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Che fine faranno i migranti respinti in Libia?

La preoccupazione delle Nazioni Unite per la ''svolta storica'' osannata dal ministro Maroni

08 maggio 2009

"Una svolta storica". "Il risultato anelato dopo un anno di lavoro convinto". Il "nuovo modello di contrasto in mare" contro chi cerca di entrare illegalmente in Italia, ha semplicemente esaltato il ministro dell'Interno Roberto Maroni, e gravemente preoccupato l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr).
Stiamo parlando di quanto accaduto nella notte tra mercoledì e giovedì nel Canale di Sicilia con 227 immigrati soccorsi a 35 miglia da Lempedusa e riportati a Tripoli con motovedette italiane (LEGGI).
L'Unhcr con una nota così si è espresso: "La decisione di ricondurre i migranti in Libia è giunta al margine di una giornata di accese discussioni fra il governo maltese e le autorità italiane su chi fosse responsabile del soccorso e dello sbarco dei passeggeri delle tre barche in difficoltà. Sebbene non siano disponibili informazioni sulle nazionalità di origine dei migranti, si ritiene probabile che fra le persone respinte ci siano individui bisognosi di protezione internazionale. Nel 2008 circa il 75% di coloro giunti in Italia via mare ha fatto richiesta di asilo e al 50% di questi è stata concessa una forma di protezione internazionale". "Questo incidente mostra un radicale mutamento nelle politiche migratorie del governo italiano e rappresenta fonte di grave preoccupazione", ha sottolineato ancora l'Unhcr che ha poi espresso "profondo rammarico per la mancanza di trasparenza che ha caratterizzato lo svolgersi di questo episodio".

Antonio Guterres, l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha rivolto un "appello alle autorità italiane e maltesi ha affinché continuino ad assicurare alle persone salvate in mare e bisognose di protezione internazionale pieno accesso al territorio e alla procedura di asilo nell'Unione Europea". "E' di fondamentale importanza che il principio internazionale di non-respingimento continui ad essere integralmente rispettato" ha sottolineato Laurens Jolles, rappresentante dell'Unhcr in Italia. "Va inoltre ricordato che la Libia non ha aderito alla Convenzione sui rifugiati del 1951 e non dispone di un sistema nazionale d'asilo efficiente", ha ricordato l'Unhcr che infine ha esortato "le autorità italiane a riconsiderare la loro decisione e a far sì che questa prassi non si ripeta".

Lo "storico" respingimento di ieri, concordato con le autorità libiche, secondo il ministro Maroni dovrebbe essere preso come "modello" per tutta l'Unione europea, perché stabilisce il principio del respingimento. Per di più sarebbe in linea con i trattati internazionali perché, dice Maroni, "i clandestini non arrivano sul territorio nazionale ma vengono respinti alla frontiera; valutare le richieste non è quindi compito del governo italiano ma delle associazioni internazionali in Libia". Se fossero arrivati in acque italiane, secondo il ministro dell'Interno, sarebbe stato diverso ma "eravamo in acque maltesi Sar (search and rescue) e quindi siamo in linea con i trattati internazionali; quello che poi succede negli altri Paesi non può essere una preoccupazione del governo italiano".

COSA ACCADRA' AI 227 EMIGRANTI RESPINTI A TRIPOLI?
di Gabriele Del Grande (Fortress Europe, 7 maggio 2009)

Né a Malta, né a Lampedusa. Sono stati riportati in Libia i 227 emigranti e rifugiati (cittadini di Nigeria, Ghana, Gambia, Costa d'Avorio, Somalia e Mali) - tra cui 40 donne, tre delle quali incinte - soccorsi ieri a circa 35 miglia a sud est di Lampedusa dalle autorità italiane. Dopo una giornata di infruttuose trattative con il governo maltese sulla responsabilità dei soccorsi, l'Italia è riuscita a strappare a Tripoli il consenso per la riammissione in Libia dei naufraghi. Nessuno dei passeggeri è stato identificato, nessuno degli eventuali minori non accompagnati è stato tutelato, nessun rifugiato è stato messo nelle condizioni di chiedere asilo politico, e nessun medico ha verificato le condizioni di salute dei naufraghi. Prassi che sulla terra ferma sono obblighi previsti dalla legge. Ma non in mare aperto, fuori dalle frontiere e dallo stato di diritto.
Maroni ha rivendicato quanto accaduto come "un risultato storico" e annunciato che sarà la prassi della prossima stagione di sbarchi. Maroni e l'Italia hanno la memoria corta.

"Le espulsioni collettive di migranti dall’Italia alla Libia costituiscono una violazione del principio di non refoulement. Le autorità italiane non hanno rispettato i loro obblighi internazionali".
Era il 14 aprile del 2005 e il Parlamento Europeo adottava una risoluzione di condanna contro le deportazioni collettive con cui il Governo italiano aveva espulso in Libia 1.500 persone intercettate al largo di Lampedusa tra l'ottobre 2004 e il marzo 2005. "Il parlamento europeo - continuava la risoluzione su Lampedusa P6_TA(2005)0138 - è profondamente preoccupato sul destino di centinaia di richiedenti asilo respinti in Libia, dal momento che questo paese non ha firmato la Convenzione di Ginevra sui rifugiati, non ha un sistema d'asilo, non offre garanzie effettive per i diritti di rifugiati, e pratica arresti arbitrari detenzioni e espulsioni".
Un mese dopo, il 10 maggio del 2005, la Corte europea dei diritti umani sospese l'espulsione da Lampedusa di 11 cittadini stranieri sbarcati a marzo e che avevano presentato ricorso. Quattro anni dopo, ciò che ieri era illegale è divenuto regola d'ingaggio dei pattugliamenti di Frontex partiti la settimana scorsa nel Canale di Sicilia.

Adesso però le questioni sono due. La prima: che ne sarà del soccorso in mare, quando la priorità non è più la vita dei naufraghi, ma le trattative sul dove portarli? Maroni presenta i 600 salvataggi fatti dalle nostre unità in acque maltesi come un peccato originale. In realtà fanno onore alla nostra Guardia costiera e alla nostra Marina militare. Perchè questa gente non viaggia su navi di crociera. Ma su vecchi legni malmessi. Tutti ricordino che sono quasi 4.000 le vite umane che il mare di Sicilia si è ingoiato negli ultimi dieci anni! Bene, rischiano di morirne altrettanti ora che la nostra Guardia costiera ha ricevuto l'ordine di non intervenire in alto mare, senza autorizzazione del ministero dell'Interno, previa consultazione-scontro con Malta. Ieri è andata bene perché il mare era calmo. Ma col mare in tempesta e onde altre quattro metri, bastano pochi minuti di ritardo a decidere la morte di centinaia di persone.
La seconda questione è: che cosa succederà ai migranti respinti in Libia? Sappiamo già che sono stati arrestati e detenuti nel carcere di Tuaisha, a Tripoli, fatta eccezione per una donna ricoverata in ospedale dopo sei giorni trascorsi in mare. Adesso, a seconda delle nazionalità, alcuni saranno rimpatriati in pochi giorni (ad esempio verso Tunisia e Egitto), altri saranno tenuti a marcire nelle carceri libiche per mesi, o per anni. In che condizioni? Lo scriviamo da tre anni. Per l'ennesima volta vi riproponiamo i nostri esclusivi reportage. Nella speranza che la stampa ne faccia buon uso, anziché continuare a leccare le scarpe ai ministri. [Clicca qui per i reportage di Fortress Europe]

- "Li avete mandati al massacro" di F. Viviano

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08 maggio 2009
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