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Cervelli che vanno...

Congelato il programma di rientro per i ricercatori italiani all'estero. Dal Miur però dicono che non è esattamente così

12 maggio 2006

Ne sono scappati tanti e continuano a scapparne di ''cervelli italiani''. La storia è risaputa: giovani di bellissime speranza studiano con profitto nelle scuole italiane. Per questi studi si sacrificano genitori e figli, poi, il giorno in cui si conquista l'agognata laurea - e chi l'ha conquistata può camminare a testa alta forte della propria preparazione -, il mondo della ricerca nostrana (quella specifica parte del mondo del lavoro tanto importante per il futuro di ogni paese) fa sapere che non ci sono possibilità di inserimento, o per meglio dire, quelle che esistono sono... sono... inadeguate sia per la preparazione che sicuramente potrà offrire il neolaureato, sia per quel che riguarda la sussistenza dello stesso... Per dirla in maniera bruta ma efficace: ''Non c'è un euro! E se volte ricercare mettetevi in testa che prenderete uno stipendio da fame e che, molto probabilmente, tutto il vostro sacrificio potrebbe dall'oggi al domani finire dentro la pattumiera!''
Cosa rimane da fare ai nostri splendidi e giovani cervelli che tanto hanno speso per diventare seri professionisti e che, non bisogna dimenticarlo, tanto sono costati all'Italia? Andarsene dove vengono accolti, dove vengono pagati con retribuzioni più che adeguate e, cosa più importante, dove il loro lavoro, il loro ingegno, il loro impegno viene rispettato e riconosciuto come elemento principale e fondamentale.

Ecco che l'America, l'Australia, l'Olanda, la Svezia etc. etc., anno dopo anno vedono uscire fuori dai propri laboratori risultati che sanno dare continue svolte sia nell'ambito economico che in quello sociale, medico, ingegnieristico, e chi più ne ha più ne metta, e sicuramente, sempre più spesso, fra i nomi di chi ha permesso l'ennesimo successo si leggerà un altro cognome italiano.
I bei cervelli nostri non hanno tradito la patria andandosene via, a contribuire alla crescita di un paese straniero, hanno semplicemente fatto attenzione a non tradire se stessi e tutto quello che sono riusciti a costruire in tanti anni di appassionato studio.

Poi però, l'Italia ad un certo punto ha capito che un Paese moderno non può dirsi tale se fa scappare via le migliori risorse che ha, e allora il governo ha pensato che bisognava fare qualcosa per fare rientrare questi cervelli scappati via per bisogno. Nel 2001, dunque, l'allora ministro per l'Università e la Ricerca, Ortensio Zecchino, pensò ad un fondo per finanziare i ricercatori italiani - ma anche stranieri - che operavano all'estero e volevano trasferirsi nel nostro Paese. In pratica le università avrebbero assunto con contratti a tempo determinato tutti gli studiosi che venivano a svolgere attività didattica in Italia. Il ministero poi finanziava l'operazione. Stava per cominciare il programma ''Rientro dei cervelli''.
Il programma in 5 anni è stato utilizzato da 466 tra ricercatori e professori. La metà delle domande sono state presentate da studiosi italiani che sono così rientrati in patria. L'altra metà da stranieri (soprattutto americani, inglesi e francesi).
Le discipline più interessate sono quelle tecnico-scientifiche: fisica (25%) e informatica (22%). "Ogni anno abbiamo finanziato il ritorno in Italia di circa 50 cervelli", spiegano al ministero. Oltre trenta università (al primo posto La Sapienza di Roma) ne usufruivano per "importare" cervelli. Tutto splendido quindi, sì, ma fino al 28 marzo, quando il governo ha congelato il progetto.

