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Com'è andato lo Sciopero Generale

Adesione massiccia alla protesta del 25 novembre indetta da Cgil, Cisl e Uil. Per Berlusconi un rito trito e inutile

26 novembre 2005

Mentre tutta l'Italia si fermava per lo Sciopero Generale del 25 novembre, indetto da Cgil, Cisl e Uil, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si trovava in Sicilia, a Messina, per chiudere la campagna elettorale del candidato a sindaco del centrodestra, Luigi Ragno. Dal capoluogo siciliano Berlusconi ha detto dello sciopero: ''E' assolutamente inutile, fa parte di un rito trito che non ha nessun effetto''.
Sarà, ma allo sciopero la partecipazione è stata tanta, pure nella regione che maggiormente ha dato credito al Cavaliere e da dove la mobilitazione è stata da lui così criticata.
Parlando di numeri, in Sicilia l'adesione allo sciopero generale ha toccato in alcuni comparti il tetto del 100%.
Sciopero in massa nell'indotto dei petrolchimici di Gela e Siracusa, nell'industria (alla metalmeccanica Almer, ad esempio) e tra i braccianti di Ragusa (che hanno partecipato numerosissimi al corteo per chiedere anche l'abrogazione del tetto alla disoccupazione speciale agricola).

Secondo i dati diffusi da Cgil Cisl e Uil si sono astenuti dal lavoro il 90 % dei dipendenti del Cantiere navale di Palermo, l'80% di quelli dell'ospedale ''Villa Sofia'', il 70% del Policlinico, il 50% dell'azienda dei trasporti urbani Amat, il 40% del Comune.
All'interno dei due petrolchimici siciliani (Siracusa e Gela) hanno incrociato le braccia il 90% dei lavoratori. E ancora, a Milazzo, Messina, (dove alla manifestazione hanno partecipato in seimila) ferma all'80% la raffineria, a Caltanissetta al 50% l'Asl 2 e al 60% l'ospedale Sant'Elia.
A Porto Empedocle (Agrigento) sciopero per il 90% dei lavoratori delle Cementerie, a Caltagirone (Catania) per l'80% dei lavoratori Enel, a Marsala (Trapani) per il 100% dei dipendenti della metalmeccanica ''Ausonia''.
Le stime complessive per comparto parlano del 50% di scioperanti nell'industria alimentare della regione (Heineken, Latte Sole, Coca Cola e piccole imprese), del 50% nel pubblico impiego.

E ancora sempre secondo le stime dei sindacati, sono stati 30 mila, tra lavoratori, pensionati, precari e studenti scesi in piazza a Palermo contro la Finanziaria nazionale e la manovra economica del governo regionale, davanti al leader della Uil, Luigi Angeletti.
Anche a Catania, hanno partecipato alla manifestazione in 30 mila, circa 10 mila invece per la Questura; a Siracusa e Ragusa in 10 mila.
Ottomila tra lavoratori, pensionati e disoccupati hanno sfilato in corteo ad Agrigento, 5 mila a Caltanissetta, 2 mila a Trapani, 6 mila a Milazzo (Messina), 1.500 ad Enna.
Per il premier un rito inutile e senza effetto, ma per i sindacati siciliani il giudizio può essere solo positivo.

Da Catania, il segretario della Cisl Sicilia Paolo Mezzio, ha invitato il governatore della regione, Totò Cuffaro, a dimettersi e a ridare ''voce e potere al corpo elettorale''. ''Non è un governo normale - ha detto - quello che si avvita su se stesso con discussioni interminabili sulla data conveniente delle elezioni mentre le cronache ci consegnano l'immagine di una Sicilia delle intercettazioni e del ricatto mafioso, di istituzioni e della sanità diventate terra di conquiste di faccendieri e mafiosi''.
''In Sicilia - ha incalzato il leader Cisl - 300 mila giovani diplomati e laureati negli ultimi tre anni hanno fatto la valigia e sono andati altrove in cercare d'un futuro, l'agricoltura e la forestazione sono allo sbando, la formazione è priva di riforma e senza prospettive, le grandi aziende traslocano preferendo l'est europeo e l'est del mondo''. ''Di tutto questo - ha sostenuto Mezzio - la finanziaria regionale non si accorge come su un altro pianeta sembra volare la finanziaria nazionale''.

Un Italia a doppio binario, quella descritta a Palermo dal leader nazionale della Uil, Liugi Angeletti, con ''i ricchi che aumentano i propri patrimoni e possono evadere il fisco'', e ''i pensionati e i lavoratori dipendenti, cioè i due terzi degli italiani, che vivono con grande fatica e pagano il 70% delle tasse pur producendo la metà della ricchezza del Paese. Mentre l'economia va male e la finanziaria non fa nulla per risolvere i nodi fondamentali, tra cui la scarsa crescita del Paese e la tutela dei redditi dei lavoratori''.
Davanti a una piazza partecipe, Angeletti ha strigliato il governo e la maggioranza che, dice, ''quando abbiamo programmato lo sciopero, ha reagito con l'insulto dicendo che era uno sciopero politico, accuse meschine alle quali siamo abituati''. ''L'Italia - a inoltre detto Angeletti - è il Paese che sta peggio nell'Ue, e dieci anni fa non era così. Tutti i giorni c'è un'azienda che chiude, qualcuna fa ristrutturazione, altre mandano a casa i lavoratori, ci sono milioni di persone che si stanno impoverendo e si perdono migliaia di posti di lavoro, alcuni sostituiti con occupazione precaria e sottopagata: questa è la realtà dell’Italia, non la propaganda che si continua a fare''.

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26 novembre 2005
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