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Catturato a Tenerife il latitante Salvatore Marino

L'uomo, nipote del boss mafioso di Paceco (TP), il 7 giugno scorso era stato condannato all'ergastolo per un triplice omicidio avvenuto nel bresciano

03 gennaio 2011

Sabato primo gennaio 2011 è stato catturato dalla polizia, sull'isola spagnola di Tenerife, il latitante siciliano Salvatore Marino. L'operazione è stata condotta dal personale della Squadra Mobile della Questura di Trapani, dal Servizio Centrale Operativo, dal Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia e dal Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, in collaborazione con la locale Polizia spagnola.
Marino, il 7 giugno scorso, era stato condannato all'ergastolo per il triplice omicidio di Angelo Cottarelli, della moglie Marzenna Topor e del figlio Luca, avvenuto a Brescia nell'agosto del 2006. Le vittime erano state prima sgozzate e poi finite con colpi di arma da fuoco alla testa. Salvatore Marino avrebbe agito con la complicità del cugino Vito Marino, imprenditore vitivinicolo, tuttora ricercato per lo stesso reato.

Salvatore Marino, 50 anni, nipote dello storico boss mafioso di Paceco Girolamo Marino conosciuto con il soprannome di "Mommo 'u nanu" per la sua statura, è stato riconosciuto da un agente della polizia penitenziaria italiana, in vacanza nell'isola spagnola, che ha immediatamente dato l'allarme. Il latitante viveva in un lussuoso residence.
Marino nel 2006 alla periferia di Brescia, in una villetta a Urago Mella, uccise tre persone, un'intera famiglia, per uno 'sgarro'. Marito, moglie e figlio furono legati prima di essere uccisi a colpi di pistola e sgozzati. Il movente della strage sarebbe maturato nell'ambito di una truffa da 12 milioni di euro ai danni della Regione Siciliana e dell'Unione Europea. Un affare già avviato con l'erogazione di 8 milioni per realizzare una cantina nel Trapanese. Angelo Cottarelli avrebbe avuto il compito di produrre le false fatturazioni che servivano per gonfiare le spese sostenute per la cantina. Dalle indagini della Guardia di Finanza era emerso che l'imprenditore ucciso gestiva di fatto la Dolma srl, una delle due società bresciane su cui era imperniato il trucco delle fatture gonfiate che coprivano il 90% del finanziamento ottenuto dalla Vigna Verde, di Paceco (Trapani) che aveva avviato l'attività e a cui era destinato il finanziamento. Ma qualcosa non sarebbe andata per il verso giusto e i Marino avrebbero organizzato una spedizione punitiva finita nel sangue, anche se i giudici della Corte d'assise d'appello hanno escluso la premeditazione. In pratica i due cugini trapanesi non sarebbero venuti a Brescia per uccidere ma un imprevisto li avrebbe indotti a compiere la strage.

L'accusa nei confronti di Salvatore e Vito Marino, assolti in primo grado, si è basata anche sulle dichiarazioni di Dino Grusovin, arrestato con loro nella fase iniziale delle indagini. Quest'ultimo aveva poi collaborato con gli inquirenti e le sue dichiarazioni avevano ricoperto un ruolo determinante per ricostruire la strage. Nel processo d'appello il verdetto nei confronti dei due imputati, che frattanto erano stati scarcerati dopo due anni di custodia cautelare, fu ribaltato. Ma i due cugini, sottoposti agli obblighi della sorveglianza speciale, subito dopo la sentenza si resero irreperibili. Ieri la latitanza di Salvatore Marino si è conclusa davanti agli agenti della squadra mobile di Trapani che da sei mesi gli davano la caccia.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Repubblica/Palermo.it]

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03 gennaio 2011
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