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Come se fossimo in Jamaica: tra Palermo e Trapani sono state sequestrate oltre 1 milione e 700 mila piante di marijuana

15 febbraio 2008

Nei telegiornali di ieri sono andate in onda immagini che sembravano essere state registrate in qualche campagna jamaicana, e invece sono state riprese nelle campagne palermitane, tra San Giuseppe Jato, San Cipirello e Monreale.
Oltre un milione e mezzo di piante di cannabis. Questo il numero di piante sequestrate e distrutte dai carabinieri di Monreale, durante un'indagine durata un anno che ha portato all'alba di ieri all'emissione di sei ordinanze di custodia cautelare.
L'indagine è stata coordinata dal sostituti procuratori Francesco Del Bene e Roberta Buzzolani e dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone. I sei arrestati devono rispondere di associazione a delinquere finalizzata alla produzione e al traffico di stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso.

Il provvedimento ha colpito Giovan Battista Vassallo e il cugino Stefano Vassallo, già arrestato l'estate scorsa per tentata estorsione nei confronti di due imprenditori, ma anche la convivente di giovan Battista Vassallo, Leonarda Miceli, 25 anni, agli arresti domiciliari perchè madre di due bimbi ancora piccoli. In carcere poi Salvatore Sottile, 45 anni, detto 'lo spazzino', Gioacchino Galati, 32 anni e Diego Bonura, 35 anni. Il fratello di uno degli arrestati, Giovan Battista Vassallo, Salvatore Vassallo, venne ucciso l'11 giugno scorso a San Giuseppe Jato, nel palermitano, a poca distanza dalla piantagione di canapa indiana sequestrata.
Ad aiutare i Carabinieri del Reparto territoriale di Monreale a individuare e sequestrate la vasta piantagione, sono state le intercettazioni ambientali in carcere tra Battista Vassallo e la compagna. L'uomo, malgrado utilizzasse un linguaggio criptico, dava indicazioni alla donna sul posto dove andare per le cure della piantagione. “Con la scoperta della piantagione - ha spiegato il tenente colonnello Pietro Salsano, Comandante del Reparto territoriale di Monreale - abbiamo impedito che i proventi andassero a sovvenzionare le attività delle famiglie mafiose della zona”.
Le piantagioni di canapa indiana scoperte e sequestrate “hanno un valore di oltre 15 milioni di euro”.

E anche i carabinieri del Comando provinciale di Trapani hanno eseguito ieri 15 ordini di custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere finalizzata alla produzione e al traffico internazionale di droga. Nell'indagine sono coinvolti anche due affiliati alla famiglia mafiosa di Mazara del Vallo (TP).
Nell'ambito dell'operazione sono stati scoperti e sequestrati due campi di marijuana, dove c'erano oltre duemila piante che avrebbero prodotto, secondo i carabinieri, 120 milioni di dosi medie.
Gli aderenti al sodalizio avevano aperto canali di traffico di cocaina con la penisola iberica e il Marocco. Il gruppo disponeva di armi e, sempre secondo gli investigatori, operava con il consenso di Cosa nostra. Inoltre sono stati sequestrati due immobili del valore di 500 mila euro. [Informazioni tratte da Repubblica.it, Corriere.it, La Sicilia.it]

L'autoproduzione diventa business
Cannabis, l'oro verde del Sud

di Salvo Palazzolo (la Repubblica, 15 febbraio 2008)

Lo chiamano l'oro verde del Sud. Centinaia di ettari perfettamente curati, decine di serre sparse tra Sicilia, Calabria, Puglia e Campania, un numero imprecisato di vivai che lavorano a pieno ritmo per rifornire di piantine - che poi diventeranno arbusti alti due metri - una nuova e molto particolare generazione di agricoltori. L'oro verde del Sud è la cannabis, da cui si producono marijuana e hashish.
Chi coltiva la cannabis non è in realtà un vero contadino, ma neppure un criminale incaricato da chissà quale organizzazione di trafficanti. I nuovi produttori di cannabis hanno 25-30 anni, al massimo 40. Sono studenti, impiegati, imprenditori e commercianti. Spesso con qualche insuccesso professionale alle spalle, quasi sempre senza precedenti penali.
Sono un vero esercito, a leggere l'ultima relazione semestrale della Direzione centrale dei servizi antidroga. Un esercito che si ingrossa ogni giorno. L'anno scorso, la Cassazione aveva stabilito: "Non commette reato solo chi coltiva in casa, e per uso personale". Ma quest'anno, è arrivato il dietrofront degli ermellini: "E' penalmente rilevante la coltivazione anche di una sola piantina".

