Che - L'Argentino
Soderbergh tenta di liberare il Che dall'iconografia stampigliata da troppi anni sulle t-shirt
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CHE - L'ARGENTINO
di Steven Soderbergh
26 novembre del 1956. Fidel Castro salpa per Cuba con 80 ribelli. Uno di quei ribelli è Ernesto "Che" Guevara, un medico argentino che condivide il sogno di Fidel - rovesciare la dittatura corrotta di Fulgencio Batista. Il Che si rivela indispensabile come combattente e impara presto l'arte della guerra di guerriglia, diventando il beniamino dei suoi compagni e del popolo cubano. Che - L'Argentino racconta l'ascesa del Che nella rivoluzione cubana, da medico a comandante, a eroe rivoluzionario.
Anno 2008
Tit. Orig. Che
Nazione Usa, Francia, Spagna
Produzione Laura Bickford e Benicio Del Toro per Laura Bickford Productions, Morena Films
Distribuzione BIM
Durata 131'
Regia e Fotografia Steven Soderbergh
Tratto da "Diario della Rivoluzione Cubana" di Ernesto Che Guevara
Sceneggiatura Peter Buchman
Con Benicio Del Toro, Demian Bichir, Santiago Cabrera, Elvira Mínguez, Catalina Sandino Moreno, Rodrigo Santoro
Genere Biografico
In collaborazione con Filmtrailer.com
"Sono stato attratto dal Che come soggetto di un film (o due) non soltanto perché la sua vita stessa è un'avventura, ma perché mi affascinano le sfide pratiche legate alla realizzazione su vasta scala di un'idea politica. Volevo sottolineare le doti fisiche e psicologiche necessarie per affrontare due campagne come queste, e raccontare il processo attraverso il quale un uomo nato con una volontà di ferro, scopre la sua capacità di ispirare e guidare gli altri."
Steven Soderbergh
Il contesto storico - Nel 1952, il Generale Fulgencio Batista architetta un colpo di stato a Cuba, assume il controllo della presidenza e sospende le libere elezioni. Nonostante la sua dittatura corrotta sia sostenuta da un esercito di quarantamila uomini, un giovane avvocato di nome Fidel Castro incita il popolo alla ribellione attaccando la base militare Moncada, il 26 luglio del 1953. L'attacco fallisce e Castro trascorre due anni in prigione prima di venire esiliato in Messico. Nel frattempo, un giovane idealista argentino di nome Ernesto Guevara ha cominciato a fare attività politica in Guatemala. Nel 1954, quando il governo di Jacobo Árbenz, liberamente eletto, viene rovesciato nel corso di un'operazione militare organizzata dalla CIA, Guevara fugge in Messico dove, grazie ad alcuni contatti presi in Guatemala, raggiunge un gruppo di esiliati cubani.
Il 13 luglio 1955 segna un evento privato ma determinante nella storia della rivoluzione cubana: in un modesto appartamento di Città del Messico, Guevara viene presentato al fratello minore di Fidel, Raul. Guevara si arruola immediatamente in una operazione di guerriglia per rovesciare il dittatore cubano. I cubani ribattezzano il giovane ribelle "Che", un appellativo molto popolare in Argentina.
Il 26 novembre 1956, Fidel Castro salpa per Cuba con 80 ribelli - solo 12 di loro sopravviveranno. Uno di loro è il Che, che si è unito al gruppo come medico di bordo. Il Che impara presto l'arte della guerra di guerriglia e si rivela indispensabile come combattente, diventando il beniamino dei suoi compagni e del popolo cubano.
Sette anni di lavoro di ricerca - "Interpretare il Che è stata un'esperienza diversa da tutte le altre per me", dichiara il produttore e protagonista del film, Benicio Del Toro. "In questo caso, trattandosi di un personaggio realmente esistito, abbiamo dovuto partire dalla sua biografia e dagli scritti che aveva lasciato. Così, ci siamo imbarcati in sette anni di ricerche durante i quali abbiamo letto tutto quello che era stato scritto da lui e su di lui. Ma, essenzialmente, per interpretarlo ho cercato di basarmi soprattutto sulle cose scritte da lui."
