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Come stanno gli italiani

Dal Rapporto Osservasalute 2007 il punto sulla sanità italiana e sulla salute della popolazione

27 febbraio 2008

Anche quest'anno il Rapporto Osservasalute (presentato ieri a Roma) è tornato a fare il punto sulla salute degli italiani. Da anni ormai l'utile analisi, pubblicata dall'Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane che ha sede presso l'Università Cattolica di Roma, ci offre un quadro generale (ma non per questo sommario) dello stato di salute della popolazione e della qualità dell'assistenza sanitaria nelle Regioni d'Italia. Il Rapporto è frutto del lavoro di 287 esperti di sanità pubblica, clinici, demografi, epidemiologi, matematici, statistici ed economisti distribuiti su tutto il territorio italiano, che operano presso Università e numerose istituzioni pubbliche nazionali, regionali e aziendali (Ministero della Salute, Istat, Istituto Superiore di Sanità, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto Nazionale Tumori, Istituto Italiano di Medicina Sociale, Agenzia Italiana del Farmaco, Aziende Ospedaliere ed Aziende Sanitarie, Osservatori Epidemiologici Regionali, Agenzie Regionali e Provinciali di Sanità Pubblica, Assessorati Regionali e Provinciali alla Salute).

Di seguito la sintesi dei punti salienti del Rapporto Osservasalute 2007
Il Servizio sanitario nazionale - La sanità italiana appare sempre più frammentata, anche a livello economico. Complessivamente il Ssn mostra un disavanzo strutturale complessivo pari a 43 euro a persona, ovvero quasi 2,5 miliardi di euro totali, non equamente distribuito. Si possono trovare infatti regioni virtuose al Nord e al Sud, che si sono rimboccate le maniche per recuperare il disavanzo, come la Provincia Autonoma di Bolzano e il Molise, e quelle, quali Lazio e Sicilia, che meritano la maglia nera, dove gli incrementi del disavanzo tra il 2003 e il 2006 sono stati rispettivamente di 159 e 141 euro.
Il fatto però che alcune regioni del Sud siano in avanzo non deve ingannare. Confrontando il dato con la spesa pro-capite della Calabria, in avanzo, Basilicata e in parte per le Marche, si può scoprire che in realtà si tratta di indici di 'sottospesa', a svantaggio dei cittadini. Tuttavia non mancano le regioni in difficoltà che hanno ottenuto buoni risultati in termini di rientro da situazioni spesso disastrose, come Bolzano e il Molise. E nemmeno le regioni che hanno visto continuare a salire il loro disavanzo, nonostante i piani di rientro, come Lazio e Sicilia.
Secondo il Rapporto, lo squilibrio macroeconomico dipende da squilibri strutturali presenti sia nelle Asl che nelle Aziende ospedaliere (Ao). Solo nelle Regioni a Statuto speciale (tranne la Sardegna) il dato medio è stato positivo nel 2005 e in alcuni anni precedenti. Tra le Regioni a statuto ordinario invece, solo la Lombardia mostra una situazione di pareggio per Asl e Ao. Nel Lazio nel 2005 la perdita delle asl è stata in media di oltre 160 milioni di euro, il risultato peggiore a livello nazionale.

