Caso Denise: dopo 6 anni inizia il processo a Jessica Pulizzi
Era il primo settembre del 2004 quando Denise Pipitone fu sottratta all'amore di sua madre, Piera Maggio, che da allora la cerca senza tregua
Dice di "aver atteso questo momento per anni". Di aver nutrito la sua caparbietà con la fede, perché "l'unica cosa importante è ritrovare la mia bambina". Adesso, però, alla vigilia dell'apertura del processo a carico di Jessica Pulizzi, la sorellastra di Denise Pipitone, accusata del sequestro della piccola, sparita nel nulla il primo settembre del 2004 a Mazara del Vallo (TP), Piera Maggio non nasconde la tensione. "Sono molto nervosa - dice - questi sono giorni difficili, non che gli ultimi anni non lo siano stati. Ho vissuto nell'angoscia, ho fatto appelli o teso la mano anche a chi non ha voluto collaborare con gli investigatori, ho sopportato insinuazioni sul mio conto e sulla mia famiglia. Ma ora dico basta: adesso è arrivato il momento di andare avanti giuridicamente per scoprire la verità".
Non si arrende mamma Piera. E domani, martedì 16 marzo, giura che sarà presente in quell'aula di Tribunale a Marsala. "Spero - dice - di poter guardare fisso negli occhi queste persone, che per tutto questo tempo hanno continuato a dire assurdità e a calpestare il dolore di una madre".
Lo scorso 18 gennaio il gup di Marsala Lucia Fontana ha rinviato a giudizio Jessica Pulizzi, all'epoca dei fatti minorenne e oggi 22enne. L'accusa per lei è di concorso nel sequestro di Denise. Rinvio a giudizio anche per l'ex fidanzato della ragazza, il tunisino Gaspare Ghaleb, 24 anni, accusato di false testimonianze al pm.
Piera Maggio, insieme a Piero Pulizzi, padre naturale sia di Denise che dell'imputata, si è costituita parte civile. E il legale della famiglia, Giacomo Frazzitta, non nasconde la soddisfazione per la decisione del gup. "Per la prima volta - spiega - sarà applicata la legge su sequestro di minorenne, approvata lo scorso luglio, proprio dopo le dure battaglie della signora Maggio, che non ha esitato ad incatenarsi anche davanti al Quirinale per essere ascoltata. Il reato verrà discusso davanti a un tribunale ordinario collegiale e non più, come in passato, a un giudice monocratico. La nostra speranza ora è che la riapertura delle indagini e questo processo ci aiutino a trovare Denise".
Non è vendetta quella che chiede la signora Maggio, ma solo "giustizia e un'accelerazione delle indagini, perché - dice malinconicamente - purtroppo si è perso tempo utile a ritrovare mia figlia. Lo scorso 11 novembre insieme al mio avvocato ho chiesto al capo di gabinetto del ministro Alfano un'ispezione presso la Procura dei minori di Palermo, che ascoltò Jessica Pulizzi, all'epoca dei fatti ancora minorenne. Per due anni nei confronti di questa persona non si è proceduto".
E poi c'è la vicenda di un casolare a Villagrazia di Carini, nel palermitano, che potrebbe essere stato una delle prigioni della piccola Denise. La casa è stata localizzata, dopo una consulenza tecnica depositata dalla parte civile, seguendo le tracce telefoniche del cellulare di Anna Corona, mamma di Jessica Pulizzi. Piera Maggio durante una puntata della trasmissione 'Chi l'ha visto?' ha denunciato il mancato sequestro dell'immobile.
"Ecco, io voglio che qualcuno mi spieghi il perché di questi ritardi". Il gip di Marsala Caterina Greco ha incaricato gli esperti del Ris di Messina e Roma di effettuare un "accertamento tecnico irripetibile" nell'immobile, mentre l'avvocato Frazzitta ha già prodotto le visure catastali di altri cinque immobili, tutti adiacenti il casolare, che sarebbero stati nella disponibilità di Antonino Cinà, nipote di Anna Corona.
Ma la burocrazia e la magistratura hanno tempi troppo lunghi per una mamma che, in un'affollata mattina di mercato del 2004, un mercoledì, è stata privata della sua bambina. Pochi minuti, forse dieci, sono bastati perché Denise fosse inghiottita nel nulla, davanti casa in via Domenico La Bruna, un quartiere alla periferia nord di Mazara del Vallo. Un cuginetto racconta alla nonna di averla vista poco prima. Poi più nulla, nessun testimone, nessuna traccia. Immediata la denuncia ai carabinieri e le ricerche.
Nelle prime ore dopo la sparizione l'allora procuratore capo di Marsala, Silvio Sciuto, è ottimista: "La bambina è viva e si trova in città", dice davanti a telecamere e giornalisti. La pista privilegiata è quella di una vendetta privata, maturata nell'ambito familiare, fatto di contrasti e gelosie tra la nuova e la vecchia famiglia del padre di Denise. Già, perché Jessica e Denise hanno lo stesso papà e l'ipotesi degli investigatori è che la ragazza possa aver identificato in Piera Maggio la responsabile della separazione dei suoi genitori. Per tutto il mese Mazara del Vallo è passata al setaccio. Polizia, carabinieri, reparti speciali e unità cinofile percorrono strade, fiumi, grotte, pozzi, anfratti. Della piccola, però, non c'è traccia.
Alla pista privata se ne affiancano altre, come l'ipotesi legata a riti occulti o traffici di organi. Tutta l'Italia si mobilita per il piccolo angelo di 4 anni: le segnalazioni si moltiplicano. Ognuna viene vagliata, analizzata, studiata. Perché anche il più piccolo particolare può rivelarsi utile, fondamentale. Piera Maggio, intanto, non si arrende. L'importante è tenere alta l'attenzione. E così ad uno ad uno i giornali, le emittenti tv, i convegni e le piazze parlano di lei: della bimba castana dai grandi occhi scuri con una cicatrice appena sotto l'occhio.
