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Che - Guerriglia

''Non sono un Libertador. I Libertadores non esistono. Sono i popoli che si liberano da sé''

07 maggio 2009

Noi vi consigliamo...
CHE - GUERRIGLIA
di Steven Soderbergh

Che - Guerriglia ritrova il Che all'apice della fama e del potere, dopo la rivoluzione cubana. Più che un soldato è una figura di primo piano della scena internazionale. Ma all'improvviso sembra come sparire nel nulla. Perché ha lasciato Cuba? Dov'è andato? E' ancora vivo?
Il Che ricompare in incognito in Bolivia: è irriconoscibile, e agisce nella più assoluta clandestinità. Organizza un piccolo gruppo di compagni cubani e reclute boliviane destinati a dare inizio alla grande rivoluzione latino-americana... Quella della campagna boliviana del Che è una storia di tenacia, sacrificio e idealismo, è il racconto della sconfitta di una guerra di guerriglia che alla fine lo condurrà alla morte. Ripercorrendo la sua storia, riusciamo a capire come il Che sia rimasto un simbolo dell'idealismo e dell'eroismo, ancora vivo nei cuori della gente di tutto il mondo.

Anno 2008 
Tit. Orig. Che 
Nazione Usa, Spagna, Francia
Produzione Laura Bickford e Benicio Del Toro per Laura Bickford Productions, Morena Films
Distribuzione BIM 
Durata 132' 
Regia Steven Soderbergh
Tratto da "Diario in Bolivia" di Ernesto Che Guevara
Sceneggiatura Peter Buchman  
Con Benicio Del Toro, Demian Bichir, Carlos Bardem, Joaquim de Almeida, Eduard Fernández, Marc-André Grondin
Genere Biografico

LA STORIA
Parlando di "Che - L'Argentino" e "Che - Guerriglia", la produttrice Laura Bickford dichiara che Guerriglia ha le caratteristiche di un thriller, mentre L'Argentino è piuttosto un film d'azione con grandi scene di battaglia.

"Questo è un progetto a cui Benicio, Laura e Steven lavorano da dieci anni", spiega lo sceneggiatore Peter Buchman. "Benicio ha partecipato attivamente allo sviluppo della sceneggiatura fin dalle prime battute, e poiché inizialmente si era concentrato sulla parte boliviana della storia è stato per me una preziosa fonte di informazioni". "Io non sono mai stato in Bolivia", aggiunge Buchman, "quindi ho dovuto ricavare lo sfondo e tutte le informazioni possibili dai diari del Che, e da Benicio e Laura, che c'erano stati e avevano raccolto interviste e testimonianze prima ancora che io fossi contattato. Ho letto fonti delle varie parti coinvolte, tra cui alcuni documenti declassificati del Dipartimento di Stato americano sulla visita del Che a New York, e rapporti del periodo in cui si trovava in Bolivia. Dovevamo ricostruire quello che sapevano gli Stati Uniti - e quando - delle attività del Che in Bolivia".

"Abbiamo parlato con le persone più diverse, indipendentemente dalla loro appartenenza politica", dichiara la Bickford. "Abbiamo incontrato il capitano boliviano che ha catturato il Che, oltre ai tre cubani (Urbano, Benigno e Pombo) che lo hanno seguito in Bolivia e sono riusciti a fuggire e a tornarsene a casa dopo la sua esecuzione. Urbano, che vive a Cuba, è venuto con noi in Spagna in veste di consulente". Aggiunge Buchman: "C'erano già diversi gruppi di ribelli che agivano in molti paesi latino-americani. Il Che aveva deciso di andare in Bolivia, centro del continente, per istituire un'organizzazione "a ombrello", un luogo di addestramento per quei gruppi. Dovevano seguire un periodo di addestramento di sei mesi, un anno, e poi decidere quando iniziare le ostilità. Non si aspettavano di essere scoperti così presto".