Le cattive abitudini uniscono l'Italia - Appurata la frammentazione sempre più marcata della gestione del sistema sanitario nazionale, gli italiani appaiono sempre più “uniti” nelle cattive abitudini, quali il sovrappeso e la sedentarietà, divenuti una vera e propria piaga nazionale. Secondo il Rapporto dal confronto dei dati raccolti nelle precedenti indagini (anni 2002, 2003 e 2005, dal Rapporto Osservasalute 2005 e Rapporto Osservasalute 2006) il dato relativo all'obesità mostra un trend in aumento dall'8,5% al 9,9%. Si riscontrano comunque differenze Nord-Sud per le persone in sovrappeso (valori superiori al 38% in Campania, Puglia, Basilicata e Calabria) e obesi (12,0% in Basilicata e 12,9% in Puglia), con la Sardegna (31,8% e 10,5%) che si avvicina, invece, ai dati rilevati nelle Regioni settentrionali, dove si registrano i valori più bassi (Piemonte 31,4% di persone in sovrappeso, 8,3% di adulti obesi, Valle d'Aosta, con 30,8% e 6,6%, e Lombardia, 29,8% e 8,5%). La diffusione di sovrappeso e obesità aumenta progressivamente all'avanzare dell'età, con un interessamento soprattutto delle fasce dai 45 ai 74 anni per gli uomini e dai 55 ai 74 anni per le donne. Inoltre, mentre i valori che riguardano la popolazione obesa sono sovrapponibili tra i sessi, a eccezione della classe di età compresa fra i 35 e i 44 anni (9,2% uomini e 5,3% donne), la percentuale di uomini in sovrappeso (43,9%) è quasi il doppio di quella del sesso femminile (26,2%), con valori significativamente differenti in tutte le classi di età.

Gli italiani: un popolo sempre più vecchio - Ricollegandoci a quanto detto sopra il problema delle cattive abitudini sarebbe da correggere, a maggior ragione perché il rapporto fotografa una popolazione sempre più anziana, che dovrebbe porre impegno nell'adottare stili di vita sani. La Liguria si conferma la Regione più vecchia: la metà di essa ha più di 47 anni e un altro quarto ha tra i 30 e i 46 anni, solo un quarto di popolazione con meno di 30 anni, mentre la Campania, con più della metà della popolazione che ha meno di 37 anni e solo un quarto che ne ha più di 55, ha invece la popolazione più giovane. Sul fronte delle dinamiche della popolazione si confermano le tendenze degli anni passati, come il livellamento dell'aspettativa di vita di uomini (78,3 anni nel 2006) e donne (83,9 anni nel 2006), sempre più simile tra loro e l'invecchiamento generale della popolazione, il primato positivo delle Marche con gli abitanti che vivono più a lungo (79,2 anni per gli uomini, 84,8 per le donne), quello negativo della Campania (76,9 anni per gli uomini, 82,7 per le donne).

Lo sport: questo sconosciuto - E cosa c'è di meglio se non lo sport per sconfiggere le cattive abitudini? Sicuramente nulla, e gli italiani, ovviamente, lo sanno, solo che rimangono un popolo di sedentari: nel 2005 solo il 20,9% della popolazione ha dichiarato di praticare in modo continuativo uno o più sport nel tempo libero e il 10,3% di praticarlo in modo saltuario. Le persone che hanno dichiarato di svolgere qualche attività fisica (come fare passeggiate per almeno due km, nuotare, andare in bicicletta o altro) sono il 28,2%, mentre i sedentari (coloro che non praticano né uno sport né attività fisica nel tempo libero) sono il 39,8%. Risultano più attivi gli abitanti del Nord rispetto a quelli del Sud, dove la sedentarietà è più frequente in Sicilia (58,6%). Si pratica maggiormente sport in modo continuativo nella Provincia Autonoma di Bolzano (38,5%), in Lombardia (25,6%) e in Veneto (25,3%), pochissimo in Molise (14%) e Campania (14,7%). Sono soprattutto i giovanissimi fra i 6 e i 19 anni a svolgere in modo continuativo la pratica sportiva, mentre lo sport svolto in modo saltuario coinvolge soprattutto i giovani appartenenti alle fasce di età 18-34; con l'aumentare dell'età aumenta, inoltre, la prevalenza di coloro che non praticano alcuna attività fisica.

