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Come si sono integrati gli immigrati che per i più svariati motivi sono venuti a vivere in Italia?

23 marzo 2006

Come stanno gli immigrati che per i più svariati motivi sono venuti a viveri in Italia? E' sostanzialmente questa la domanda a cui tenta di rispondere il IV Rapporto Caritas/Migrantes sugli ''Indici di integrazione degli immigrati in Italia'', commissionato dall'Onc-Cnel e presentato ieri a Roma.
I criteri dei quali ha tenuto conto il rapporto Caritas/Migrantes, sono una serie di indicatori economici e sociali, ognuno dei quali esprime un punteggio. Fra questi, la lunga residenza, la scolarizzazione, il disagio abitativo, l'acquisizione della cittadinanza, il lavoro, la retribuzione, la disoccupazione.
Il Veneto è la regione italiana dove in media gli immigrati si sono integrati meglio. Sul podio della classifica compaiono anche le Marche e l'Emilia Romagna. In fondo si trovano la Campania, la Calabria e la Sicilia.
Nessuna regione meridionale, infatti, si trova ai primi dieci posti, dove invece si collocano 7 regioni del nord e 3 del centro. Fra la prima regione, il Veneto (con 1.542 punti), e l'ultima, la Campania (464), c'è una differenza di oltre mille punti.
Facendo il confronto con i dati del 2004, nella ''classifica'' perdono terreno la Lombardia, che addirittura passa dal primo posto al sesto, e il Lazio che perde cinque posti. Anche la prima provincia che spicca per integrazione di immigrati è veneta: Treviso. Napoli chiude anche in questo caso la classifica.

''Questi dati - tiene a precisare Franco Pittau, coordinatore del Dossier immigrazione - valutano la quantità, ossia la potenzialità del territorio, ma non la qualità dell'integrazione, che è un fenomeno più complesso da descrivere. Anche perché ogni contesto territoriale è ambivalente''.
Un concetto ribadito da Giorgio Alessandrini, presidente dell'Onc, l'organismo del Cnel che coordina le politiche di integrazione sociale degli stranieri: ''Non è detto che in Veneto l'immigrato viva benissimo e in Campania malissimo, a volte è vero tutto il contrario''. ''Questo Rapporto - ha precisato ancora - deve servire invece al rilancio di una seria politica nazionale sull'immigrazione, a prescindere da chi vincerà le elezioni, altrimenti andremo incontro a grossi problemi, perché le seconde generazioni crescono rapidamente. Se non rispondiamo alle loro speranze ed aspettative si rischia ciò che è successo nelle periferie francesi''.
Il rapporto Caritas/Migrantes sull'integrazione non è quindi ''una pagella con buoni e cattivi'', ha rimarcato l'altro curatore del Rapporto, Luca Di Sciullo, ''ma un lavoro che serve a trarre più informazioni possibili sulla capacità del territorio di mantenere la presenza degli stranieri, la loro stabilità sociale e l'inserimento lavorativo''.

Per il prossimo anno, inoltre, è stata annunciata una novità: il V Rapporto conterrà anche una comparazione con gli indici di integrazione di altri Paesi europei, Germania, Francia e Gran Bretagna in primo luogo.

Questa la classifica regionale nel dettaglio
Veneto (1.542), Marche (1.504), Emilia Romagna (1.502), Trentino Alto Adige (1.462), Friuli Venezia Giulia (1.426), Lombardia (1.420), Piemonte (1.285), Umbria (1.209), Valle d'Aosta (1.191), Toscana (1.111), Abruzzo (1.083), Liguria (1.050), Lazio (921), Sardegna (747), Puglia (720), Basilicata (649), Molise (635), Sicilia (628), Calabria (511), Campania (464).
Rispetto alle 103 province, gli indici di integrazione nella fascia massima includono 11 province, tutte del Nord eccetto una che è toscana: Treviso (1.3569, Pordenone (1.295), Reggio Emilia (1.283), Brescia (1.271), Vicenza (1.269), Prato (1.239),
Lodi (1.235), Cremona (1.230), Bergamo (1.207), Parma (1.204), Trento (1.200).
L'ultima parte della fascia minima, è così composta: Cagliari (647), Ragusa (642), Caserta (627), Potenza (626), Caltanissetta (621), Reggio Calabria (595), Salerno (581), Brindisi (574), Vibo Valentia (570), Napoli (531).

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23 marzo 2006
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