''Ci dispiace, il programma "Rientro dei cervelli" è stato congelato. Le domande quest'anno non possono essere presentate. Riprovi nel 2007... Forse''.  ''Sono finiti i soldi. I finanziamenti sono stati azzerati'', fanno sapere dal Ministero per l'Università e la Ricerca (Miur).
Una brutta sorpresa passata inosservata tra le pieghe della Finanziaria: ''Per il 2006 - è scritto all'articolo 5 del decreto ministeriale 207 del 28 marzo - le disposizioni di cui al decreto ministeriale 26 gennaio 2001 numero 13 e successive modificazioni, sono differite al 2007 ed in tale anno verranno valutate anche le proposte pervenute entro il 31 gennaio 2006''. Firmato: Letizia Moratti.
Tradotto dalla lingua burocratese, in soldoni (quelli che mancano, sempre!) significa che chi aveva il desiderio di rientrare in Italia e contribuire alla crescita del Paese, e lavorare e vivere a casa propria dovrà ritentare l'anno prossimo e forse...

''Per le università è stata una finanziaria terribile'', commenta Francesco Profumo, rettore del Politecnico di Torino, e aggiunge: ''Il progetto per il "rientro dei cervelli" aveva molti limiti, ma era comunque utile. Adesso resta la possibilità dell'assunzione per "chiamata diretta" prevista dalla legge, ma per il momento non ci sono le circolari di attuazione. Ogni anno - spiega ancora Profumo - l'Italia esporta 30mila ricercatori e ne importa solo 3mila. Questo significa che siamo in grado di formare studiosi, ma non riusciamo a trattenerli''.
Un commento duro anche da Silvano Focardi, rettore dell'Università di Siena: ''Avevamo già preparato le domande e all'ultimo momento il programma è saltato. Ci aspettiamo un segnale opposto dal nuovo governo. In Europa in media si investe per la ricerca l'1,6% del pil. In Italia appena lo 0,8%''.
Augusto Palombini, segretario dell'Adi (Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani) e autore del libro "Cervelli in fuga" sembra invece rassegnato: ''In Italia è quasi impossibile fare ricerca. Molti studiosi se ne vanno e chi resta non riesce a lavorare''.

Dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca però arriva una risposta a quelle che vengono chiamate ''allarmistiche notizie di stampa e d'agenzia sul presunto blocco dell'operazione "Rientro dei cervelli" in Italia'', sottolineando che: ''in seguito al decreto 13/2001, che ha permesso a partire da tale anno l'inserimento in Italia con contratti a termine di oltre 460 studiosi, è stata data quest'anno priorità alla loro stabilizzazione''.
''Nel corso del dibattito politico che ha portato all'approvazione della legge 230/05'', si legge in una nota del Miur, ''era stata infatti sottolineata da più parti la necessità di assicurare a questi studiosi uno stabile inserimento nel sistema universitario attraverso forme di reclutamento ordinario''. ''Il Ministero, nell'ambito della valutazione e delle priorità selezionate, ha riservato la somma di tre milioni di euro per consentire alle singole università chiamate dirette degli studiosi che avevano già usufruito dei provvedimenti per il rientro dei cervelli''. ''Questo finanziamento - continua il Miur - consentirà l'inserimento stabile di almeno 300 studiosi che hanno già sperimentato presso le università italiane attività di docenza e di ricerca qualificate. Le procedure del Dm 13/2001 sono state pertanto differite al prossimo esercizio finanziario''.

Il Ministero ha inoltre ricordato che ''gli interventi per richiamare nel nostro Paese studiosi italiani residenti all'estero o stranieri sono comunque proseguiti anche nell'ultimo scorcio di legislatura con azioni fortemente innovative nell'ambito della politica di rilancio del Sistema Ricerca italiano attuata dal Ministro Letizia Moratti''. In particolare, conclude la nota, ''a valere sul Firb, Fondo investimenti ricerca di base, è stato previsto che almeno il 10 per cento delle risorse complessive, per un ammontare di oltre otto milioni di euro, sia destinato a contratti triennali per giovani ricercatori e studiosi di chiara fama, aperti anche alla partecipazione di stranieri e italiani impegnati all'estero''.

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12 maggio 2006
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