Claudio Martelli al "processo Mori"
Stamane davanti alla quarta sezione del Tribunale di Palermo l'ex ministro della Giustizia
E' ripreso questa mattina, davanti alla quarta sezione del Tribunale di Palermo, il processo a carico del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra per la mancata cattura del boss mafioso Bernardo Provenzano dell'ottobre del 1995.
In aula ad essere ascoltato l'ex ministro della Giustizia Claudio Martelli, citato dai rappresentati dell'accusa, i pm Nino Di Matteo e Antonio Ingroia.
Assente, invece, Liliana Ferraro, magistrato ed ex dirigente del ministero della Giustizia, collaboratrice di Giovanni Falcone. Il magistrato ha presentato ai pm un certificato medico in cui ha ribadito l'impossibilità di essere presente per motivi di salute.
Martelli e Ferraro sono stati citati dopo le dichiarazioni rese in aula da Massimo Ciancimino, il figlio dell'ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino, nell'ambito della presunta trattativa tra lo Stato e Cosa nostra dopo le stragi del 1992.
L'ex ministro della Giustizia, nell'ottobre del 2009, venne interrogato dai pm di Palermo e Caltanissetta, nell'ambito delle indagini sulla trattativa fra Stato e mafia dopo le stragi del '92, condotta dal procuratore aggiunto del capoluogo siciliano Antonio Ingroia e dal pm Paolo Guido, ma anche sulla strage di via D'Amelio, svolta dal procuratore nisseno Sergio Lari e dall'aggiunto Domenico Gozzo.
Martelli, ascoltato a Roma, ha ribadito quanto anticipato in una puntata della trasmissione di Michele Santoro 'Annozero': "Intuii che Borsellino sapesse della trattativa fra Stato e boss per fare cessare la stagione delle stragi - aveva detto - e di recente me lo ha confermato Liliana Ferraro", l'ex direttore degli Affari penali del ministero della Giustizia, successore di Giovanni Falcone in questo incarico, dopo la strage di Capaci. Pure la Ferraro è stata ascoltata dai magistrati siciliani, a ottobre, a Roma.
Martelli ha negato di avere ricordato soltanto ora fatti risalenti al 1992: "Avevo parlato in numerose interviste dei miei dubbi sulla formazione del governo Amato, nel 1992, delle pressioni che subii per lasciare la Giustizia e andare alla Difesa, e della situazione di Vincenzo Scotti, che dovette lasciare gli Interni a Nicola Mancino". Ad Annozero Martelli aveva detto - e a ottobre lo aveva confermato ai pm - che Borsellino fu informato dalla Ferraro dei tentativi di Massimo Ciancimino di avere "coperture politiche" rispetto ai contatti e agli approcci con i carabinieri.
Il generale Mario Mori, intervenuto più volte in aula al processo con dichiarazioni spontanee ha, invece, sempre sostenuto di avere appreso della trattativa soltanto dopo le stragi del '92, "nell'agosto del '92" e non dopo la strage di Capaci, come invece sostiene Massimo Ciancimino che da mesi viene interrogato dai pm sulla trattativa.
La cronaca della mattinata
Si è conclusa intorno alle 13.15 la deposizione dell'ex ministro della giustizia Claudio Martelli al processo al generale dell'Arma Mario Mori. Il tribunale, accogliendo le richieste delle parti, ha ammesso l'esame di una serie di testi le cui dichiarazioni sono state depositate la scorsa settimana agli atti del processo. Tra questi l'ex geometra Pino Lipari, ritenuto il consigliori di Bernardo Provenzano (LEGGI). E' slittato l'esame dell'altro teste che avrebbe dovuto deporre oggi: l'ex capo degli affari penali del ministero della giustizia Liliana Ferraro.
"Se solo avessi avuto sentore di una trattativa di un pezzo dello Stato con un pezzo della mafia avrei fatto l'inferno e l'avrei denunciato pubblicamente". Lo ha detto l'ex ministro della Giustizia Claudio Martelli. Chiamato a deporre dai pm del processo Antonio Ingroia e Antonio Di Matteo, Martelli ha raccontato in aula quanto dichiarato ai magistrati nell'interrogatorio dell'ottobre 2009, in seguito all'intervista rilasciata ad 'Annozero'.
