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Ciao Peppino!

Dedicato a Peppino Impastato ammazzato dalla mafia a Cinisi (PA) ventotto anni fa

09 maggio 2006

Chi ciriveddu puntutu e chi lingua taglienti c'avia. Una testa china ri pinseri trasparenti comu 'u brillanti, e na vucca china ri paroli pi tutti, chi tagghiavanu carni e ossa e ca nun'ammucciavanu nenti.
Era minutu Pippinu, ma rintra 'o pettu ci batteva un cori ri liuni curaggiusu, e comu un liuni passiavi pi strati a testa ritta, taliannu a tutti 'ntà l'occhi.

Parrava e parrava Pippinu, cuntava a tutti li sò paisani ca un c'è cosa chiù tinta ca pistarisi a propria dignità sutta li peri, ca un c'è cosa chiù tinta ri scantarisi ra genti c'amminazza, genti senza cugghiuna, ca pi supricchiaria, ri notti, mentri nuddu viri nenti, t'abbrucia a machina o ti runa focu a la campagna.
Pippinu cuntava a tutti ca scantarisi l'avissi fattu vinciri sempri, siddu nuddu avissi rittu nenti, si c'avissi ratu raggiuni a 'sti 'nfami, e parrannu e parrannu lu ripitia in cuntinuazioni ca un c'è cosa chiù tinta ca pistarisi 'a propria dignità sutta li peri.

Chi ciriveddu puntutu e chi lingua taglienti c'avia. Una testa china ri pinseri trasparenti comu 'u brillanti, e una vucca china ri paroli pi tutti, chi tagghiavanu carni e ossa e ca nun'ammucciavanu nenti.
“Pippinu st'attentu, Pippinu zittuti e porta rispettu, Pippinu st'accura”, ci dicevanu, ma Pippinu faceva nomi e cugnomi, e a tutti 'sti “signori” ci dicia chiaramenti ca iddu un si scatava, picchì crireva 'ntà libertà, crireva alla giustizia e crireva o' rispettu ma chiddu veru.

Poi na matina a Pippinu 'u truvaru mortu, vicinu li binari ra ferrovia. Satò ntà l'aria pezza pezza. Rissiru ca s'avia livatu 'a vita picchì Pippinu avia la testa malata. Rissiru ca la bumma la stava mittennu iddu pi fari satari ntà l'aria un trenu c'avia passari. Ma lu sapevanu tutti ca a Pippinu l'ammazzaru, e tutti sapianu ca fù 'a mafia.

'U ficiru satari ntà l'aria a Pippinu, picchì iddu un si scantava e ogni parola ca diceva era peggiu ri na bumma. Ammazzaru cu scuru, luntanu ri tutti, tintannu ri sfardarici la dignità. Ma un c'arrinisceru, e Pippinu ancora oggi parra cu tutti e a tutti spiega ca un c'è cosa chiù tinta ca pistarisi a propria dignità sutta i peri.

9 Maggio 1978. Alle ore 1,40 il macchinista del treno sulla tratta Trapani-Palermo, Gaetano Sdegno, transitando in località "Feudo", nel territorio di Cinisi, avvertendo uno scossone, ferma la locomotiva e constata che il binario è tranciato. Si mette subito in comunicazione col dirigente della stazione ferroviaria che, alle 3,45 chiama per telefono i carabinieri.
Questi accorrono sul posto: dal loro sopralluogo risulta che il binario è stato divelto per un tratto di circa 40 centimetri e che nel raggio di circa 300 metri sono sparsi resti umani. La persona deceduta in seguito all'esplosione viene identificata in Giuseppe Impastato.
Oltre ai carabinieri sul posto accorrono molti curiosi, mentre i compagni di Impastato vengono tenuti a distanza. I resti vengono raccolti frettolosamente e il tratto di binario tranciato dall'esplosione viene subito riparato. Si cancellano così importantissime prove.

La pista seguita dai carabinieri, dalla polizia e dalla Digos è quella dell'attentato terroristico. A Roma, in via Caetani, nello stesso giorno viene trovato il corpo senza vita di Aldo Moro; il clima è tale per cui la prima cosa a cui pensano le forze dell'ordine è che le "teste calde" non possano che essere affiliate alle Brigate Rosse.
I carabinieri perquisiscono le case della zia, Fara Bartolotta, dove Peppino Impastato abitava, della madre, Felicia Bartolotta, e dei compagni di Peppino e requisiscono vari materiali: i libri di Peppino, numeri di "Lotta continua", il libro di Erich Fromm "Anatomia della distruttività umana". In casa della zia trovano la lettera in cui Peppino parla dei suoi propositi di suicidio, scritta mesi prima.

Sui muri di Cinisi appare un manifesto, ad opera di Salvo Vitale, uno dei più attivi collaboratori di Peppino a Radio Aut, e di Gino Scasso, dirigente di Democrazia proletaria di Partinico: "Peppino Impastato è stato assassinato. Il lungo passato di militante rivoluzionario è stato strumentalizzato dagli assassini e dalle "forze dell'ordine" per partorire l'assurda ipotesi di un attentato terroristico. Non è così! L'omicidio ha un nome chiaro: MAFIA. Mentre ci stringiamo intorno al corpo straziato di Peppino, formuliamo una sola promessa: continuare la battaglia contro i suoi assassini. Democrazia proletaria".

