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Calogero Mannino è stato assolto

Il senatore dell'Udc era accusato di concorso esterno in associazione mafiosa

23 ottobre 2008

La Corte d'appello di Palermo ha assolto l'ex ministro, oggi senatore dell'Udc, Calogero Mannino dall'accusa di concorso in associazione mafiosa. Confermando la sentenza di primo grado, i giudici hanno condannato la parte civile al risarcimento di tutte le spese processuali. La Corte è rimasta in Camera di consiglio quattro ore e mezzo. Per lui l'accusa pg aveva chiesto la condanna a 8 anni.
"Sono stordito...", ha commentato a caldo Mannino, dopo aver appreso nella sua abitazione palermitana dell'assoluzione. Ad annunciare al politico la sentenza è stato il figlio a telefono. "Finalmente, dopo 16 anni, dopo 16 lunghi anni, provo in senso di liberazione - ha detto Mannino - 16 anni sono davvero troppi. Era un processo che non andava celebrato". Calogero Mannino ha poi parlato della sentenza di assoluzione di primo grado: "Già in quella sentenza - ha spiegato - i giudici avevano messo le cose in chiaro. Avevano concesso all'accusa ciò che dovevano concedere, tracciando la linea tra la responsabilità e la non responsabilità. E la Corte di Cassazione è andata anche oltre. Ecco perché ritengo che il processo non andava fatto".

L'ex ministro ha riferito di avere ricevuto "decine di telefonate di felicitazioni" tra cui quelle del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e del presidente del Senato Renato Schifani.
Mannino, commosso, ha aggiunto: "Ora la mia innocenza è stata riconosciuta". "Sono soddisfatto della condanna del Comune di Palermo che si è costituito parte civile nel mio processo senza alcun fondamento di legalità. Il sindaco che decise di farlo (Leoluca Orlando, ndr) dovrà ora giustificarsi davanti alla Corte dei Conti". "Il sindaco di allora - ha continuato Mannino, senza mai citare Orlando - indulgeva all'antimafia-spettacolo".

In primo grado, il 5 luglio 2001, Calogero Mannino era stato assolto, poi era stato condannato in Appello a 5 anni e 4 mesi, l'11 maggio 2004, ma la Cassazione, il 12 luglio 2005 aveva annullato la sentenza con rinvio.
La parte civile è stata condannata dalla Corte d'Appello al pagamento delle spese processuali. In aula, accanto ai legali, Grazia Volo e Salvo Riela c'era il figlio Toto Mannino, avvocato penalista. Presente anche il presidente della Provincia di Trapani, Domenico Turano e l'ex deputato Udc Mariagrazia Brandara, oltre a numerosi collaboratori ed ex collaboratori del senatore Udc. "Finalmente c'è stata giustizia", ha detto l'avvocato Salvo Riela, uno dei legali dell'ex ministro. "Questa sentenza - ha aggiunto l'altro legale Grazia Volo - restituisce onore alla sentenza del Tribunale". "La sentenza del Tribunale - ha detto Riela - era una buona sentenza, ma fu pesantemente criticata dall procura. Poi la Corte di Cassazione mostrò di averla apprezzata e oggi la Corte d'Appello rafforza il giudizio".

Dall'arresto all'assoluzione - Calogero Mannino era accusato di avere intrecciato rapporti con la mafia, traendo profitto dall'appoggio di alcuni boss. L'inchiesta fu avviata oltre 14 anni fa, nel febbraio 1994, quando i pm della procura di Palermo gli notificarono un avviso di garanzia per concorso in associazione mafiosa. L'anno successivo Mannino venne arrestato, il 13 febbraio del 1995, su ordine di custodia firmato dal gip di Palermo, Alfredo Montalto, che aveva motivato il provvedimento con il pericolo di depistaggi nelle indagini. Rinchiuso nel carcere romano di Rebibbia per 23 mesi, si ammalò gravemente fino ad arrivare ad uno stato di deperimento che lo portò alla scarcerazione.
Il primo processo, quello poi conclusosi con l'assoluzione, fu tra i più lunghi mai celebrati: più di 300 udienze, 400 testimoni citati, dei quali 250 dall'accusa e 150 dalla difesa, compreso l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, 25 pentiti, da Tommaso Buscetta a Gioacchino Pennino, da Giovanni Brusca a Angelo Siino, che lo accusarono di essere uno dei referenti di Cosa nostra siciliana. Due gli episodi chiave contestati dalla Procura: la partecipazione di Mannino alle nozze del boss mafioso Leonardo Caruana, e una cena alla trattoria "Mosè", con esponenti di Cosa Nostra tra i commensali.
Il verdetto assolutorio di primo grado fu ribaltato in appello nel 2003 quando l'accusa portò in aula le dichiarazioni di un altro boss pentito, Antonino Giuffrè e del medico Salvatore Aragona, imputato in uno dei molti filoni dell'inchiesta sulle 'talpe' alla Dda. Quella volta la corte d'appello inflisse 5 anni e 4 mesi a Mannino riconoscendolo colpevole di concorso esterno in associazione mafiosa fino al 1994. Poi l'annullamento della Cassazione e il nuovo processo conclusosi oggi con l'assoluzione alla quale la Procura generale valuterà nei prossimi giorni se proporre nuovo appello in Cassazione o meno. [Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Repubblica.it, La Siciliaweb.it]

Ma il Pm chiede 6 anni per frode vinicola - Il pubblico ministero Cristina Pigozzo ha chiesto la condanna dell'ex ministro Calogero Mannino a 6 anni e 4 mesi di carcere per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla frode vinicola, falso, truffa ai danni dello Stato e minacce a pubblico ufficiale al fine di costringerlo a venire meno al suo dovere.
La richiesta è stata fatta l'altro ieri sera ma si è saputa ieri nel giorno dell'assoluzione di Mannino dall'accusa di concorso in associazione mafiosa.
Il pm ha, inoltre, invocato l'assoluzione per le accuse di estorsione e furto di vino dall'azienda di Roberto Casano, l'imprenditore di Pantelleria dalla cui denuncia è scaturito un filone dell'indagine.
Mannino, processato con rito abbreviato davanti al gup di Marsala Riccardo Ricciardi, era indagato, con altre 16 persone, in due inchieste poi riunite in un processo.

I filoni d'inchiesta erano relativi uno a frode in commercio nel settore vinicolo, vendita di sostanze alimentari non genuine, appropriazione indebita, falso ideologico e truffa aggravata, l'altro per truffa ai danni dello Stato.
In particolare, secondo l'accusa, Mannino avrebbe indebitamente percepito un finanziamento pubblico concesso, nell'ambito del Patto Territoriale, per la realizzazione, a Pantelleria, di un nuovo impianto per la produzione di vini speciali (azienda Abraxas).
Secondo la Procura di Marsala, Calogero Mannino, ritenuto "dominus" di fatto dell'azienda vinicola di Pantelleria "Abraxas srl", di cui è socio di maggioranza il figlio, assieme ad altri soci e all'enologo marsalese Luciano Parrinello, funzionario dell'Istituto della Vite e del Vino, avrebbe messo in commercio come genuini vini doc realizzati in violazione del disciplinare di produzione previsto per il moscato di Pantelleria. La stessa accusa è mossa anche ad altre ditte dell'isola, quali la Murana, la Enopolis e la Nuova Agricoltura. [La Siciliaweb.it]

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23 ottobre 2008
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