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Caos Lampedusa

Dopo i giorni della tensione, a Lampedusa alla fine è scoppiata la rivolta

26 gennaio 2009

Dopo i giorni della tensione, a Lampedusa alla fine è scoppiata la rivolta: sabato scorso sono stati centinaia gli immigrati a lasciare in massa il Centro di accoglienza dove sono stipati in 1.300 (dovrebbero essere non più di 850) e si sono riversano lungo le strade dell'isola, applauditi dagli abitanti che fin dalle prime ore della mattina li avevano spinti ad abbandonare la struttura al grido di "libertà liberta".
Due proteste diverse - quella dei clandestini, contro il blocco dei trasferimenti in altri centri sulla terraferma, e quella dei lampedusani, contro la realizzazione di un Centro di identificazione ed espulsione (Cie) nell'ex base navale Loran - che si sono saldate contro quello che agli occhi di entrambi gli schieramenti è l'unico colpevole: il ministro dell'Interno Roberto Maroni e la sua decisione di rimpatriare direttamente da Lampedusa gli immigrati sbarcati sull'isola.

Fonti del Viminale hanno precisato subito che è stato improprio parlare di 'fuga' di clandestini dal Centro di Soccorso e Prima Accoglienza di Lampedusa". "Si tratta appunto di un Cspa e non di un Cie, Centro di identificazione ed espulsione, struttura in via di allestimento sull'isola. Ed è questo il motivo - hanno precisato le stesse fonti - per cui la Polizia non è intervenuta, perché non è previsto l'obbligo di permanenza".
Per Giorgio Bisagna, coordinatore regionale Sicilia del Consiglio Italiano Rifugiati, "era prevedibile una fuga di massa come è effettivamente accaduto". "Da tempo - ha dichiarato all'Adnkronos - sia l'Alto Commissariato Onu per i rifugiati che altre ong denunciano che la struttura di Lampedusa non è in grado, né adesso né dopo le modifiche previste, di garantire le condizioni minime di sicurezza e di rispetto dei diritti umani fondamentali".

A LAMPEDUSA TUTTI CON DE RUBEIS - La folla lampedusana è stata tutta schierata con il sindaco Bernardino De Rubeis, acclamato come un eroe, da destra e sinistra, per la sua battaglia contro l'apertura del Centro di identificazione ed espulsione degli immigrati voluto dal ministro Maroni e appoggiato dalla senatrice leghista ed ex vice sindaco di Lampedusa Angela Maraventano.
La parlamentare, arrivata nell'isola nella tarda serata di sabato è stata accolta da un'ondata di fischi e offese. "Venduta, venduta. Vergogna, vergogna, vattene torna al Senato", hanno ripetuto alla senatrice, interrompendola mentre tentava di spiegare le ragioni della realizzazione del nuovo Cie. Ma la Maraventano, con il fazzoletto verde al collo, ha proseguito: "Non merito di essere condannata in questo modo vi spiegherò cosa sta succedendo a Lampedusa. Siete in cattive mani in questo momento ma io ho il coraggio di dire le cose come stanno, però fatemi parlare". "Non fatevi istigare, non mi condannate - ha continuato, anche con le lacrime agli occhi, la Maraventano - ho lavorato per voi al governo e qualcuno ha approfittato della mia assenza".
Non sono mancati momenti di tensione. Due gruppi di persone che stavano per arrivare alle mani sono stati bloccati dalle forze dell'ordine. Altri abitanti hanno cercato di strappare e di togliere la bandiera leghista che la senatrice aveva sistemato accanto allo scoglio, trasformato in un palco improvvisato.
Prima di tenere il comizio, l'esponente leghista, scortata da due carabinieri, ha lasciato la sua abitazione per raggiungere la piazza principale del paese. "Il vero colpevole di tutta questa situazione che si è creata con gli immigrati è il sindaco di Lampedusa. E' un Caino. Il giorno prima di togliermi la delega da vicesindaco mi ha abbracciato e mi ha detto 'tu sei per me una sorella'", ha attaccato accusando il primo cittadino di aver istigato la piazza. "Entro martedì prossimo verranno trasferiti o rimpatriati tutti gli immigrati clandestini che si trovano al Centro di prima accoglienza di Lampedusa. Me lo ha detto il ministro Maroni", ha poi aggiunto la senatrice. "In attesa del centro di espulsione - ha detto ancora l'esponente leghista - gli immigrati clandestini avranno un alloggio adeguato e una degna accoglienza".

