Cassa integrazione da record
Nel mese di marzo 455mila lavoratori italiani in cassa integrazione
Torna a cresce la richiesta di ore di cassa integrazione a marzo. Numeri che ci fanno tornare indietro di quasi un anno. Precisamente al maggio dello scorso anno. Le 99.722.546 ore registrate lo scorso mese, spiega l'Osservatorio della Cgil che ha elaborato le rilevazioni dell'Inps, segnano un incremento consistente su febbraio pari ad un +21,63%, mentre da inizio anno il monte ore complessivo è pari a 236.692.010 per un +2,10% sullo stesso periodo del 2011. Dietro questa mole di ore sono coinvolti oltre 455mila lavoratori che hanno subito un taglio del reddito per circa 908 milioni di euro, pari a 1.900 euro per ogni singolo lavoratore.
"Le cifre dimostrano che ci sono lacerazioni sempre più profonde dietro lo stillicidio quotidiano di dati drammatici, dall'esercito di cinque milioni di persone in cerca di un lavoro che non trova al pesantissimo tonfo degli ordinativi nell'industria, fino ai spaventosi dati sulla cassa" dice il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere.
Nel dettaglio dell'analisi della Cgil, il ricorso alla cassa integrazione ordinaria (cigo) torna a crescere considerevolmente a marzo (+12,83% sul mese precedente per un monte ore pari a 28.376.553). Nei primi tre mesi il totale delle ore di cigo è stato pari a 73.824.858 con un aumento sullo stesso periodo dello scorso anno del +21,79%. "La cigo aumenta in tutti i settori tranne l'edilizia che 'compensa' negativamente con la richiesta di ore in crescita per la cassa straordinaria e quella in deroga", spiega il rapporto.
In forte aumento la richiesta di ore anche per la cassa integrazione straordinaria (cigs) dove il monte complessivo registrato a marzo è stato pari a 33.733.721 per un +30,93% su febbraio. Le ore registrate in questi tre mesi del 2012 (80.899.375) segnano un -14,65% sullo stesso periodo dell'anno passato. "Professionisti, artisti, scuole private, istituti di vigilanza, case di cura private, e altro ancora: sono queste le attività che sopportano il 51% del totale delle richiese di cigs. Mentre il commercio al minuto subisce una richiesta sostenuta sul mese precedente del +103,34%", spiega il rapporto.
Infine la cassa integrazione in deroga (cigd) con le sue 37.612.272 ore di marzo aumenta consistentemente sul mese precedente del +21,04%, così come il dato del periodo gennaio-marzo, pari a 81.967.777 ore autorizzate, segna un +7,27% sullo stesso trimestre del 2011. I settori che presentano un maggiore volume di ricorso alla cigs in questi tre mesi sono quello del commercio con 29.551.967 ore (+28,37%) - pari al 36% del totale delle ore di cigd - e il meccanico con 16.264.584 (-28,67%). Le regioni maggiormente esposte con la cassa in deroga da inizio anno sono la Lombardia con 15.656.157 ore, il Lazio con 9.783.411 ore e l'Emilia Romagna con 8.948.556.
E' crisi nera - Meno iscrizioni e più cessazioni: è così che, nel primo trimestre del 2012, si è allargata la forbice della vitalità delle imprese tra chi sceglie di entrare sul mercato creando una nuova attività (sono stati in 120.278 tra gennaio e marzo) e chi, al contrario, ne è uscito (in tutto, 146.368). In particolare, rispetto allo stesso periodo del 2011, le iscrizioni sono diminuite di 5mila unità mentre le cessazioni sono aumentate di ben 12mila unità, con il risultato di un saldo del periodo pari a -26.090 imprese. Praticamente il triplo rispetto ai primi tre mesi del 2011, quando erano mancate all'appello "solo" 9.638 imprese. In termini relativi, la riduzione dello stock delle imprese nel I trimestre è stata pari al -0,43%, contro il -0,16% del 2011.
Questo, in sintesi, il quadro che emerge dai dati sulla nati-mortalità delle imprese italiane nel primo trimestre dell'anno, fotografati da 'Movimprese' e resi noti ieri a Lecce dal presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. "La 'macchina del tempo' dell'anagrafe delle imprese riporta quindi le lancette al primo trimestre del 2009, quando si registrò un saldo negativo pari a -30.706 unità e un tasso di crescita del -0,5%, allora risultato della fortissima crisi economico-finanziaria esplosa l'anno precedente. Oggi, la brusca frenata della vitalità imprenditoriale è l'evidente risultato della fase di recessione avviatasi nella seconda metà dello scorso anno e dell'accresciuta e diffusa difficoltà ad entrare nel mercato", ha spiegato Unioncamere. "I successi del Made in Italy nel mondo da soli, non bastano a sostenere l'occupazione e a ricostruire il benessere dei territori andato perso nella crisi di questi anni" ha commentato il presidente Dardanello. "L'anagrafe delle imprese - ha proseguito - è uno specchio fedele dell'immagine dell'economia reale che oggi ci viene restituita per quello che è: segnata da profonde difficoltà e da una diffusa incertezza nel futuro. C'è bisogno di politiche di sostegno dell'impresa più piccola, quella diffusa da cui dipende il destino di milioni di famiglie e di giovani". "Oltre a credito e semplificazione servono azioni straordinarie sul fronte occupazionale e fiscale. Le Camere di commercio - ha concluso il presidente di Unioncamere - intensificheranno l'impegno a sostegno del tessuto economico, soprattutto di quello meridionale più in difficoltà in questo momento".
