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Casini... nucleari. Il leader dell'Udc ha pronta una mozione da presentare alla Camera per rilanciare l'energia dell'atomo

19 settembre 2007

''Stiamo perdendo terreno in Europa e nel mondo [...] Paghiamo i costi di energia di più rispetto a tutti i nostri vicini di casa [...] Siamo usciti irresponsabilmente dal nucleare per un referendum che fu convocato sotto l'onda emotiva di Chernobyl''.
Scopriamo così che il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, è un convinto sostenitore della necessità di tornare a puntare sull'energia nucleare, tanto convinto d'avere già pronto una mozione da depositare alla Camera. ''Il nostro - ha denunciato l'ex presidente di Montecitorio - è il paese dei no: no al nucleare, no ai rigassificatori, no a centrali di smaltimento dei rifiuti, no a tutto quello che colma un ritardo strutturale della modernizzazione dell'Italia. Il mio è un grido di allarme che deve tradursi in proposta politica. Il nucleare è una scelta obbligata per un paese che si vuole modernizzare''.
Secondo Casini, infatti, occorre ''reimpostare seriamente il tema della ricerca sul nucleare, un nucleare sicuro, che non inquini, che rappresenti una fonte di energia pulita''.

Casini ha poi parlato della Conferenza sui cambiamenti climatici, che si è tenuta a Roma nei giorni scorsi, come di una grande occasione perduta. ''La conferenza sul clima è stata un'occasione perduta. Fior di scienziati, non schierati, hanno spiegato che in quella conferenza c'è stato un inquinamento dei dati su cui è stato costruito il materiale informativo, consegnato alla stampa e all'opinione pubblica presenti alla conferenza''. Insomma, il leader dell'Udc ce l'ha con il governo e con il ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio. ''Con un governo che organizza una conferenza mondiale in questo modo, credo che ci sia solo da essere sconsolati - ha aggiunto Casini -. Speriamo che si possano rendere conto che il nucleare non è la bandiera della destra o della sinistra, ma una scelta obbligata per un paese che si vuole modernizzare''.

Ed aperture alla possibilità di riprendere la ricerca sull'atomo sono arrivate nelle settimane scorse sia dal presidente del Consiglio Romano Prodi sia dal ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani. Concessioni limitate alla questione della ricerca, mentre la possibilità di riprendere la produzione di energia incontra nell'attuale maggioranza un forte scetticismo. Sono molte infatti le difficoltà che si presenterebbero con il ritorno dell'atomo nel mix energetico italiano. I costi del nucleare sono altissimi e gli investimenti in tutto il mondo languono, mentre nessun paese è ancora riuscito a risolvere in maniera convincente il problema dello smaltimento delle scorie. L'Italia però è pronta a impegnarsi nella ricerca internazionale nel campo del nucleare di quarta generazione, così come ha assicurato il sottosegretario del ministero dello Sviluppo economico, Marco Stradiotto, partecipando in rappresentanza del governo italiano alla riunione ministeriale della Global nuclear energy partnership a Vienna. Com'è noto l'Italia è ''denuclearizzata'' dal 1987, cioè da quando vinse il referendum abrogativo convocato l'8 e il 9 novembre. In seguito a quel risultato vennero sospesi i lavori della centrale di Trino 2, chiusa la centrale di Latina, avviate verifiche sulla sicurezza delle centrali di Caorso e di Trino 1 e sulla possibilità di riconvertire quella di Montalto di Castro. Ma, dall'87, il tempo, e i molti black out energetici, hanno contribuito a smussare quel deciso no al nucleare. Con tutte le cautele dovute a un'opinione pubblica che si presume ancora assai diffidente, il sottosegretario Stradiotto ha annunciato che: ''Il nostro governo non vuole restare fuori dalla ricerca internazionale sul nucleare di nuova generazione ed è pronto ad approfondire le modalità più opportune per assicurare il proprio contributo al programma''.

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19 settembre 2007
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