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Chi inquina paga! Parola di Unione Europea

Condannate le imprese operanti nel polo petrolchimico di Augusta e Priolo per i danni ambientali provocati nel territorio

11 marzo 2010

Chi ha inquinato deve pagare: la Corte di giustizia dell'Ue con una sentenza ha chiarito che le aziende del polo petrolchimico siciliano, nell'area compresa tra i comuni di Augusta, Priolo Gargallo e Melilli, possono essere considerate "presunte responsabili dell'inquinamento" della rada. Bastano "indizi plausibili", anche se non sono stati accertati illeciti. I giudici del Lussemburgo si sono pronunciati su richiesta del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia.

Al Tar si erano rivolte, tre anni fa, le imprese Raffinerie Mediterranee Erg, Polimeri Europa, Syndial, nonché Eni, ritenendo irrealizzabile la bonifica richiesta loro e soprattutto con costi sproporzionati. Una prima sentenza del Tribunale amministrativo, a favore delle imprese, era stata poi impugnata dalle autorità pubbliche che avevano vinto il ricorso davanti al Consiglio di giustizia amministrativa delle Regione Siciliana.
A quel punto, dopo aver prescritto alle aziende ulteriori misure, l'amministrazione pubblica ha presentato un nuovo ricorso al Tar che, a sua volta, ha coinvolto la Corte Ue per l'interpretazione della vicenda, alla luce della direttiva europea sulla responsabilità ambientale.

Il pronunciamento Ue - che sostanzialmente dà ragione alle autorità italiane - vincola ora il giudice nazionale a cui spetta l'ultima parola.
La Corte del Lussemburgo, nella sua sentenza, sottolinea che le norme comunitarie non ostacolano il fatto che le autorità pubbliche possano presumere l'esistenza "di una casualità tra determinati operatori e un inquinamento accertato, in base alla vicinanza degli impianti alla zona interessata". Per questo, spiegano i giudici, basta che l'autorità disponga di "indizi plausibili" e non è tenuta "a dimostrare l'esistenza di un illecito". Inoltre, la Corte riconosce la possibilità di imporre limiti all'uso dei terreni da parte delle aziende, se questi non sono stati bonificati dall'inquinamento, per impedire che la situazione ambientale degeneri.
Da parte sua, tuttavia, l'amministrazione pubblica è tenuta ad ascoltare i rappresentanti delle aziende ed a motivare le scelte, salvo quando non si imponga un'azione urgente dal punto di vista della salvaguardia dell'ambiente.
L'area Augusta-Priolo-Melilli è interessata da ricorrenti fenomeni di inquinamento ambientale e nella zona si sono installate molte aziende petrolchimiche e di idrocarburi, ricordano i giudici del Lussemburgo confermando, nella sostanza, il principio sancito delle norme comunitarie che 'chi inquina paga'.
Nell'area del petrolchimico, definito dagli ambientalisti il "triangolo della morte", l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) aveva riscontrato anche presunti danni alla salute con eccessi di mortalità per tumori e si erano moltiplicate le segnalazioni di bambini nati malformati.
Ad avviso di Legambiente, la sentenza sarà "molto utile a sbloccare il risanamento ambientale delle 57 aree più inquinate d'Italia, gestite dal 1998 in modo del tutto inefficiente dal ministero per l'ambiente con il programma di bonifica ambientale, oltre alle migliaia di siti locali inquinati la cui bonifica compete a comuni e regioni".

Dopo la sentenza della Corte Europea, Francesco Tanasi, segretario Nazionale Codacons, ha annunciato che è allo studio una class action per la richiesta di risarcimenti per i danni non solo ambientali ma anche di salute arrecati agli abitanti della zona dalle suddette imprese.
La class action dovrebbe al momento coinvolgere gli abitanti della zona di Augusta-Priolo-Melilli, direttamente colpiti dall'influsso negativo del polo petrolchimico, eppure al vaglio degli avvocati c'è anche l'ipotesi di estendere anche al resto della provincia di Siracusa la possibilità di aderire alla class action, poiché i danni provocati dall'inquinamento delle imprese sarebbero molto più allargati e profondi.
Tanasi ha chiesto in merito alle autorità competenti di imporre immediatamente alle imprese del polo petrolchimico un esoso risarcimento economico, che solo in minima parte compenserà comunque l'enorme danno ambientale subito da tutta la zona. Per le imprese che non vorranno rimediare al danno causato, si chiede inoltre di prevedere il ritiro delle autorizzazioni.

[Informazioni tratte da ANSA, Codacons.it]

 

 

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11 marzo 2010
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