Cacciatore di teste
La storia di un uomo solo e disperato. Nel film di Costa-Gravas il declino della classe medio-alta
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CACCIATORE DI TESTE
di Constantin Costa-Gavras
Una moglie affascinante, due figli adolescenti molto vivaci, una casa grande e confortevole, una bella macchina: Bruno Davert ha tutto per essere felice secondo i 'buoni' criteri della nostra società dei consumi. Bisogna dire che queste comodità lui se la è guadagnate. Quindici anni di duro lavoro come ingegnere chimico in un'impresa specializzata nel trattamento della carta. Dove le sue indubbie competenze hanno dato grandi vantaggi economici alla società. Ma un giorno la notizia cala come una mannaia (le couperet del titolo) sulla sua scrivania: licenziato insieme a un centinaio di colleghi a causa di una ristrutturazione aziendale. Convinto di essere ancora giovane e di avere competenze soddisfacenti, pensa di poter trovare in breve tempo un altro lavoro simile a quello perduto. Tre anni dopo, essendo ancora disoccupato, Bruno è decisamente angosciato perché non riesce più a garantire un livello di vita soddisfacente alla sua famiglia. Consapevole del proprio isolamento e con la 'sacra' missione di difendere il benessere della propria famiglia, decide di passare all'offensiva. Con implacabile e fredda strategia decide di eliminare, uno ad uno, i possibili concorrenti che potrebbero soffiargli un possibile impiego. Perché la fortuna bisogna aiutarla...
Cacciatore di teste è tratto dal romanzo ''The Ax'' di Donald Westlake. Il protagonista, Bruno Davert, è come la società in cui viviamo, dove nessuno si pone dilemmi morali sulle conseguenze della perdita di un posto di lavoro o della disoccupazione. Bruno non è un pazzo, è un uomo solo: solo perché ha perso il suo lavoro e non può confidarsi con nessuno, deve trovare una soluzione da solo. Probabilmente per la disperazione che lo anima, in una società evoluta come la nostra, Bruno sceglie una soluzione totalmente primitiva. Come spiega il regista Costa-Gavras: ''Esistono film di fantascienza, di fantapolitica, il nostro è fantasociale. Ci mostra dove porta la strada dell'individualismo e del capitalismo selvaggio che abbiamo intrapreso. Ovviamente, è una visione estrema, ma è un racconto morale molto contemporaneo''.
''Monsieur Verdoux (film di Charlie Chaplin del 1947) trucidava le donne per provvedere ai bisogni della sua famiglia. Oggi il mondo moderno sacrifica continenti interi per provvedere ai nostri immensi bisogni e a quelli delle nostre famiglie. La pace e la quiete dei pochi può essere ottenuta solo lasciando che la scure si abbatta su migliaia di nostri simili''. Constantin Costa-Gavras
Distribuzione Fandango
Durata 122'
Regia Constantin Costa-Gavras
Con Jose Garcia, Karin Viard, Olivier Gourmet
Genere Drammatico
Il lavoro ti uccide
Un dirigente arriva a uccidere per trovare lavoro. Ecco il declino della classe medio-alta
di Cesare Balbo (L'espresso)
In un clima inquieto che risente sempre più della precarietà del lavoro, aumentano i film che raccontano sofferenze e disagi legati alla vita professionale. Storie di abusi e soprusi ai danni di operaie in miniera come "North Country" che racconta di Josie (interpretata da Charlize Theron, nomination all'Oscar 2006) che, pur temendo di perdere il posto, non rinuncia a intentare una causa legale o di nuovi disoccupati della classe dirigente disposti a tutto, anche a trasgredire le norme di non rubare e non uccidere.
Se Dick & Jane: Operazione furto di D.Parisot remake da poco uscito di un film di Ted Kotcheff del 1977 ("Fun with Dick and Jane" da noi intitolato "Non rubare... se non è strettamente necessario" con George Segal e Jane Fonda) racconta in modo scanzonato la storia dei coniugi Harper (stavolta Jim Carrey e Tea Leoni) che incominciano a rubare una volta perso il lavoro, con Cacciatore di teste, c'è l'escalation drammatica dei delitti in serie.
Nel thriller diretto da Costa Gavras ("Z-L'orgia del potere" e "Missing") ed ambientato nel nord Europa si denuncia la nuova povertà, anche questa globale, dei manager licenziati dalle grandi multinazionali: l'ingegner Bruno Davert (José Garcia) è un dirigente di una fabbrica cartacea, che dopo 15 anni di dedizione assoluta al lavoro inspiegabilmente si trova senza occupazione con moglie e due figli da mantenere.
Il regista greco che da anni abita a Parigi, dove si è rifugiato dai tempi della persecuzione politica del regime dei colonnelli, nonostante gli Oscar vinti ha impiegato ben due anni prima di trovare un produttore per il suo ultimo film. Tanti quanti gli anni trascorsi dal protagonista del film dall'ultimo lavoro, un biennio in cui matura la sua propensione omicida. Così Bruno da mite padre di famiglia si trasforma in un insospettabile serial killer che uccide i potenziali concorrenti per un nuovo incarico: ben cinque delitti commessi senza odio alcuno ma con determinazione, nonostante l'incontrollabile tremolio delle mani.
Gavras che si è documentato a fondo prima di scrivere la sceneggiatura sostiene che "la trasformazione criminale di Bruno avviene a causa dell'isolamento e dell'emarginazione da cui inizialmente pensa di venir fuori per rimettersi in gioco, ma in realtà i giochi per lui sono chiusi". Un noir, non privo di humor, che pone interrogativi sul declino della classe medio-alta, quella che un tempo portava avanti l'economia.
La critica
''(...) perfido e intelligente film di Costa-Gavras (...)''
Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera'
''È un film incredibile. Duro, spietato, avvincente. Bellissimo. Bruno Davert è interpretato dal franco spagnolo José Garda, molto bravo. (...) Effettivamente, Cacciatore di teste potrebbe essere la versione horror e new-economy dell’Appartamento di Billy Wilder (...) Il film di Costa Gavras è profondamente hitchcockiano, perché si basa su uno dei meccanismi narrativi più cari a Hitchcock: l'empatia per il cattivo. (...) Forse la morale di Cacciatore di teste è proprio questa: la globalizzazione ci ha reso bestie. Ma bisogna stare molto attenti ad insultare le bestie paragonandole agli uomini.''
Alberto Crespi, 'l'Unità'
''Il veterano Costa-Gavras dirige una parabola che estremizza la legge della giungla dell'economia neoliberista. Dando il via a un nuovo genere di film che è consigliabile vedere e che, almeno dal punto di vista cinematografico, fa ben sperare.''
Roberto Nepoti, 'Vanity Fair'