"RAPPORTI TRA I ROS E VITO CIANCIMINO" - "Avemmo la sensazione che tra i carabinieri del Ros e Vito Ciancimino ci fossero rapporti stretti". E' uno dei passaggi della deposizione di Martelli. L'ex Guardasigilli ha raccontato in aula che, alla fine di giugno del '92, l'allora direttore degli Affari penali del Ministero, Liliana Ferraro, gli disse che aveva incontrato il capitano Giuseppe De Donno, allora braccio destro di Mori, e che l'ufficiale le aveva riferito di avere preso contatti con il figlio di Ciancimino, Massimo, con lo scopo di incontrare il padre "per fermare le stragi". "Ferraro - ha aggiunto Martelli - mi raccontò di avere invitato De Donno a rivolgersi a Borsellino". "Praticamente - ha continuato - Ferraro mi fece capire che il Ros voleva il supporto politico del ministero a questa iniziativa. Io mi adirai perché trovavo una sorta di volontà di insubordinazione della condotta dei carabinieri. Avevamo appena creato la Dia, che doveva coordinare il lavoro di tutte le forze di polizia e quindi non capivo perché il Ros agisse per conto proprio". Infuriato Martelli avvertì nella circostanza l'ex capo della Dia, il generale Taormina, e l'allora ministro dell'Interno. Il testimone, che ha dichiarato di non sapere se dopo l'invito della Ferraro il Ros si rivolse a Borsellino, ha raccontato di un secondo incontro tra De Donno e l'ex direttore degli affari penali.
"Nell'ottobre del 1992 - ha detto - Ferraro mi disse di avere visto De Donno e che questi le aveva chiesto di agevolare alcuni colloqui investigativi tra mafiosi detenuti e il Ross e se c'erano impedimenti a che la procura generale rilasciasse il passaporto a Vito Ciancimino". Anche questo secondo racconto della Ferraro fece adirare l'ex ministro che disapprovava l'indipendenza del Ros e riteneva Ciancimino "una delle menti più raffinate di Cosa nostra". "Dare credibilità a Ciancimino per cercare di catturare latitanti - ha aggiunto - era un delirio. Per questo chiamai l'allora procuratore generale di Palermo Bruno Siclari esprimendogli la mia contrarietà alla storia del passaporto". Martelli ha specificato, inoltre, che Ferraro gli riferì di aver informato Paolo Borsellino del colloquio avuto con De Donno a giugno del 92. "Non seppi però - ha aggiunto- di commenti del magistrato".
"Il generale dei carabinieri Francesco Delfino, nell'estate del '92, vedendomi preoccupato, mi disse che dovevo stare tranquillo perché mi avrebbero fatto un bel regalo di Natale e aggiunse che Riina me lo avrebbero portato loro", ha detto ancora Martelli. All'epoca del dialogo con Delfino, che era comandante della Regione dei carabinieri in Piemonte, Riina era latitante e sarebbe stato arrestato dopo pochi mesi. "Lì per lì - ha aggiunto Martelli - mi parve solo un auspicio".
"Non ho mai pensato che Mori e De Donno fossero dei felloni, ma che agissero di testa loro. Che avessero una sorta di presunzione o orgoglio esagerato [...] Sono convinto - ha aggiunto durante il controesame dei legali dell'imputato - che lo scopo del Ros, fermare le stragi, fosse virtuoso ma che il metodo usato, contattare Ciancimino senza informare l'autorità giudiziaria, fosse inaccettabile". "Mi lamentai del comportamento del Ros col ministro dell'interno dell'epoca. Ora, alla luce delle date e ricordando meglio, credo si trattasse di Mancino". Il teste ha dunque riferito di aver informato l'allora ministro dell'interno Nicola Mancino dei contatti tra i carabinieri del Ros e l'ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino. Contatti stretti, dopo la strage di Capaci, senza informare l'autorità giudiziaria e la Dia. "Mi lamentai di questa iniziativa indipendente del Ros che mi parve insubordinata", ha detto Martelli.
"Nicola Mancino mi chiamò dopo la trasmissione 'Annozero' e molto provato mi disse: 'Ti assicuro, Claudio, non ho mai incontrato Paolo Borsellino. Quel giorno mi insediavo da ministro ed ero circondato da compaesani che mi volevano festeggiare. Ma non incontrai Borsellino'. In questo ricordo Mancino era provato".