Un mare di gente
a flutti disordinati
s'è riversato nelle piazze,
nelle strade e nei sobborghi.
È tutto un gran vociare
che gela il sangue,
come uno scricchiolio di ossa rotte.
Non si può volere e pensare
nel frastuono assordante;
nell'odore di calca
c'è aria di festa.

[Poesia di Peppino Impastato]

Biografia di un rivoluzionario di paese
Giuseppe Impastato, per tutti Peppino, nacque a Cinisi, paese in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, da una famiglia mafiosa (il padre Luigi era stato inviato al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella, ucciso con una autobomba nel 1963). Ancora ragazzo, rompe i rapporti con il padre, che lo caccia via di casa, e avvia un'attività politico-culturale antimafiosa.
Nel 1965 fonda il giornalino “L'Idea socialista” e aderisce al Psiup. Dal 1968 in poi partecipa, con ruolo dirigente, alle attività dei gruppi di Nuova Sinistra. Conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell'aeroporto di Palermo, in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati. Nel 1975 costituisce il gruppo “Musica e cultura”, che svolge attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti ecc.); nel 1976 fonda “Radio Aut”, radio privata autofinanziata, con cui denuncia quotidianamente i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, e in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti, che avevano un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell'aeroporto. Il programma più seguito era “Onda pazza”, trasmissione satirica con cui sbeffeggiava mafiosi e politici.
Nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali. Viene assassinato nella notte tra l'8 e il 9 maggio del 1978, nel corso della campagna elettorale, con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia.
Gli elettori di Cinisi votano il suo nome, riuscendo ad eleggerlo al Consiglio comunale. Stampa, forze dell'ordine e magistratura parlano di atto terroristico in cui l'attentatore sarebbe rimasto vittima e, dopo la scoperta di una lettera scritta molti mesi prima, di suicidio.

Grazie all'attività del fratello Giovanni e della madre Felicia Bartolotta Impastato, che rompono pubblicamente con la parentela mafiosa, dei compagni di militanza e del Centro siciliano di documentazione di Palermo, nato nel 1977 e che nel 1980 si sarebbe intitolato a Giuseppe Impastato, viene individuata la matrice mafiosa del delitto e sulla base della documentazione raccolta e delle denunce presentate viene riaperta l'inchiesta giudiziaria.
Il 9 maggio del 1979 il Centro siciliano di documentazione organizza, con Democrazia proletaria, la prima manifestazione nazionale contro la mafia della storia d'Italia, a cui parteciparono 2000 persone provenienti da tutto il Paese. Nel maggio del 1984 l'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, che aveva avviato il lavoro del primo pool antimafia ed era stato assassinato nel luglio del 1983, emette una sentenza, firmata dal Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto, in cui si riconosce la matrice mafiosa del delitto, attribuito però ad ignoti. Il Centro Impastato pubblica nel 1986 la storia di vita della madre di Giuseppe Impastato, nel volume La mafia in casa mia, e il dossier Notissimi ignoti, indicando come mandante del delitto il boss Gaetano Badalamenti, nel frattempo condannato a 45 anni di reclusione per traffico di droga dalla Corte di New York, nel processo alla “Pizza Connection”.

Nel maggio del 1992 il Tribunale di Palermo decide l'archiviazione del “caso Impastato”, ribadendo la matrice mafiosa del delitto ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la possibile responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei “corleonesi”. Nel maggio del 1994 il Centro Impastato presenta un'istanza per la riapertura dell'inchiesta, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo che venga interrogato sul delitto Impastato il nuovo collaboratore della giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla mafia di Cinisi. Nel marzo del 1996 la madre, il fratello e il Centro Impastato presentano un esposto in cui chiedono di indagare su episodi non chiariti, riguardanti in particolare il comportamento dei carabinieri subito dopo il delitto. Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di Salvatore Palazzolo, che indica in Badalamenti il mandante dell'omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo, l'inchiesta viene formalmente riaperta. Nel novembre del 1997 viene emesso un ordine di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante del delitto. Il 10 marzo 1999 si svolge l'udienza preliminare del processo contro Vito Palazzolo, mentre la posizione di Badalamenti viene stralciata. I familiari, il Centro Impastato, Rifondazione comunista, il Comune di Cinisi e l'Ordine dei giornalisti chiedono di costituirsi parte civile e la loro richiesta viene accolta. Il 23 novembre 1999 Gaetano Badalamenti rinuncia alla udienza preliminare e chiede il giudizio immediato. Nell'udienza del 26 gennaio 2000 la difesa di Vito Palazzolo chiede che si proceda con il rito abbreviato, mentre il processo contro Gaetano Badalamenti si svolgerà con il rito normale e in video-conferenza. Il 4 maggio, nel procedimento contro Palazzolo, e il 21 settembre, nel processo contro Badalamenti, vengono respinte le richieste di costituzione di parte civile del Centro Impastato, di Rifondazione comunista e dell'Ordine dei giornalisti.
Nel 1998 presso la Commissione parlamentare antimafia si è costituito un Comitato sul caso Impastato e il 6 Dicembre 2000 è stata approvata una relazione sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini.
Il 5 marzo 2001 la Corte d'assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a 30 anni di reclusione. L'11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato condannato all'ergastolo.

- www.centroimpastato.it

- www.peppinoimpastato.com

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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09 maggio 2006
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