Nell'ottobre del 2004 le indagini sembrano imboccare la pista giusta. Una speranza arriva da un filmino girato con un videotelefono da una guardia giurata davanti una banca di Milano. Nei pochi fotogrammi una bambina, Danas, in compagnia di una donna rom. Quelle immagini fanno il giro dell'Italia, rimbalzano da una tv all'altra. Mamma Piera giura: "E' lei Denise". Gli investigatori, però, sono cauti. Le segnalazioni si susseguono: la bimba è vista a Cremona, a Verona, a Bologna. Poi fuori dai confini italiani. Ma gli accertamenti danno ogni volta esito negativo: quelle bambine non sono Denise Pipitone.
Poi la pista della vendetta familiare trova nuovo impulso. Jessica Pulizzi, la sorellastra di Denise viene iscritta nel registro degli indagati. Per gli investigatori avrebbe un ruolo nel sequestro della bambina. A tradirla sarebbe stata una frase, pronunciata in dialetto, mentre aspettava di essere sentita in Questura pochi giorni dopo la scomparsa della bambina e registrata da alcune cimici. "Io a casa cià purtai", dice Jessica alla madre che la interroga su dove fosse stata quel maledetto primo settembre. Il racconto di Jessica non convince gli investigatori, soprattutto perché il tabulato telefonico smentisce le sue dichiarazioni. L'allora 17enne nelle ore in cui Denise spariva nel nulla si trovava proprio nella stessa zona del sequestro. A confermarlo ci sarebbero i segnali lasciati dal suo cellulare. Il 22 settembre Jessica fornisce una nuova versione, ma ancora una volta il suo alibi frana, smentito da alcuni testimoni. Da quel momento, però, Jessica si avvale della facoltà di non rispondere anche se si dichiarerà sempre estranea al sequestro. Una scelta che Piera Maggio condanna senza mezzi termini: "Una persona innocente risponde. Come si può rimanere in silenzio di fronte al dramma di una mamma e della sua bambina?". Per gli investigatori nella vicenda della scomparsa della piccola probabilmente si possono individuare due fasi: una prima che ha visto un coinvolgimento di Jessica Pulizzi e una seconda in cui la piccola potrebbe essere stata affidata a terze persone, magari dei nomadi, che la sorellastra di Denise conosceva.
E' il 2007 quando le "verità" di Giuseppe D'Assaro gettano nello sconforto l'Italia intera. Il sedicente collaboratore si autoaccusa di aver gettato in mare il corpo senza vita della piccola. Ma nelle sue agghiaccianti rivelazioni l'uomo tira in ballo anche Rosalba Pulizzi, zia di Denise e sua ex moglie, sostenendo che dopo il rapimento la donna avrebbe portato la bambina nell'abitazione della figlia Giovanna e del genero Antonino Cinà, a Palermo. Li' la bimba sarebbe morta stroncata da una dose massiccia di tranquillanti. Rosalba Pulizzi e Giovanna D'Assaro negano. "E' un pazzo" dicono. "Nei confronti del mio ex marito - aggiunge Rosalba Pulizzi - provo rabbia e ribrezzo perché è un assassino, un pazzo. Io non potrei mai fare del male ad una bambina perché sono una mamma". Per gli investigatori D'Assaro ha una scarsa attendibilità. Anche Piera Maggio respinge l'ipotesi della morte. Con forza. "Mia figlia è viva - dice -, ne sono certa. E' un legame il mio, che mi permette di andare avanti e di credere, so che lei è ancora su questa terra, ho dei segnali. D'Assaro è una persona malata, che forse aveva appreso qualcosa e ci ha costruito sopra le sue dichiarazioni farneticanti".
In questi lunghi sei anni mamma Piera non si è mai arresa. Ha creato un sito, www.cerchiamodenise.it, si è spesa per far riconoscere il reato di sequestro di minori e per sensibilizzare l'opinione pubblica sul dramma di tante mamme, a cui proprio come lei, è stato strappato all'improvviso "un pezzo di vita e di cuore". "Non c'è giustificazione, si deve essere dei mostri per prendersela con una bambina" dice e a giornalisti ed investigatori ripete con ostinazione: "E' viva. Questa storia non è ancora finita".
A chi le chiede quale sia la sua più grande paura quando ritroverà la figlia, la signora Maggio risponde: "Ho paura di non riuscire a riportarla indietro. Ho paura che non ritroverò più la Denise che ho lasciato, quella con cui giocavo. Ho sognato spesso in questi anni il nostro incontro - ammette -. Mi auguro che lei mi riconosca, che possa avere qualche ricordo del mio viso. Spero di poter ricominciare con lei da dove abbiamo interrotto, anche se so che chi l'ha portata via ha stravolto la sua vita e la sua identità".
A sostenerla c'è l'affetto della gente. "Anche questo mi da' la forza di andare avanti. Inizialmente qualcuno non ha capito - si rammarica mamma Piera -, sono stata vittima del chiacchiericcio e del pregiudizio, ora il mio dramma è compreso da tutti''. Ci sono voluti, però, quasi sei anni di sofferenza e un impegno ingente, anche economico. Già, perché "le spese sono tante e le famiglie dei bambini scomparsi non vengono sostenute finanziariamente da nessuno. In cinque anni e mezzo ho dato fondo ai miei risparmi, ma non mi arrenderò mai. Devo andare avanti". [Rossana Lo Castro - Adnkronos]