Più figli al Nord - Nel Rapporto Osservasalute 2007 uno dei punti che salta maggiormente all'occhio è quello sulla ''rinnovata focondità'' degli italiani. Infatti se nell'immaginario comune a fare più figli sono sempre stati i Meridionali, i dati raccolti in quest'ultimo rapporto ci mostrano un'iversione di tendenza: nell'ultimo anno c'è stato un aumento di 2 punti per mille in Emilia-Romagna, in Toscana e nel Lazio, e 1,9 in Lombardia; nel contempo, in quasi tutte le Regioni meridionali il livello della fecondità si è ridotto tra 0,7 e 1,4 punti per 1.000, e anche le Province Autonome di Trento e Bolzano hanno visto ridursi la loro fecondità. In altri termini, è proseguito il processo di convergenza della fecondità regionale verso il valore medio nazionale; inoltre si è ridotto il gap tra italiane, la cui fecondità è in lieve aumento, e straniere, che vedono invece diminuire la propria.

Il rischio oncologico del Sud si avvicina a quello del Nord, ma si è riduce la mortalità - Come già evidenziato nei precedenti Rapporti, il rischio oncologico complessivo del Sud - storicamente più basso - si sta avvicinando a quello del Nord. Il tasso medio di incidenza per tutti i tumori maligni è pari a 357 casi per 100 mila abitanti maschi, 267 per 10 mila abitanti donne (anni 1998-2007); quello di mortalità 201,38 e 109,2 rispettivamente per uomini e donne.
Comunque, grazie al sostegno normativo della L. 138/2004 e sotto l'impulso del Centro di Controllo delle Malattie e dell'Osservatorio Nazionale Screening la diffusione degli screening oncologici in Italia va aumentando, e ciò significa la cresciuta possibilità d'intevenire tempestivamente. Dai dati disponibili si rileva, però, la persistenza di una diffusione non uniforme con evidenti differenze tra il Nord ed il Sud, peraltro già evidenziate in precedenza. Tre quarti delle donne italiane di 50-69 anni risiedono in zone in cui è attivo lo screening mammografico, tuttavia al Centro-Nord si supera il 90%, mentre al Sud ci si attesta intorno al 40%.

Una prevenzione buona ma migliorabile - Sul fronte della prevenzione il Rapporto mette in luce una copertura vaccinale buona, ma migliorabile: infatti per quanto le coperture per Poliomielite, anti-Difterite e Tetano (DT), o Difterite, Tetano e Pertosse (DTP) - DT-DTP - ed epatite B (HBV) siano uniformemente distribuite su tutto il territorio italiano, con una media nazionale superiore al 95%, che si allinea ai dati raccolti negli anni precedenti (Rapporto Osservasalute 2006), per quanto riguarda la vaccinazione Morbillo-Parotite-Rosolia (MPR) i dati non sono ancora ottimali (media nazionale 87,3%) e in confronto ai dati del 2003 si osserva addirittura una leggera riduzione della copertura (Rapporto Osservasalute 2006). Nessuna Regione ha raggiunto il 95%, obiettivo indicato nel Piano Nazionale per l'eliminazione del Morbillo e della Rosolia Congenita.

''Vecchie'' malattie ritornano - Un altro dato di novità, non positivo, si evidenzia per alcune malattie infettive. In base ai dati ricavati dalle notifiche obbligatorie per l'anno 2005, la sifilide è risultata più frequente rispetto alle infezioni gonococciche delle vie genitali sia nella classe di età 15-24 anni (2,9 casi per 100.000 rispetto a 1,1 casi per 100.000) che 25-64 anni (3,4 casi per 100.000 rispetto a 1,1 casi per 100.000). Per quanto concerne l'andamento nel periodo 2000-2005, globalmente si è osservato un notevole aumento dell'incidenza della sifilide (+320,3% su base nazionale nella classe di età 15-24 anni e +329,1% nella classe di età 25-64 anni) meno marcato per la gonorrea (+33,3 % su base nazionale nella classe di età 15-24 anni e +52,2% nella classe di età 25-64 anni). Le Regioni a maggiore incidenza sia nella classe di età 15- 24 che 25-64 anni sono la Provincia Autonoma di Trento e il Lazio per la sifilide (rispettivamente 12,4 e 10,2 casi per 100.000 nella classe di età 15-24; 10,0 e 10,1 casi per 100.000 nella classe di età 25-64), la Provincia Autonoma di Trento per la gonorrea nella classe di età 15-24 (6,2 casi per 100.000) e la Provincia Autonoma di Bolzano nella classe di età 25-64 (3,4 casi per 100.000 nella classe di età 25-64). Si riscontra, comunque, una generalizzata sottonotifica nelle Regioni meridionali per entrambe le infezioni, sia nel 2000 che nel 2005.

