioni tratte da Adnkronos/Aki, Repubblica.it, Corriere.it]