"In questi sette anni" aggiunge la Bickford, "siamo stati a Cuba, in Bolivia, a Parigi e a Miami: ovunque andassimo, trovavamo qualcuno che aveva qualcosa da raccontarci. Il bello di girare un film sulla rivoluzione cubana è che c'è ancora tanta gente che la rivoluzione l'ha vissuta in prima persona, da una parte o dall'altra della barricata. Se giri un film sulla rivoluzione americana, francese o messicana, non hai la stessa fortuna." "C'è molto materiale, molte foto. I ribelli hanno documentato con estrema cura la loro esperienza.” "Pombo, Urbano e Benigno sono tre uomini che hanno incontrato il Che durante la rivoluzione cubana e lo hanno seguito in Bolivia, riuscendo a sopravvivere. Compaiono tutti e tre sia nella prima che nella seconda Parte del film. Li abbiamo intervistati singolarmente, oppure insieme, per farci raccontare i fatti di Cuba e Bolivia. Urbano è stato anche nostro consulente in Spagna. La loro presenza ha trasmesso a noi e agli attori un senso della realtà dei fatti assolutamente unico. La verità è che si potrebbe fare un film su ognuno di loro. Ognuno ha la sua storia." "A loro, gli attori hanno chiesto informazioni molto specifiche, del tipo: come tenevano le pistole in quella situazione? Come si orientavano per spostarsi da un posto a un altro? Che tipo di formazione adottavano per procedere nella giungla? Insomma, informazioni tecniche molto specifiche. E questo ha dato una marcia in più al cast. Gli attori che interpretano questa parte della rivoluzione cubana e della vita del Che abbracciano l'intero spettro politico. In questo film è rappresentata ogni singola posizione politica sulla situazione cubana".
La critica
"A quarantuno anni dall'uccisione del comandante Che Guevara nella scuola boliviana de La Higuera ne abbiamo sentite di tutti i colori: dalle mitizzazioni esagerate alle infime delazioni, dalle solerti agiografie al revisionismo galoppante. E Soderbergh, non ha di certo intenzione di accodarsi a fans o detrattori. Semplicemente osserva l'uomo Ernesto Guevara, ritraendolo negli impacci dell'asma, nell'improvvisa e inaspettata popolarità, e soprattutto nello slancio solidaristico di lotta rivoluzionaria a favore degli oppressi. (...) Soderbergh sminuzza i dettagli del viso, del corpo e dell'abbigliamento di Guevara come ci avevano tramandato foto e filmati storici e li ricompone in modo antispettacolare, escludendo i primi piani più convenzionali e includendo improvvisi lampi di genio come la chiusura in soggettiva, dove lo spettatore diventa il Che che guarda gli occhi vuoti e le mani tremanti del suo assassino. Noi cadiamo per terra assieme a Ernesto Guevara, sentendo insieme a lui un fischio fastidiosissimo che ci porta alla morte su schermo bianco. «Non avevo intenzione di idolatrare l'icona da t-shirt - afferma senza enfasi Soderbergh - ma volevo illustrare nel dettaglio lo sforzo psichico e fisico che necessitavano le due campagne di guerriglia dirette da Che Guevara e di mostrare il processo con il quale un uomo dotato di una volontà indomabile scopre la capacità d'ispirare e spronare altri uomini alla rivoluzione. Il Che non l'avrebbe mai ammesso, ma lo stile conta. Conta sicuramente in questo film ed è un elemento cruciale per la comprensione dell'opera nel suo insieme»."
Davide Turrini, 'Liberazione'
"Quattro ore e mezzo divise in due film e fatte di discorsi, addestramento, guerriglia, prima a Cuba poi in Bolivia. Lo stile antiepico è piano, dimesso, quasi didattico: per evitare l'agiografia, certo. Ma Soderbergh - guardacaso - non sfiora nemmeno le zone d'ombra del Che. Dunque niente o quasi niente sui rapporti con Castro; silenzio sulla gestione del potere; ellisse sull'esperienza africana, sulla disastrosa politica industriale, su tutto ciò che spinse il Che a scegliere la strada impossibile del rivoluzionario a vita. L'insistenza sui rapporti con i compagni, con la Natura, con i nemici, con il senso della propria missione, fino al martirio finale, può ricordare alla lontana 'Giovanna d'Arco' di Rivette, altro film-monstre. Ma la reticenza sui lati più problematici del personaggio evoca un altro film storico americano recente, e mancato: 'Maria Antonietta' di Sofia Coppola. Rifiutare la pesantezza e le convenzioni del film in costume va bene. Ma non basta."
Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero'
"Capolavoro cinepolitico il film, regista caparbio Soderbergh, che del Che ha amato più che le idee lo stile e l'estetica."
Roberto Nepoti, 'la Repubblica'
"Il 'Che' è vivo. E anche i critici che hanno retto la maratona del doppio film di Steven Soderbergh (quattro ore e mezza) grazie al vezzoso cestino offerto nell'intervallo dalla produzione. Un record che conquista un posto d'onore nell'album dei ricordi festivalieri, ma non si specchia, purtroppo, in un omologo evento cinematografico. I punti a favore dell'ambiziosa saga non mancherebbero: Benicio Del Toro, che ne è anche produttore, è veramente impressionante per come s'incarna con accuratezza mimetica nell'ex dottore argentino, ma anche gli attori alle prese con personaggi come Fidel (Demiàn Bichir), Raul (Rodrigo Santoro) o Cienfuegos (Santiago Cabrera) onorano il ruolo senza ricorrere a patetiche pantomime; la scelta di girare entrambe le parti in spagnolo indica la serietà e la devozione con le quali il regista americano s'è dedicato all'impresa; le ambientazioni sono perfettamente ricalcate su quelle originali di Cuba e Bolivia. Manca, però, il guizzo stilistico decisivo, un'idea-faro di messinscena, una specifica suspense che riscatti la prevedibilità di vicende universalmente note ed incessantemente tramandate e indagate; come manca la giustificazione artistica e spettacolare della rinuncia ad affrontare passaggi decisivi e significativi della parabola guevariana. (...) Se Soderbergh ha tutto il diritto di esserne affascinato, ciò che rende il kolossal un'opera generosa ma inutile è la mancanza di un contatto profondo con il carisma del Comandante: quel grumo magmatico e misterioso, fuori della sua portata didascalica e illustrativa, che impasta l'obiettiva purezza degli ideali, l'obiettiva e spesso sanguinaria caducità del disegno guerrigliero e l'obiettiva forza della società 'imperialista' che ha risucchiato il mito e ne ha fatto un'icona pubblicitaria."
Valerio Caprara, 'Il Mattino'
"Nel film si avverte la mancanza di qualunque riflessione storica e non sembra interessi al regista andare in profondità per analizzare i veri motivi del fallimento della rivoluzione boliviana. Il racconto resta dunque vittima di una certo piattezza, i personaggi perdono spessore e lo stesso Che non regala mai momenti di piena emozione."
Alessandra De Luca, 'Avvenire'
"Niente ombre sul guerrillero nel film di Soderbergh. Una biografia che ricorda quelle di 'Una persona che non dimenticherò mai' di Selezione del Reader's digest. Siccome Soderbergh e Buchman ignorano Minà e Di liberto è probabile che siano rifatti alla lezione del più grande maestro di cinema, John Ford. Che ripetutamente quando aveva di fronte la scelta tra la verità e la leggenda, raccomandava: 'Stampate (cioè filmate) la leggenda. La verità storica è spesso deludente. Brutta, mediocre, cattiva. Con una bella frottola, il pubblico lo mandate in paradiso'. E Soderbergh si prova a raccontare la panzana."
Giorgio Carbone, 'Libero'
"Realizzato con la nuova, agilissima camera digitale Red, quasi sempre in ambienti e con luci naturali, i film sul Che di Soderbergh sono stati una sfida piuttosto ardua per i cineasti, e tali rimangono per gli spettatori: né manifesto ideologico né biografia, sono lontani dall'epica come dalla rarefazione storica. (...) A Soderbergh manca un apparato stilistico sufficiente a reggere l'impresa, che finisce per apparire sì antiretorica e cronachistica, ma anche molto piatta e per nulla emozionante."
Emanuela Martini, 'Il sole 24 Ore'
Note - Il progetto iniziale di 'Guerrilla' era stato affidato a Terrence Malick che lo ha però abbandonato per poter realizzare il film "the new world" - Premio come Miglior interprete maschile a Benicio Del Toro al 61mo Festival di Cannes (2008), dove il film è stato presentato in una versione comprendente entrambe le due parti dalla durata di 268' (parte 1, l'Argentino: 137', parte 2, Guerriglia: 131').