"Io l'istigatore del popolo? Affatto. Ho soltato dimostrato di sapere gestire bene il fenomeno", è stata la replica del sindaco De Rubeis. Quanto alla "fuga" dal centro di accoglienza, De Rubeis ha detto: "Ma quale fuga? Quegli immigrati qualcuno li ha fatti uscire dal Centro di accoglienza... cosa hanno fatto i mille e passa poliziotti che sono qui sul territorio? Dovevano garantire che gli immigrati stessero nel centro e non l'hanno fatto". Ribadendo il no al centro di espulsione (''Lampedusa rischia di diventare un carcere a cielo aperto''), il sindaco ha annunciato per domani, martedì 27 gennaio, un altro sciopero generale e una manifestazione cui ha dato la sua adesione il presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo e alcuni parlamentari nazionali e siciliani. Al termine del comizio, tenuto nella piazza centrale, De Rubeis ha accusato un malore e ha fatto ricorso a cure sanitarie. Dopo una visita medica al pronto soccorso, è stato dimesso ed è rientrato a casa.

La Maraventano ha annunciato che denuncerà il sindaco per avere aizzato i lampedusani e provocato la fuga dal centro; De Rubeis la ricambierà con un esposto contro la parlamentare che avrebbe fomentato la ribellione contro l'amministrazione. Ma di tutto ciò alla Procura di Agrigento non c'é traccia. La senatrice ha infine detto: "Ho appreso da alcuni servizi che sarei uscita sconfitta dopo il mio comizio. Ciò è falso: ho ricevuto stima e solidarietà da buona parte dei miei concittadini. Chi mi ha offeso è una minoranza, discepoli del sindaco, del Pd, e dei detrattori dell'operato di questo governo e del ministro Maroni".
Sulla questione è intervenuto anche il ministro dell'Interno Roberto Maroni che in una intervista al 'Corriere della Sera' ha attaccato l'opposizione: "Questa sinistra che va giù a sobillare gli animi degli stranieri e a stringere la mano al sindaco è la stessa che lo definì razzista e xenofobo quando De Rubeis disse 'non vogliamo gente di colore perché puzza'. E' un atteggiamento di violenta strumentalizzazione quando invece sarebbe necessaria collaborazione per gestire il fenomeno". Per Maroni, tra l'altro, il sindaco di Lampedusa "è in malafede. La polizia sta predisponendo un rapporto per l'autorità giudiziaria perché comportamenti che fomentano i clandestini sono penalmente rilevanti".

Alla fine della fiera secondo il ministro Maroni e il premier Berlusconi, a Lampedusa "la situazione è sempre stata ed è sotto controllo". "A Lampedusa è tutto a posto, è una situazione assolutamente contingente - ha detto il presidente del Consiglio - anche perché non vedo dove questi immigrati possano andare: c'è un mare impossibile e non possono far altro che stare lì". E subito dopo ha aggiunto: "quelli che arrivano lì sono liberi di muoversi, non è mica un campo di concentramento. Sono liberi di andarsi a prendere una birra; sono andati in paese come fanno di solito". Pure Maroni ha ripetuto che "non c'è alcun problema particolare".



