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Ciancimino jr tira in ballo De Gennaro

Trattativa mafia-Stato: "Mio padre parlò dell'ex capo della Polizia come vicino al Signor Franco"

04 dicembre 2010

Massimo Ciancimino, che sta raccontando i retroscena della cosiddetta 'trattativa' tra Stato e mafia, avrebbe fatto il nome dell'ex capo della Polizia Gianni De Gennaro, indicandolo come "vicino" al misterioso 'signor Franco' l'uomo dei servizi segreti che avrebbe fatto da mediatore tra Vito Ciancimino e lo Stato nel periodo della trattativa. Ciancimino junior, interrogato dai magistrati di Caltanissetta, sostiene di avere saputo il nome di De Gennaro dal padre, l'ex sindaco di Palermo condannato per mafia e morto nel 2002.
Sembra che ai magistrati nisseni le risposte fornite da Ciancimino junior su De Gennaro non siano sembrate convincenti. Per questo motivo stanno valutando l'ipotesi di indagarlo per calunnia.
Secca la replica di De Gennaro: "Le affermazioni del signor Ciancimino mi lasciano del tutto indifferente, tanto evidente è la loro falsità". Dopo avere annunciato di avere già dato incarico ai suoi legali "di sporgere formale denuncia di calunnia contro Massimo Ciancimino e chiunque altro, per qualsiasi motivo ed a qualsiasi titolo, abbia concorso nel reato o ne abbia favorito la commissione", l'attuale responsabile del Dipartimento informazioni per la sicurezza (Dis) ha aggiunto: "Non mi lascerò intimidire da quest'ennesimo attacco mafioso, così come non mi hanno mai fermato e intimidito i ripetuti attentati alla mia vita".

L'accostamento con uno degli investigatori più noti e stimati d'Italia da parte di Ciancimino ha fatto subito balzare sulla sedia gli inquirenti e il superteste ha dovuto, poi, spiegare ai magistrati di Caltanissetta, che hanno riaperto le indagini sulle stragi del '92 e che indagano sulla trattativa, il senso delle sue parole. Messo di fronte alle contestazioni della Procura, però, Ciancimino jr ha fatto retromarcia, attribuendo al padre, morto nel novembre 2002 e che aveva fortissimi motivi di risentimento nei confronti dell'investigatore che lavorò a lungo con Giovanni Falcone e che convinse il boss Tommaso Buscetta a pentirsi, informazioni, giudizi e valutazioni. Punti di vista dell'ex politico Dc, insomma, da cui Ciancimino jr ha detto di prendere le distanze. Nonostante il figlio di don Vito abbia sostenuto di essere stato equivocato e abbia precisato di avere saputo dal padre soltanto che De Gennaro sarebbe stato vicino allo 007, i pm che lo interrogavano hanno continuato a incalzarlo. Le risposte non sarebbero apparse convincenti e potrebbero ora costare a Ciancimino un'indagine per calunnia.
L'ipotesi di un'iscrizione nel registro degli indagati è stata discussa in una riunione congiunta, svoltasi alla Dna, tra i pm nisseni e quelli palermitani che ritengono Ciancimino un teste chiave in diverse inchieste e processi. Il nome di De Gennaro era già stato in qualche modo accostato a quello dello 007 in un bigliettino manoscritto dell'ex sindaco di Palermo. A luglio Massimo Ciancimino ha consegnato ai magistrati del capoluogo un documento del padre, che risalirebbe ai primi anni '90, con 12 nomi di investigatori e politici, come l'ex ministro Franco Restivo, l'ex questore Arnaldo La Barbera e il funzionario del Sisde Bruno Contrada. Nella lista c'era anche un tale Gross e, accanto, le iniziali "F/C", che, a dire del figlio dell'ex sindaco, indicavano i due nomi con cui lo 007 era noto: Franco e Carlo. Una freccia collegava poi Gross a un altro cognome: "De Gennaro". Il riferimento a Gross indusse la Procura di Palermo a fare accertamenti su un ex console onorario israeliano, Moshe Gross. Ma la pista si sarebbe rivelata un buco nell'acqua.

Tra vari colpi di scena, la caccia al signor Franco vede impegnate le due Procure siciliane da mesi. A maggio i magistrati nisseni, sequestrarono alcune copie di un periodico romano in cui, a dire di Massimo Ciancimino, sarebbe stata pubblicata una foto dello 007, tra gli invitati a un evento mondano. Ma, dopo un primo incerto riconoscimento, sarebbe emerso che, in quell'occasione, ammesso che fosse presente, il signor Franco non era mai stato immortalato in foto. Del presunto protagonista della trattativa Ciancimino avrebbe fornito anche un identikit e il numero di cellulare, poi risultato inesistente. Più volte, almeno secondo indiscrezioni, le indagini sarebbero state vicine all'identificazione del misterioso uomo. Ma di fatto il superteste, che ha raccontato di avere incontrato l'agente in diverse occasioni e di averlo visto uscire dall'ambasciata americana presso la Santa Sede, non ha mai portato i magistrati al misterioso protagonista della trattativa.

