Cesare Previti a Rebibbia
Imi-Sir. Dopo un processo durato 10 anni in carcere l'esponente di Forza Italia. Per Previti è una “condanna politica”
Dopo dieci anni è arrivato ieri il verdetto finale sul processo Imi-Sir, pronunciato dai giudici della Cassazione dopo dodici ore di camera di Consiglio. Sei anni all'esponente di Forza Italia, Cesare Previti, assoluzione per Renato Squillante, l'ex presidente dell'ufficio Gip di Roma che in Appello era stato condannato a 7anni di reclusione. Confermata la condanna a 6 anni per l'altro giudice coinvolto, Vittorio Metta e per l'avvocato Attilio Pacifico (6 anni). Tre anni e 8 mesi per Giovanni Acampora (che era stato condannato in appello a 5 anni e 4 mesi).
Sono state invece cancellate le condanne al figlio di Nino Rovelli, Felice (3 anni), e alla vedova, Primarosa Battistella (2 anni). Per Felice Rovelli è stata dichiarata la prescrizione del reato. Per Primarosa Battistella è stata annullata senza rinvio la sentenza di condanna.
Una sentenza che porterà in carcere i condannati, almeno per un breve periodo: l'applicazione della detenzione domiciliare prevista per chi ha più di 70 anni, infatti, non è immediata. Un verdetto che ha lasciato di stucco un po' tutti, perché trattandosi di un personaggio come Cesare Previti, difficilmente chiunque pensava potessero aprirsi i cancelli di una prigione.
Il verdetto della Sesta Sezione penale della Cassazione è stata lunghissima: la seduta era cominciata la mattina dell'altro ieri alle 9, il verdetto è stato reso noto poco prima delle 23.
Amaro il commento di uno dei legali di Previti al verdetto: “Siamo stati lasciati soli in questa battaglia, abbandonati da tutti - ha detto l'avvocato Alessandro Sammarco -. Quando viene violato il principio della legalità è un dovere morale reagire, oltre che professionale. C'è stata una demonizzazione mediatica di Previti e il risultato è una condanna ingiusta. Oggi in Italia la legalità non esiste più e Previti è solo una delle vittime di questa giustizia ingiusta, che sembra interessarci solo quando ci tocca da vicino”.
Il commento immediato di Forza Italia è stato affidato alle parole di Fabrizio Cicchitto, vice coordinatore di Forza Italia: “L'assoluzione del dottor Squillante e la condanna di Cesare Previti, mettono in evidenza l'esistenza di una contraddizione grande quanto una casa, che può essere spiegata solo dall'esistenza di un meccanismo di condanna derivante esclusivamente da motivazioni politiche”.
E davanti al carcere romano di Rebibbia Cesare Previti si è presentato ieri mattina poco dopo le 11.
Prima di costituirsi, Previti aveva diffuso una dichiarazione sulla sua vicenda. Non accetta la condanna a sei anni di carcere, e si è detto ancora una volta innocente. “Dopo dieci anni di battaglie, dopo aver subito una persecuzione giudiziaria senza eguali, di fronte al plotone d'esecuzione che ieri ha concluso l'opera, con tanto di colpo di grazia alla nuca, Cesare Previti esce di scena. Sconfitto nella forma ma non piegato, umiliato da una giustizia esclusivamente politica ma mai ferito nel mio orgoglio, trattato come un criminale ma sereno perché mandano consapevolmente in carcere un innocente. Ho già scritto la mia lettera di dimissioni da parlamentare, perché non permetterò a lor signori di infliggermi anche l'ultima umiliazione, quella di cacciarmi”. Questo il contenuto della dichiarazione.
“Ieri sera non ha perso Cesare Previti, è stata sconfitta la giustizia - ha detto tra l'altro Previti -. Una giustizia che, ne sono certo, alla lunga avrà la sua vendetta e si ritorcerà contro i carnefici che ne hanno fatto strame solo per distruggere un uomo, un padre di famiglia, un professionista, che ha avuto l'unico torto - ha concluso Previti - di essere della parte avversa alla sinistra e di combatterla a viso aperto, non nascondendosi dietro il paravento di toghe compiacenti”.
Ieri mattina arrivato in carcere Previti non è stato subito messo in una cella perché non era ancora arrivato l'ordine di carcerazione. ed è rimasto in attesa negli uffici dell'istituto.
L'ex ministro della Difesa e da poco anche ex onorevole è stato accompagnato da uno dei quattro figli e dall'avvocato Alessandro Sammarco. Con sé ha una borsa di pelle taglio week-end, pigiama, ricambio di biancheria, pantaloni sportivi e golf blu e "La storia di Roma" di Indro Montanelli, lo stretto necessario per qualche giorno da passare in carcere. "Più o meno fino alla metà della prossima settimana" è la speranza sua, della famiglia e degli avvocati, il necessario per ottenere l'applicazione della legge 45, la cosiddetta Cirielli, per cui il Tribunale di sorveglianza deve concedere gli arresti domiciliari a chi ha più di settanta anni.
E' stato lui stesso, dopo una notte e una mattina di riunioni con i legali e i figli a decidere di dimettersi da parlamentare e di costituirsi senza aspettare che lo andassero a prendere. Ha voluto giocare d'anticipo Previti, per reagire subito: costituirsi a Roma significa evitare Milano, il distretto titolare della sentenza, della sua esecuzione e del Tribunale di sorveglianza che dovrà pronunciarsi sugli arresti domiciliari. A Roma, sono convinti i suoi legali Sammarco e Perrone, "l'ambiente è meno ostile e puntiamo ad averli presto in via provvisoria".
Previti ha voluto andare in galera, anche solo per qualche giorno, quando - va detto - un ricovero in ospedale avrebbe potuto evitarlo. Il suo primo giorno in carcere finisce in una cella singola 4 metri per due, con branda, tavolo, servizi e televisione della sezione G12. L'Amministrazione penitenziaria ha scelto il "reparto protetti", il più sicuro, con sorveglianza particolare ma discreta e vitto differenziato: i pranzi vengono cucinati a parte e in presenza di poliziotti. Una misura di sicurezza in più.
La detenzione è iniziata pochi minuti prima delle tredici con l'ingresso nell'ufficio del direttore Carmelo Cantone con cui l'ex ministro della Giustizia è rimasto a colloquio quasi un'ora, il tempo di ricevere il provvedimento di esecuzione della pena, arrivato via fax dopo qualche ora: da quel momento sono cominciati a decorrere i sei anni di condanna per il pagatore della tangente più grossa della storia giudiziaria italiana.
I primi ad andarlo a trovare sono stati l'onorevole Jole Santelli e il senatore Paolo Guzzanti a cui Previti assegna una missione: "Lavorate per cambiare questo sistema di giustizia". Con Antonio Tajani si è raccomandato di rassicurare la famiglia perché sta "bene", si sente "sereno" e "molto combattivo". Anche questi pochi giorni in carcere sono "un modo per lottare contro una sentenza ingiusta".
A Rebibbia si sono precipitati anche il senatore Marcello Pera con Giulio Marini che ha commentato: "Ho trovato il Cesare di sempre, sicuro di sé e delle sue ragioni ma lo hanno trattato come un mostro".
- La Sentenza Imi-Sir (Repubblica.it)
- «La più grande corruzione della storia» di Giovanni Bianconi (Corriere.it)