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Chiamiamola ''nuova influenza umana''

L'Organizzazione mondiale della Sanità ha innalzato il livello di rischio a 5, livello che precede pandemia

30 aprile 2009

Ieri l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), alzando il livello di rischio da 4 a 5, su una scala da 1 a 6, ha annunciato che il mondo è sull'orlo di una pendemia, mentre il virus della cosiddetta influenza suina, o come viene chiamata da altri "nuova influenza", ha fatto la sua prima vittima al di fuori del Messico, un bimbo messicano morto in Texas.
"Le pandemie di influenza devono essere prese seriamente per via della loro capacità di diffondersi rapidamente a ogni Paese nel mondo", ha detto la direttrice generale dell'Oms Margaret Chan in una conferenza stampa a Ginevra per annunciare l'innalzamento del livello di rischio. "La vera domanda è questa: quanto sarà grave la pandemia", ha detto Chan, per poi aggiungere, comunque, che il mondo "è meglio preparato per una pandemia influenzale che in qualunque altro momento storico".

La "nuova influenza" arriverà anche in Italia - La febbre suina arriverà anche in Italia, ma il virus che sta colpendo il Messico sarebbe meno aggressivo di quello di una normale influenza. Ne è convinto il sottosegretario al Welfare Ferruccio Fazio che ha avvertito: "Ci aspettiamo a breve i primi casi in Italia. Abbiamo infatti molti turisti rientrati dall'estero e sono circa una ventina finora i casi sospetti e per il momento nessuno è stato confermato". "Per i due casi di Lodi sappiamo con certezza che non si tratta di febbre suina - ha precisato Fazio - i test sono infatti negativi e hanno dimostrato che si tratta di una semplice influenza stagionale". Già nelle prossime ore partiranno i test di sequenziamento del virus per verificare gli altri casi al momento sospetti. E verrà messo a punto un "sistema più veloce e automatizzato con l'Istituto superiore di sanità" per avere risposte in tempi più rapidi. Fazio si dice comunque ottimista e tranquillo, "anzi, da sabato - ha sottolineato all'Adnkronos Salute - ogni giorno che passa sono più tranquillo, perché abbiamo seguito l'evoluzione clinica dei casi in altri Paesi. E arrivano segnali rassicuranti".

Quanto alla pericolosità del virus che dal Messico si sta diffondendo in altri Paesi il sottosegretario ha spiegato che "si sta dimostrando molto poco aggressivo. E' vero che i microrganismi possono sempre mutare, ma sembrerebbe - da quanto visto negli Usa - che l'attuale livello di aggressività dell'H1N1 sia inferiore a quello di una normale influenza". Tuttavia correre a vaccinarsi contro l'influenza tradizionale per scampare alla cosiddetta febbre suina è inutile. Il siero contro il più classico dei malanni invernali "non funziona su questa forma pandemica", ha precisato Fazio, prima della riunione di ieri con gli assessori regionali alla Sanità nella sede del dicastero in Lungotevere Ripa, per "confrontare e coordinare i piani pandemici regionali con il Governo centrale".
Il sottosegretario ha inoltre chiesto al ministro della Difesa, Ignazio La Russa, di potersi avvalere delle competenze degli organi sanitari della Difesa per fronteggiare il rischio di un'eventuale epidemia. Il Ministero della Difesa ha immediatamente aderito alla richiesta e ha subito disposto che lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, uno degli Enti dipendenti dall'Agenzia Industrie Difesa, diretta da Marco Airaghi, proceda all'incapsulamento delle sostanze necessarie alla realizzazione del farmaco antivirale.

