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Che forma ha la pietà?

Bernardo Provenzano è gravemente malato. Suo figlio chiede solo che suo padre venga curato e che non sia trattato come una bestia

04 febbraio 2011

Bernardo Provenzano è vecchio e malato. Bernardo Provenzano è in una cella, in un carcere di massima sicurezza e sta scontando il 41-bis. Bernardo Provenzano era, e ancora in un certo qualmodo è, un boss mafioso spietato e senza scrupoli, così feroce e insensibile da essere soprannomunato "u tratturi", il trattore, dove passava lui... Bernardo Provenzano ha ucciso e ha condannato a morte senza mai piegarsi alla pietà. Eppure leggeva la Bibbia, sottolineandola e imparandola a memoria. Ma forse, l'unica cosa che dal sacro libro gli è rimasto in testa è stata l'onnipotenza di Dio. L'essere che da la vita e che la toglie. Bernardo Provenzano ha rovinato famiglie, ha reso disperati mogli e figli, ha rovinato intere città, ha distrutto economie, culture e civiltà. Bernardo Provenzano è stato nascosto per più di quarant'anni, continuando a decidere la sorte altrui. Alla fine, Bernardo Provenzano è stato catturato ed ha avuto la sua pena. La giusta pena. In carcere, a vita, per quel che gli rimane della vita, per espiare.
Ma Bernardo Provenzano non si è pentito. Non collabora con la giustizia. Non dice una sola parola su quanto sa, su quanto è successo. Rimane rinchiuso nel suo 41-bis e basta.
Bernardo Provenzano è vecchio e malato. Probabilmente ha paura di morire e chiede di uscire di prigione. Chiede di essere curato. Chiede pietà e comprensione. Chiede giustizia...

Binnu ha chiesto e ottenuto l'esecuzione di una perizia medica per accertare la compatibilità delle sue condizioni di salute con la permanenza in carcere. Il boss, che ha già compiuto 78 anni, è risultato affetto da "sindrome parkinsoniana" e nelle scorse settimane è stato colpito anche da un'ischemia.
Tre medici "importanti" lo hanno già visitato (i dirigenti della Medicina legale dell'università di Ferrara, Francesco Avato, della Neurologia dell'Università di Pavia, Giuseppe Micieli, e dell'Urologia del San Raffaele di Milano, Francesco Montorsi). "La recidiva di un tumore alla prostata, per cui nel 2003, da latitante, fu operato a Marsiglia, impone un trattamento specifico stabilito da un oncologo e la destinazione del paziente presso sede idonea a garantire il rispetto di un programma terapeutico richiedente prestazioni esterne alla casa di custodia, non solo quindi trattamento esauribile in sede carceraria". Questo è parte del responso dei tre medici. Nella consulenza si parla di "una prognosi non particolarmente favorevole a breve-medio termine (2 o 3 anni)".
La corposa perizia chiesta dal legale del boss, l'avvocato Rosalba Di Gregorio, che, come prevede la legge, per ottenere gli accertamenti ha dovuto fare istanza di scarcerazione di Provenzano, è stata depositata agli atti del processo 'Gotha' in cui il padrino è imputato di una tentata estorsione. "L'istanza di scarcerazione - ha precisato l'avvocato Di Gregorio - era l'unico mezzo previsto dalla legge per potere avere una perizia sullo stato di salute del detenuto. Non abbiamo neanche nominato alcun consulente di parte, perché ci interessa solto accertare le reali condizioni mediche di Provenzano e il rispetto del diritto alla salute costituzionalmente garantito a tutti i cittadini italiani e, prima ancora, agli esseri umani".
I tre medici hanno esaminato il grave stato clinico di salute riscontrando una forma di parkinson , "ampiamente trattabile anche in ambiente di restrizione di libertà personale" e la presenza di un nuovo tumore. A questo proposito i periti chiedono "l'esecuzione urgente di una scintigrafia ossea" e la valutazione del caso da parte di uno specialista in oncologia. L'oncologo che esaminerà il caso sarà Oscar Alabiso, primario di Oncologia a Novara. Il medico avrà un mese di tempo per valutare la recidiva del tumore alla prostata, operata nel 2003 a Marsiglia, quando Provenzano era latitante e riuscì a farsi beffe dei suoi cacciatori, andando due volte in Francia, sotto falso nome, e facendosi pure pagare l'intervento dalla Regione siciliana.

Intanto, è già polemica dal fronte antimafia. "Provenzano non può chiedere nessuna clemenza allo Stato, dopo che lo ha devastato con le stragi e corroso con un sistema di collusioni senza precedenti. Lo Stato a Provenzano può offrire solo una opportunità, prevista dalla legge: la possibilità di collaborare. Altre vie devono essere sbarrate". A dichiararlo è stato il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione antimafia, commentando la richiesta del capo di Cosa nostra.
"Provenzano – ha aggiunto Lumia – ha partecipato alle guerre di mafia degli anni ’70 e ‘80. Ha avuto un ruolo nelle stragi e subito dopo ha traghettato Cosa nostra verso un cambio di strategia, archiviando lo scontro con le istituzioni. Pertanto, bisogna essere molto severi e rigorosi e colpire il sistema mafioso da lui costruito. Un sistema ancora in piedi, gestito da Matteo Messina Denaro, fatto di rapporti con settori deviati dello Stato, della politica dell’economia e della società".