Finita la deposizione Claudio Martelli rispondendo alle domande dei giornalisti ha detto: "Non credo che i carabinieri del Ros abbiano trattato con la mafia. Penso solo che si siano avventurati nel terreno scivoloso di una ipotetica collaborazione con la giustizia di Vito Ciancimino per evitare le stragi e arrivare alla cattura dei latitanti".
L'ex segretario generale della Presidenza del Consiglio Fernanda Contri, ma anche l'avvocato Giorgio Ghiron, a lungo difensore di Vito Ciancimino e il colonnello dei carabinieri Massimo Giraudo sono stati citati dalla Procura di Palermo al processo a carico di Mori e Obinu. Citati anche l'ex 'consigliori' di Provenzano, Pino Lipari, l'avvocato Giovanna Livreri e l'ex difensore di Massimo Ciancimino, Roberto Mangano.
Chiesta anche la trascrizione dell'intercettazione telefonica tra gli avvocati Gianni Lapis e Giovanna Livreri. La difesa di Mori e Obinu si è detta d'accordo sulle audizioni di Contri, Ghiron e Giraudo, mentre si è riservata sulle altre richieste. La stessa difesa ha poi chiesto di produrre la trascrizione dell'interrogatorio reso dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia, il 2 novembre del '97 davanti alla Corte d'Assise d'Appello di Palermo nell'ambito del processo Borsellino-Bis. Ma il presidente della quarta sezione del tribunale, Mario Fontana, ha ammesso tutte le richieste sia di accusa che di difesa. Non si sa ancora quando verranno ascoltati in aula i testi ammessi.
Durante la richiesta dell'attività istruttoria, il pm Antonio Di Matteo, parlando della citazione di Fernanda Contri, ha spiegato che dovrà essere sentita sui "colloqui avuti con il generale Mori sugli incontri tra gli ufficiali del Ros e Vito Ciancimino". Ghiron dovrebbe essere, invece, ascoltato sulla sua conoscenza sulla "vicenda del rilascio del passaporto a Vito Ciancimino nel 1992" e "in genere sui rapporti prima del '92 tra gli ufficiali del Ros e Vito Ciancimino". Pino Lipari, che dovrebbe essere ascoltato come teste assistito, è stato citato per parlare in aula di "quanto appreso sia da Vito Ciancimino, sia da Bernardo Provenzano sia da Antonino Cinà" in merito ai rapporti tra Ciancimino e il Ros, ma anche sull'effettiva sussistenza del cosiddetto 'papello' contenente le richieste del boss Riina dopo le stragi. L'avvocato Livreri verrà sentita "sui documenti in possesso di Massimo Ciancimino sui rapporti tra Vito Ciancimino ed esponenti dei vertici del Ros", ma va anche sentita sulle "garanzie istituzionali fornite nel '94 a Lapis sulla possibilità di sviluppare rapporti con Massimo Ciancimino" su indagini su suo conto. L'ex avvocato di Massimo Ciancimino, Roberto Mangano, per la Procura va sentito per parlare del "motivo del viaggio in Egitto fatto nell'aprile del '96 con il suo assistito in concomitanza con l'arresto di Bernardo Provenzano e sulle ripetute visite dei carabinieri a Massimo Ciancimino quando quest'ultimo era agli arresti domiciliari a Palermo".
Infine, il colonnello Massimo Giraudo, ex Ros, per i pm va sentito "sui rapporti professionali sviluppati con l'allora colonnello Mario Mori" e sui "motivi di attrito con Mori su un provvedimento di carcerazione di persone da arrestare", e infine sui rapporti tra il capitano 'Ultimo' e lo stesso Mario Mori "con particolare riferimento alle attività tra l'87 e il '98 finalizzate alla cattura di Bernardo Provenzano".
La difesa di Mori e Obinu si è riservata, soprattutto sugli avvocati Mangano e Livreri, e ha parlato di "incompatibilità con la funzione di testimone". Ma i pm Ingroia e Di Matteo hanno sottolineato: "Non vogliamo fare domande relative al rapporto professionale intercorso tra Mangano e Massimo Ciancimino e tra Livreri e Lapis". Così, alla fine il presidente Fontana ha ammesso tutte le richieste avanzate da accusa e difesa.
Il processo è stato rinviato al prossimo 4 maggio per sentire il colonnello dei carabinieri Massimo Giraudo. [Adnkronos/Ing]