Rischio zero dalla carne di maiale cotta - Il rischio di contrarre la cosiddetta influenza suina mangiando carne di maiale cotta o insaccati è praticamente pari a zero. Per questo "abbiamo ritenuto opportuno, insieme all'Organizzazione mondiale della sanità - ha spiegato il sottosegretario al Welfare Fazio - chiamare questo virus non più influenza suina ma nuova influenza umana".
Ad ogni modo l'allarme sanitario legato all'influenza dei suini comincia in queste ore ad avere i primi effetti sui consumi dei cittadini italiani. In base alle stime del Codacons, una famiglia su 5 è assai propensa a non acquistare carne suina nelle prossime settimane, almeno fino a che l'allarme non sarà rientrato o non ci saranno notizie particolarmente rassicuranti.
"La diffidenza dei consumatori anche per i prosciutti in seguito all'influenza suina non è assolutamente giustificata". E' quanto sostiene l'Unione Nazionale Consumatori che riceve preoccupati quesiti sulla possibilità di contagio da parte dei prosciutti. "Innanzitutto - osserva l'Unione Consumatori - i prosciutti a denominazione d'origine (Dop) sono fatti soltanto con cosce di maiali italiani, che sono indenni dal virus". "Ma anche gli altri prosciutti - spiega l'associazione - sono stati fatti diversi mesi fa, quando il virus ancora non era comparso e, comunque, il sale e la lunga stagionatura non permettono al virus di sopravvivere".

Da Slow Food un "NO" all'allarmismo e un invito a riflettere sulle metodologie di allevamento - A causa della recente epidemia di febbre suina, l'eccessivo allarmismo può indurre il consumatore ad eliminare totalmente dalle proprie tavole la carne di maiale. Meglio dunque ribadire alcune importanti precisazioni: il ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, come del resto tutti gli esperti e l'Organizzazione Mondiale della Sanità, sono concordi nel dire che il virus H1N1, responsabile dell'epidemia in Messico, non si trasmette consumando carne di maiale. Ciò significa che la trasmissione della malattia non avviene per via alimentare, ma attraverso il contagio tra esseri viventi.
"Certo il problema esiste e questa nuova epidemia, dopo la sindrome della mucca pazza e l'aviaria, tira in ballo di nuovo la questione del benessere dell'animale", sottolinea Silvio Barbero, segretario nazionale di Slow Food Italia. "Molti studiosi sospettano uno stretto legame tra il metodo di allevamento industriale, dove gli animali vivono ammassati l'uno contro l'altro in condizioni che poco hanno a che fare con la vita naturale, e la febbre suina. Sembra molto probabile infatti che il contagio, ma soprattutto la mutazione dei virus siano più facili dove vi sia una grande concentrazione di animali - spiega Barbero -, come può avvenire negli allevamenti industriali, dove gli esemplari sono sottoposti a stress e a continui trattamenti terapeutici, per cui si generano le condizioni migliori per la trasformazione dell'agente virale".

Oltre all'allevamento, prosegue Slow Food, un altro aspetto su cui porre massima attenzione è il trasporto animale, visto che il contagio avviene quando il suino infetto è vivo. Per questo motivo i controlli e i monitoraggi del Dipartimento Sanità Pubblica Veterinaria devono essere più che mai precisi e accurati. "Il fenomeno della febbre (o influenza) suina pone inoltre nuovi interrogativi sulla clonazione animale, la creazione cioè di esseri identici come corredo genetico - continua Barbero -. Tutti questi esemplari potrebbero trovarsi completamente indifesi nei confronti di un determinato virus. Bisogna quindi tutelare e diffondere la biodiversità animale, uno degli strumenti più efficaci per evitare pandemie".
Da sempre Slow Food sostiene una riduzione del consumo di carne con l'obiettivo di arrestare la continua rincorsa a massimizzarne la produzione. Questo, secondo l'associazione, è l'unico modo per avere allevamenti più sostenibili che tengano conto del benessere dell'animale e per promuovere un consumo responsabile e di qualità. Su questo fronte diventa fondamentale anche una precisa e puntuale tracciabilità della filiera. L'attuale situazione di criticità può essere occasione per mettere al centro della riflessione queste tematiche, perché, conclude Slow Food, se è vero che in Italia il fenomeno della febbre suina al momento non è presente, certamente il problema degli allevamenti di stampo industriale sì.

[Informazioni tratte da Reuters.it, Adnkronos Salute/Ign, Agenzia Internazionale Stampa Estero]

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30 aprile 2009
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