Il quadro di Unioncamere è perfettamente aderente a quello che emerge da uno studio di Confindustria Palermo, che descrive una "crisi nera" fatta di imprese fallite e altre costrette a ricorrere agli ammortizzatori sociali per i quali si registra un vero e proprio boom negativo. E, poi, i problemi di accesso alla cassa integrazione in deroga, per ritardi e pastoie burocratiche.
I numeri forniti da Confindustria sono chiari. Nel 2011 sono state 199 le sentenze di fallimento formulate dal Tribunale del capoluogo siciliano. Al 15 aprile del 2012 sono già 29. In tutta la Regione l'anno scorso i fallimenti erano stati circa 600: il che vuol dire che è a Palermo che si concentra una buona fetta del malessere dell'economia regionale.
Per quanto riguarda la Cassa integrazione, nel periodo che va dall'ultimo trimestre 2011 al 15 aprile 2012, c'è stato un incremento del 145% di ore di Cig. Un stop interessa la cassa integrazione in deroga per una paralisi del processo autorizzativo. Sono 380 le imprese palermitane che hanno richiesto l'attivazione dell'ammortizzatore sociale, ma la commissione apposita dell'Inps, istituita a marzo, secondo quanto sostiene Confindustria Palermo, è ferma e non ha deliberato finora nulla.
E le prospettive per l'anno da poco iniziato non sono affatto rosee: tra gennaio e febbraio 2012, infatti, "siamo già quasi al 50 per cento del numero dei lavoratori assistiti nel 2011", spiega Giosafat Di Trapani, presidente Piccola industria Palermo. "Sono numeri molto preoccupanti - aggiunge - e dimostrano che lo strumento attuale degli ammortizzatori sociali non è molto adeguato. Chiediamo una riflessione su questo aspetto che porta al disastro economico assoluto delle nostre aziende. Oltre che chiedere alle banche una maggiore attenzione per le imprese, ci sembra opportuno chiedere al legislatore una riforma della legge fallimentare. A Palermo abbiamo dei dati allarmanti, e questo crediamo che sia anche causato dai ritardi notevoli sul pagamento dello Stato alle aziende. Tutto questo va riequilibrato e ripensato, anche in un periodo temporaneo". Per Nino Salerno, vicepresidente di Confindustria Sicilia, "prima si registrava un ricambio: un'azienda chiudeva e un'altra apriva. Adesso chiudono e basta. Per questo chiediamo attenzione sulle problematiche attinenti al credito e sulla ristrutturazione delle aziende".
E 3 milioni di italiani il lavoro non lo cercano più... - Nel 2011, gli inattivi che non cercano lavoro ma sono disponibili a lavorare con 2 milioni 897 mila (+4,8%, pari a 133 mila unità in più su base annua), raggiungono il livello più elevato dal 2004. In percentuale delle forze di lavoro si passa dall'11,1% del 2010 all'11,6% del 2011.
Lo rileva l'Istat, diffondendo gli indicatori complementari al tasso di disoccupazione e aggiungendo che "in questo contesto, il divario di genere continua a rimanere elevato". L'incidenza dello scoraggiamento su questa categoria è, infatti, pari al 43%.
Guardando al confronto con l'Ue, l'Istat spiega che "si trovano in Italia un terzo dei circa 8,6 milioni di individui che nei Paesi dell'Unione europea dichiarano di non cercare lavoro ma di essere disponibili a lavorare, a fronte di poco più del 9% dei disoccupati italiani sul totale dei disoccupati Ue".
Anche in rapporto alle forze di lavoro, questo gruppo di inattivi è in Italia di gran lunga superiore quello Ue: l'11,6% in confronto al 3,6%. Peraltro, percentuali molto contenute emergono in numerosi Paesi tra i quali Francia (1,1%), Grecia (1,3%), Germania (1,4%) e Regno Unito (2,4%).
Quanto alle differenze tra la componente femminile e quella maschile, l'Istituto nazionale di statistica fa sapere che "in quasi tutti i Paesi dell'Unione europea, le donne inattive disponibili, in rapporto alle forze lavoro, sono in numero significativamente più elevato in confronto agli uomini. Tuttavia nel nostro Paese il divario è più ampio: il 16,8% delle donne rispetto al 7,9% degli uomini (4,5% a fronte del 2,8% nell'Ue)". A riguardo il report sottolinea che "oltre allo scoraggiamento, la cura dei figli e/o dei familiari rappresenta per la componente femminile il motivo più significativo della mancata ricerca del lavoro, interessando una donna su cinque", mentre per "la componente maschile rimane, invece, rilevante l'atteggiamento di attesa dei risultati di passate azioni di ricerca".
[Informazioni tratte da AGI, Repubblica.it, Adnkronos/Ign, ANSA, Lasiciliaweb.it, GdS.it, Corriere del Mezzogiorno]