Alla notizia del cattivo stato di salute del boss, si è fatto vivo anche il primogenito, Angelo Provenzano, 36 anni. "Un figlio chiede solo che suo padre venga curato e che non sia trattato come una bestia. Nient'altro. Chi ha perso un padre credo che possa capirmi, anche se il mio dolore non è paragonabile al suo dolore. Io ho provato a immedesimarmi nei miei coetanei che hanno perso un genitore per morte violenta. Confesso di non esserci riuscito. Penso che provino un dolore immenso, che non riesco neanche a immaginare. E mi dispiace. Ognuno di noi paga un dazio, e anche io l'ho pagato solo perché esisto e perché sono figlio di un certo pezzo di storia di questo Paese. Oggi vorrei dire: anche un pluriergastolano ha diritto di essere trattato come un essere umano. Se poi l'esistenza di mio padre dà fastidio, qualcuno abbia il coraggio di chiedere la pena di morte, anche ad personam". [Informazioni tratte da Ansa, Adnkronos/Ing, Lasiciliaweb.it, www.giuseppelumia.it]

"Curate mio padre o abbiate il coraggio di condannarlo a morte"
di
Salvo Palazzolo (Repubblica/Palermo, 04 febbraio 2011)

"Un figlio chiede solo che suo padre venga curato e che non sia trattato come una bestia. Nient'altro". A sorpresa, Angelo Provenzano, 36 anni, il primogenito del capomafia Bernardo Provenzano, decide di parlare. Mentre i giornali e le televisioni danno notizia della richiesta di scarcerazione avanzata da suo padre, per motivi di salute. Ed è già polemica dal fronte antimafia: "Nessuna clemenza per Provenzano - ribadisce il senatore Lumia - l'unica scelta che ha è quella di collaborare".
Angelo Provenzano dice: "Chi ha perso un padre credo che possa capirmi, anche se il mio dolore non è paragonabile al suo dolore. Io ho provato a immedesimarmi nei miei coetanei che hanno perso un genitore per morte violenta. Confesso di non esserci riuscito. Penso che provino un dolore immenso, che non riesco neanche a immaginare. E mi dispiace. Ognuno di noi paga un dazio, e anche io l'ho pagato solo perché esisto e perché sono figlio di un certo pezzo di storia di questo Paese. Oggi vorrei dire: anche un pluriergastolano ha diritto di essere trattato come un essere umano. Se poi l'esistenza di mio padre dà fastidio, qualcuno abbia il coraggio di chiedere la pena di morte, anche ad personam".

La richiesta di scarcerazione era solo un pretesto per la difesa di Provenzano: "Non avevamo altro modo per chiedere una perizia medica - spiega l'avvocato Rosalba Di Gregorio - e adesso, una perizia dice che Provenzano sta male, molto male. Come sosteniamo da tempo. La perizia dice che si sono persi mesi preziosi".
Non usano mezzi termini i dirigenti della Medicina legale dell'Università di Ferrara, Francesco Avato, della Neurologia dell'Università di Pavia, Giuseppe Micieli, e dell'Urologia del San Raffaele di Milano, Francesco Montorsi. Chiedono che venga eseguita al più presto una scintigrafia e soprattutto una terapia, "radio o chemio". Ci sono infatti alcuni valori che fanno pensare al ritorno del tumore alla prostata per cui Provenzano fu operato nel 2003, a Marsiglia. Tanto da far scrivere di una "prognosi non particolarmente favorevole a breve-medio termine (circa 2-3 anni)". Come dire, questo è quanto resta da vivere a Provenzano, se curato in tempo.
A guardare bene le carte in Corte d'appello si scopre che nel giugno 2009 era stata la seconda sezione del tribunale a chiedere il ricovero di Provenzano in un centro clinico, sulla base di una relazione del medico del carcere di Novara. Ma qualche giorno dopo, arrivò un invito del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria a riconsiderare il provvedimento. "La direzione di Novara tiene sotto controllo la situazione", scrisse il direttore del Dap. I giudici ribadirono l'ordinanza. Il Dap inviò una nuova nota, assicurando cure ed esami. Al tribunale non restò che revocare il ricovero.
"Adesso, dopo la perizia disposta dalla corte abbiamo scoperto che l'ombra di un tumore si è fatta minacciosa e che l'ultima scintigrafia è stata fatta nel 2009 - dice l'avvocato Di Gregorio - è per questo che formulo un legittimo dubbio: che interesse si ha, a qualunque livello, a che Provenzano muoia al più presto? Per fortuna, esistono le autorità giudiziarie che continuano ad essere attenti interlocutori". Adesso, la corte ha disposto che un oncologo accerti lo stato del tumore di Provenzano.

 

 

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04 febbraio 2011
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