"Non è stato il Che a scegliere la Bolivia, ma Fidel", spiega Jon Lee Anderson, l'autore della più autorevole biografia di Guevara, oltre che l’uomo che ha ritrovato i resti del Che in Bolivia, e li ha riportati a Cuba. "La teoria dei focolai - un gruppo di uomini che aprono un fronte di guerriglia, combattendo e conquistando zone di territorio liberato, e addestrano altri internazionalisti di paesi vicini - avrebbe anche potuto funzionare, in Bolivia. Il fronte si sarebbe poi allargato al Perù, all'Argentina, al Cile e al Brasile, e così via. Ma il gruppo della guerriglia peruviana, sostenuto dai cubani, era appena stato sconfitto; il focolaio argentino guidato da Jorge Masetti aveva fallito e i suoi membri erano stati estradati; e i venezuelani non volevano il Che nel loro paese. Fidel, allora, ha parlato con Mario Monje, capo del Partito Comunista Boliviano, che si è dichiarato disposto ad accoglierlo. Sulla base di questo accordo, il Che è tornato segretamente a Cuba per scegliere e organizzare gli uomini da portare con sé in Bolivia".

"Il Che è arrivato in Bolivia come uomo d'affari uruguayano, con un passaporto falso e un taglio di capelli completamente diverso. Ma il suo arrivo clandestino, in realtà, è rimasto segreto per poco", spiega Anderson. "Quando in Bolivia è stato arrestato Régis Debray, noto esponente della sinistra internazionale, e vicino a Fidel, è apparso subito chiaro a tutti che era stato col Che".
Uno dei primi problemi che il Che ha incontrato in Bolivia è stato il voltafaccia di Mario Monje, che gli ha subito ritirato l'appoggio del Partito Comunista Boliviano. Secondo Anderson, "Monje era allineato con Mosca, e contro quelli che riteneva radicali scissionisti, forse filo-cinesi, aiutati e coperti da Cuba per portare la rivoluzione nel suo paese. Dopo aver incontrato il Che, Monje ha rotto con lui e ha chiesto ai boliviani che lo avevano seguito di lasciare il Partito. Storicamente, la grande vergogna del Partito Comunista Boliviano è stata di non aver messo a disposizione del gruppo del Che la sua rete di sostegno, che era capillare e diffusa in tutto il paese, lasciandoli soli".

"Senza un vero preavviso, gli uomini del Che sono stati costretti ad affrontare la battaglia molto prima di quanto avessero previsto, e senza l’aiuto dei boliviani, sul quale contavano. Avevano perso la rete di sostegno locale che avrebbe dovuto rifornirli di cibo e reclute, al bisogno. Come se non bastasse, si trovavano in una zona molto più aspra e isolata di quanto si aspettassero. Faceva un caldo bestiale d'estate, e l'inverno era gelido e piovoso".
"Io ci sono stato, è un territorio inospitale, fatto di grandi distese e altopiani aridi e senza alberi, da cui è possibile vedere a chilometri di distanza"
, prosegue Anderson. "Era molto difficile nascondersi. C'erano pochissimi abitanti e quei pochi avevano una scarsa coscienza politica. Le persone più impegnate politicamente erano i minatori, ma si trovavano in un’altra regione del paese". "A peggiorare le cose", aggiunge Buchman, "dopo aver scoperto che l'esercito del Che era composto quasi esclusivamente di cubani, il Presidente Barrientos ha annunciato che i comunisti cubani avevano invaso il paese - notizia allarmante per i locali che avrebbero dovuto appoggiare il Che. La gente era fuggita dai villaggi, e gli uomini del Che passavano da un’imboscata all’altra, traditi dalla gente del posto".

"Sono stati costretti a darsi alla fuga prima di aver finito l'addestramento, e prima di essere riusciti a mettere i piedi una rete di supporto", osserva Anderson. "Inoltre, il Che soffriva fin da bambino di una grave forma d'asma, che la vita della guerriglia aveva reso ancora più grave. C'erano volte in cui era talmente debole che doveva essere portato a braccia. La sua salute era andata deteriorandosi e il fisico era allo stremo". "Spazzata via la retroguardia, era rimasta in piedi solo una colonna di guerriglieri. Da quel momento in poi, al Che e ai suoi uomini non restava che raggiungere i minatori sulle Ande, e lasciare la Bolivia. La loro sopravvivenza era appesa a un filo sottilissimo". "Quando sono arrivati a La Higuera e alla Quebrada del Yuro erano veramente demoralizzati. Avevano visto i loro compagni e amici venire uccisi sotto i loro occhi, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana. Ed era stata soprattutto la grande forza di volontà del Che a farli andare avanti".

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07 maggio 2009
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