L'Italia continua a lasciare soli i disabili - Se per quel che riguarda la previzione (sia quella generale che quella oncologica) la sanità italiana ha avuto delle buone attenzioni, non si può dire lo stesso per la disabilità: in Italia sono circa il 10% le famiglie che hanno al loro interno almeno una persona con disabilità, di cui il 42% delle quali sono composte interamente da persone con disabilità, in prevalenza persone anziane che vivono sole. Il numero di persone con disabilità grave ammonta a 2 milioni 609 mila, pari al 4,8% della popolazione. Se a queste si aggiungono i disabili meno gravi, in grado di svolgere, ma con molta difficoltà, le abituali funzioni quotidiane, il numero sale a 6 milioni 606 mila persone, pari al 12% della popolazione di 6 anni e più che vive in famiglia. Si registra una maggiore frequenza di disabili in Sicilia e in Puglia (rispettivamente 6,6% e 6,2%), mentre i tassi più bassi, intorno al 3,0 %, si osservano nelle Province Autonome di Trento e Bolzano. Il dato drammatico è che l'80% delle famiglie con persone disabili non risulta assistita dai servizi pubblici a domicilio e oltre il 70%, soprattutto al Sud, non si avvale di alcuna assistenza, né pubblica né privata.

Disturbi psichiatrici e dipendenza in lieve miglioramento - L'ospedalizzazione per disturbi psichiatrici è caratterizzata da un trend in diminuzione nella quasi totalità del territorio italiano. La variazione percentuale dei tassi di ricovero tra il 2001 e il 2004 dimostra l'andamento in diminuzione dei ricoveri con poche eccezioni (Lazio, Abruzzo, Sardegna). Il tasso grezzo di dimissione ospedaliera per disturbi psichici sull'intero territorio nazionale è risultato pari a 52,4 per 10.000 abitanti nell'anno 2004 (ultimo anno per cui sono disponibili i dati). Rispetto al 2001, si registra quindi una riduzione di ricoveri pari al 4,1%. Restano però importanti differenze interregionali sul fronte del consumo di farmaci antidepressivi e antipsicotici: si segnala per esempio che il consumo di antipsicotici in Calabria - 6,55 Dosi giornaliere (DDD) per 1.000 abitanti - è cinque volte più elevato di quello dell'Umbria - 1,31 DDD/1.000 ab/die. Per i farmaci antipsicotici si evidenzia un maggior consumo nelle Regioni del Sud, il trend contrario per quanto riguarda gli antidepressivi. C'è da segnalare poi un aumento della popolazione in trattamento per problemi legati al consumo di cocaina, che sta assumendo (tenendo conto anche dei dati prodotti da indagini nazionali ed europee) dimensioni sempre più preoccupanti: più di 3 abitanti ogni 10.000, sono in cura per dipendenza da cocaina. Dati superiori alla media nazionale sono presenti nelle Regioni a più alta densità abitativa (Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio e Campania); tra queste si evidenzia in particolare la Lombardia che presenta un tasso quasi doppio rispetto alla media nazionale, mentre anche molte Regioni del Centro-Sud (Campania, Puglia, Basilicata, Sardegna) vedono un rilevante aumento dell'utenza dipendente da cocaina.

[Informazioni tratte da Corriere.it]

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27 febbraio 2008
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