Nei giorni scorsi, sempre Massimo Ciancimino parlando ancora della fantomatica figura del "signor Franco", ha raccontato, questa volta ai magistrati palermitani, come, nell’estate del 1984, mentre il giudice Giovanni Falcone interrogava in gran segreto Tommaso Buscetta, il primo grande pentito di mafia, Vito Ciancimino sapeva già, quasi in diretta, che il suo nome era stato fatto e per questo era corso a mettere in salvo parte del suo tesoro.
“Venne il conte Romolo Vaselli ad avvertirci – ha detto Ciancimino jr ai pm di Palermo – ma mio padre sapeva già, grazie al signor Franco (…) Mio padre simulò la vendita della Etna costruzioni a Vaselli – così è proseguito il racconto – due miliardi e quattrocento milioni delle vecchie lire che si trovavano in alcuni libretti al portatore gestiti dallo stesso Vaselli furono svincolati e messi al sicuro in Svizzera".
A riscontro di quanto dichiarato, Massimo Ciancimino ha dato una pista agli inquirenti: "Andate a controllare nel registro dell’hotel Billia a Saint Vincent. Ci restammo quasi un mese in quell’estate 1984. Con la scusa di dover fare delle cure particolari in Svizzera, due volte alla settimana attraversavamo il confine. E i soldi viaggiavano assieme a noi".
Ma Falcone aveva capito e ha fatto di tutto per ripercorrere a ritroso la strada fatta dai due miliardi, le quote della Etna costruzioni trasferite a Vaselli. Il giudice interrogò anche il conte che, alla fine, ha ammesso che già il primo settembre 1984 Ciancimino gli aveva chiesto la "cortesia" di intestarsi fittiziamente il capitale della società: "Mi riferì che erano possibili indagini patrimoniali su uomini politici e che, pertanto, aveva la necessità di disfarsi della titolarità di tali azioni, gestite fiduciariamente dalla Figeroma". Ma i soldi erano già al sicuro in Svizzera e Falcone non scoprì mai chi l’aveva tradito. ["Così portammo in Svizzera 2 miliardi" di Salvo Palazzolo]

E parlando di "Trattativa mafia-Stato"... - "Se dopo gli attentati del '92 e del '93 vi furono trattative tra Stato e mafia, a condurle possono essere stati solo gli allora responsabili dei Governi di centrosinistra". È la tesi confermata in una conferenza stampa dai presidenti dei senatori e dei deputati del Pdl, Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto.
"C'è un capitolo della storia d'Italia che va investigato perché circondato da un eccesso di silenzio" e per fare piene luce necessario secondo i due approfondire le rivelazioni fatte dall'ex ministro di Giustizia, Giovanni Conso, convocando in Commissione Antimafia degli ex presidenti della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi (nel 1993 presidente del Consiglio, ndr), Nicola Mancino, allora ministro dell'Interno e Luciano Violante ex presidente dell'Antimafia.
Le "verità nascoste" ed i contatti più o meno diretti di quegli anni, probabilmente dal '91 alla fine del '93, sembrano affiorare seppure a tanta distanza da quegli anni, quasi per caso. Conso per tutti ne è la prova. Non è mai stato chiamato, così ha detto candidamente, da alcun magistrato in nessuno delle decine di processi che si sono svolti fino ad oggi in altrettanti tribunali sulle presunta/e "trattativa/e" fra Cosa Nostra e lo Stato perchè fosse rivisto ed ammorbidito il 41bis (una delle principali richieste contenute nel "papello"). Né, tanto meno, nel corso dei continui scontri nei tribunali, nei dibattiti politici e nelle aule del Parlamento, l'ex Guardasigilli è intervenuto per chiarire quanto poi, appena qualche settimana fa, dopo 17 anni, ha rivelato in audizione davanti ai parlamentari dell'Antimafia: "Revocai il 41 bis a 140 boss per fermare le stragi".

Sia stato il frutto di una trattativa, come sembrano credere Cicchitto e Gasparri, ma anche tanti altri, o di una decisione autonoma del governo di allora, Conso cancella d'un colpo decine di requisitorie, migliaia di pagine di sentenze e, c'è da augurarselo, inchieste in corso. Si ricomincia da capo e si va verso altre direzioni.
I fatti rivelati da Conso, ma anche l'ex capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Nicolò Amato, e lo stesso Oscar Luigi Scalfaro con le dichiarazioni rese in Tv dove dice e non dice sulle "trattative", danno un quadro che preoccupa la sinistra italiana e l'antimafia militante, le sconfessano entrambe, infatti, ed aprono scenari che fino a qualche settimana fa soltanto in pochi prevedevano.
Non si sa se Scalfaro o Carlo Azeglio Ciampi verranno ascoltati in commissione Antimafia,e forse anche in qualche tribunale, ma di certo, soprattutto Ciampi, che è sempre intervenuto su tutto, dovrà chiarire se da presidente del Consiglio fu informato dai suoi ministri che non soltanto non avrebbero rinnovato per centinaia di boss il regime del carcere duro, ma che quella decisione poteva essere utile a chiudere la campagna stragista di Cosa Nostra, come dai penitenziari ci si augurava.
Ma le rivelazioni di Conso scarsamente valorizzate dai media, stanno creando moltissimi imbarazzi in alcuni tribunali e ne fanno prova le parole dette in questi giorni dal presidente dell'Associazione nazionale dei magistrati Luca Palamara: "Non parliamo più di cose di 17 anni fa su cui il giudizio spetta alla storia. Serve invece una politica attenta alle questioni attuali". Una rimozione globale, la stessa che due anni fa chiedeva il piemme di Palermo Antonio Ingroia nel corso di una intervista ad un settimanale, salvo poi tornare ad indagare generali e poliziotti per la "trattativa".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, Lasiciliaweb.it]

- Quella revoca del 41 bis nel '93 (Guidasicilia.it, 19/11/10)

"Sul 41-bis non ci fu trattativa tra Stato e mafia" (Guidasicilia.it, 25/11/10)

- La mafia, le stragi e lo Stato (Guidasicilia.it, 27/11/10)

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04 dicembre 2010
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