SI CERCA LA STRADA DEL RIMPATRIO - L'intesa con la Tunisia e l'applicazione dell'accordo con la Libia per il pattugliamento delle coste da cui partono le migliaia di disperati che si riversano su Lampedusa: è una partita su due fronti quella che il ministro dell'Interno - appoggiato da tutta la Lega che lo ha esorta ad andare avanti - sta giocando per chiudere, come ha annunciato più volte nell'ultimo mese, l'emergenza sbarchi nell'isola delle Pelagie. Ribadendo ancora una volta che chi arriva e non ha diritto di rimanere sarà rimandato a casa direttamente da Lampedusa. Che la partita sia tutt'altro che conclusa, è stato lo stesso premier Silvio Berlusconi a dirlo ieri dopo che sabato aveva dato praticamente per fatto l'accordo con la Tunisia. "Stiamo lavorando, ma nessuno ha la bacchetta magica" ha ammesso il Cavaliere sottolineando che "ci saranno incontri con Maroni e Frattini per mandare avanti i rapporti con Tunisi".
Dunque il vertice di domani in Tunisia, con Maroni da un lato e il presidente Ben Alì e il ministro dell'Interno dall'altro, servirà soprattutto per capire le richieste di Tunisi. Perché é scontato che il paese nordafricano non si riprenderà i circa 1.100 immigrati che si trovano attualmente nel Centro di Lampedusa senza una contropartita. Ma non solo: qualora si trovasse l'accordo, bisognerà poi discutere le modalità di rimpatrio degli extracomunitari. Quel che è certo, a differenza di quanto affermato dallaMaraventano è che domani non ci sarà l'esodo di massa da Lampedusa in direzione di Tunisi, con buona pace dei lampedusani che hanno già indetto uno sciopero generale. Anche perché c'è un reale problema di sicurezza: convincere 1.100 persone che non ne hanno alcuna intenzione a salire sugli aerei per essere rispedite a casa, non è affatto scontato. E, anzi, è possibile che a quel punto scatti la vera rivolta degli immigrati.

Dunque ogni spostamento deve essere pianificato nei dettagli per evitare problemi; è molto probabile quindi che la strada che verrà percorsa sarà quella di rimpatriarne un po' alla volta.
Diverso il discorso per i circa 300 immigrati che non sono tunisini: i richiedenti asilo, un'ottantina di donne oltre a circa duecento tra extracomunitari del Bangladesh e della Nigeria. Resteranno anche loro ancora a Lampedusa per qualche giorno ma alla fine verranno trasferiti in altri centri.
Altro discorso ancora è quello riguardante la Libia. La delegazione inviata dal Viminale è rientrata in Italia dopo una serie di incontri che hanno consentito di approfondire ancora le questioni in sospeso ma senza l'atteso 'via libera' di Gheddafi. Il perché è stato sempre il premier a spiegarlo. "Abbiamo in Parlamento un accordo fatto con la Libia che abbiamo tardato ad approvare e dove c'é l'impegno del presidente del Senato ad approvarlo entro il 31 - ha detto Berlusconi - in modo che la Libia possa mettere in atto quelle misure di controllo delle coste contenute nell'accordo". "Ma finché l'accordo non esce come definitivo dal Parlamento - ha aggiunto il Cavaliere - la Libia si ritiene come non impegnata a promuovere quelle attività stabilite".

LE DONNE INIZIANO LO SCIOPERO DELLA FAME - Mentre è tornata calma la situazione nel Cpa di Lampedusa, dove da ieri mattina due camionette della polizia sono ferme a 500 metri bloccano l'accesso alla strada che porta alla struttura, la tensione è salita nell'ex base navale "Loran", dove dovrebbe sorgere il centro di identificazione ed espulsione. Molte delle donne ospiti nella struttura, per lo più tunisine e marocchine, hanno cominciato lo sciopero della fame. Le migranti sono state trasferite nell'ex base navale la notte tra giovedì e venerdì. La decisione di spostarle dal Cpa, che ospita ora 1.300 persone nonostante abbia una capienza massima di 850 posti, è nata per evitare eccessiva promisquità con i maschi presenti nel centro d'accoglienza.
Le immigrate non mangiano da sabato sera. Hanno scelto lo sciopero della fame per protestare contro il temuto rimpatrio nei paesi d'origine. Oltre alle tunisine e alle marocchine nell'ex base navale ci sono diverse nigeriane richiedenti asilo politico. 

- "Non torno in Tunisia, piuttosto mi uccido" di Francesco Viviano

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26 gennaio 2009
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