Qualche cifra. Nel 2006, da Bolzano a Ragusa, sono stati pescati 150 neo-coltivatori di cannabis. Nei primi sei mesi del 2007 la quota era già salita a 228. Vuol dire che in un anno il numero si è quasi quadruplicato. E per l'intelligence antidroga si è aperta ufficialmente la stagione di un'inedita guerra contro l'esercito dei produttori fantasma. Dice ancora il rapporto della Direzione centrale dei servizi antidroga che il bilancio degli ultimi sequestri di carabinieri, polizia e finanza è stato da record nel 2007. Al primo posto c'è la Sicilia, con 1.426.974 piante di cannabis. Segue la Calabria, con 7.250 esemplari, che restano da record nazionale, perché l'acqua dell'Aspromonte ha fatto germogliare piante alte fino a tre metri. In Campania e in Puglia ne sono state trovate un migliaio.
Applicando l'antica regola della Dea americana - "In materia di droga il sequestrato è poco meno del 20% del circolante" - si arriva a cifre stratosferiche. E' come se nel Mezzogiorno ci fosse un'unica enorme piantagione di cannabis, grande quanto un parco nazionale. Con tutto ciò che ne deriva: la cosiddetta "filiera", che dal produttore al trafficante al consumatore coinvolge migliaia di persone.

Ma chi sono veramente i protagonisti dell'ultimo business agricolo italiano? Eccoli, gli insospettabili. Lo studente Pasquale F., 24 anni, da Siracusa, si mise in posa davanti all'ultima pianta di cannabis nascosta nel giardino del nonno e si immortalò col videotelefonino. Però, aveva fretta di tornare a casa e perse per strada il marsupio con il telefonino e le foto. Quando i carabinieri lo convocarono, Pasquale F. offrì subito una ricompensa all'onesto cittadino che aveva ritrovato quanto gli apparteneva: qualche minuto dopo, confessava in lacrime. Il giardiniere Alessio Abbate, da Palermo, era invece sicuro di aver fatto le cose per bene, dopo anni di letture collezionate in una vera e propria biblioteca casalinga. Ma una serra fra le ville liberty di Mondello non poteva passare inosservata.
Davvero tanti insospettabili hanno cominciato con il vaso in balcone e poi, prendendo gusto al business che vale 400 euro a pianta, hanno iniziato a lavorare su grandi numeri.

L'oro alto due metri cresce soprattutto nelle vallate ben nascoste attorno a Partinico, un tempo capitale del vino, oggi laboratorio dei nuovi assetti della mafia palermitana. Cresce lungo la costa sud della Sicilia, da Castelvetrano a Gela, dove le serre della droga confinano con quelle delle melanzane.
L'oro verde cresce ancora fra i ruscelli che scorrono dentro il cuore dell'Aspromonte, in mezzo a Cardeto e Bagaladi. Sulle terrazze della costiera Amalfitana il gran caldo dello scorso luglio ha invece anticipato il periodo di maturazione. A Brindisi, i nuovi agricoltori fanno concorrenza ai trafficanti albanesi. Dicono gli 007 dell'Antidroga che gli insospettabili preferiscono però restare nei campi. Alla commercializzazione ci pensano gli altri della filiera.
I produttori più grandi di Sicilia avevano scelto un ettaro a San Cipirello, nel regno un tempo dei boss Brusca. "Quello era un investimento per la criminalità organizzata", spiega il colonnello Teo Luzi, comandante provinciale di Palermo. I proprietari di quella piantagione da un milione di arbusti erano due imprenditori che cercavano di farsi strada nei vuoti di mafia del dopo Provenzano. Le indagini proseguono, per comprendere meglio il loro ruolo. "Al momento - dicono i carabinieri di Monreale - abbiamo fermato il finanziamento che dalla piantagione poteva arrivare ad altri affari".

Uno degli ultimi pentiti di mafia, Emanuele Andronico, aveva avvertito: "Dietro il boom dei vivai di cannabis c'è Cosa nostra". Così, sempre più spesso, gli insospettabili cercatori dell'oro verde si ritrovano a incrociare qualche "strano signore", come l'ha chiamato qualcuno. Il signore delle mafie. Per acquistare semi o piante. Per pagare la "tassa" del territorio. Ma questi sono solo problemi successivi.
Cominciare non è difficile.

Il decalogo del perfetto coltivatore è su Internet. Il sito più gettonato (dall'inequivocabile titolo freecannabis, sede in Svizzera) continua a lanciare proclami antimafia prima di offrire le istruzioni per la semina: "Bisogna autoprodurre per non doversi affidare agli spacciatori". I cercatori dell'oro verde vantano una visione della società. "Si fanno forti del fatto che l'uso di eroina e cocaina è disapprovato oltre che percepito come rischioso per la salute", spiegano gli esperti del ministero della Solidarietà sociale nel rapporto al Parlamento: "Maggiore tolleranza si rileva rispetto alla cannabis".
Un'indagine di Ipsad-Italia spiega che "il 35-40 per cento della popolazione scolarizzata tra i 15 e i 19 anni approva l'uso di cannabis e lo stima come comportamento non a rischio per la salute". Estendendo l'indagine ai più grandi, emerge che in Italia i "sì" alla cannabis sono ormai quasi 10 milioni.

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15 febbraio 2008
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