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Colpiti e affondati. Un altro duro colpo inflitto a Cosa nostra a Catania e a Caltanissetta

30 giugno 2006

In Sicilia negli ultimi mesi si sta vivendo una stagione veramente esaltante per quello che riguarda la lotta alla mafia. Raggiunto un'ideale apice l'11 aprile scorso, con la cattura del boss dei boss, Bernardo Provenzano, le forze dell'ordine non si sono fermate un momento e hanno portato a termine operazioni di grande importanza che hanno indebolito ancora di più la già claudicante - ma non sconfitta - Cosa nostra.

Dopo l'arresto avvenuto tre giorni fa del ''ministro degli esteri della mafia catanese'', Eugenio Galea,
la Dda di Catania ha emesso 37 ordinanze di custodia cautelare per altrettante persone, legate alla cosca catanese Pillera Puntina, accusate di associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti, riciclaggio, usura e detenzione abusiva di armi. I magistrati hanno inoltre disposto il sequestro di 17 note aziende.
A portare agli arresti, le indagini della squadra mobile di Catania sui traffici del clan mafioso confermati da due collaboratori di giustizia.
Gli investigatori hanno eseguito ingenti sequestri di cocaina, armi e, in collaborazione con la guardia di finanza, di esercizi commerciali avviati con i proventi delle attività illecite.
Arrestato a Roma, in un lussuoso albergo della capitale, anche il capo della cosca. Il boss era alloggiato in un hotel della centralissima via Veneto.

''Un altro colpo durissimo è stato inferto alla malavita organizzata. Agli uomini e ai dirigenti della Squadra mobile di Catania va il mio apprezzamento per l'importante risultato''. E' stato questo il primo commento di Enzo Bianco, ex sindaco etneo e responsabile nazionale delle Politiche della sicurezza per la Margherita, all'operazione antimafia portata a termine dalla guardia di finanza e della Squadra mobile. ''Il nostro grazie - ha aggiunto Bianco - va anche alla magistratura. Questa operazione, unita a quella importante dei carabinieri di qualche giorno fa, ci conferma l'alto livello di attenzione riservato al nostro territorio. Lo sviluppo di Catania e della sua provincia passa anche dalla battaglia per la legalità e la sicurezza''.

Ma la scure della ''Giustizia'' ieri si è abbattuta anche nella provincia nissena, dove in alcuni ovili, casolari di campagna, abitazioni e garage di Riesi e Butera, i carabinieri hanno scoperto un arsenale appartenente presumibilmete alla mafia di Caltanissetta.
Le Forze dell'Ordine hanno trovato una carabina Colt calibro 44 a ripetizione ordinaria, tipo a pompa, con matricola cancellata; un fucile a pompa calibro 12, con matricola cancellata; un revolver calibro 357 magnum a sei colpi, risultata rubata; una pistola semiautomatica, calibro 9x21, con matricola cancellata, completa di caricatore; munizionamento di vario tipo e calibro e due passamontagna.
Alcune di queste armi, secondo gli investigatori, sono probabilmente quelle utilizzate per l'omicidio dei fratelli Salvatore e Calogero D'Alessandro, avvenuto durante la guerra di mafia degli anni Novanta, che vide contrapposti i fratelli Cammarata, spalleggiati dal clan Emmanuello, collegati ai fratelli D'Alessandro, al clan Madonia.

Dall'indagine denominata ''Discovery'' che ieri mattina ha portato all'esecuzione di 20 ordinanze di custodia cautelare nel nisseno, emerge che gli esponenti criminali potevano contare su una notevole quantità di armi ''pulite''. L'inchiesta punta a far luce su alcuni delitti avvenuti alla fine degli anni Novanta, durante lo scontro fra i clan legati a Cosa nostra che si contrapponevano a quelli della "Stidda" per il controllo del territorio.
L'operazione è stata condotta dal Reparto operativo di Caltanissetta e dalla Compagnia di Gela con il supporto delle unità del Nucleo cinofili di Palermo e di un elicottero dell'Elinucleo di Palermo.

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30 giugno 2006
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