Con i piedi sulla Terra e... la testa nello Spazio
Luca Parmitano, il nostro AstroLuca, racconta della sua missione spaziale "Volare"
Lo chiama 'il gene di Ulisse': è la molla che ha spinto l'astronauta catanese Luca Parmitano ad andare nello spazio, lo ha salvato da una passeggiata spaziale da brivido e ha velato di malinconia il sorriso del suo ultimo saluto prima che si chiudesse il portello della Soyuz che, dopo sei mesi nello spazio, lo ha riportato a Terra. Dopo 166 giorni in orbita nello spazio Luca Parmitano è tornato in Italia dove ad accoglierlo, nella sala conferenza dell'Agenzia Spaziale Italiana a Roma, c'erano diverse centinaia di persone, tra cui molti studenti delle scuole medie ed elementari.
"Quando vai nello spazio sai che stai andando in un ambiente estremo e rischioso, di cui non sei assolutamente padrone", ha detto l'astronauta dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa). Da nemmeno un mese è rientrato dalla missione Volare, la prima di lunga durata dell'Agenzia Spaziale Italiana (Asi), e la nostalgia è tanta, nonostante la felicità di ritrovare a Terra l'affetto della sua famiglia, della moglie Kathryn e delle sue bambine, Sara e Maia.
"Il bello di esplorare un ambiente completamente sconosciuto è che molte domande ti vengono dopo", ha osservato Parmitano ripensando alla sua prima passeggiata spaziale. "Descriverei lo spazio come un nero: non è semplicemente buio, c'è una totale assenza di luce". È questo che provava quando era agganciato con i piedi sul braccio robotico della Stazione Spaziale: "Improvvisamente mi sono reso conto di essere l'uomo più lontano dalla superficie terrestre e che il braccio robotico era l'unico collegamento con tutto ciò che conosciamo, con sei miliardi di persone e 10.000 anni di storia". Poi l'emozione di vedere la Terra dallo spazio: "E' di uno splendore caldo e radiante. Se ci pensi troppo a lungo, potrebbe sopraffarti".
Lassù "da un lato pensavo al lavoro e dall'altro sapevo che ero sospeso sulla prua di un'astronave che viaggiava a 28.000 chilometri l'ora", mentre sole e ombra si alternavano in un tramonto. Quello che ha provato nelle sue passeggiate spaziali, Parmitano non lo dimenticherà mai: "Non potevo distrarmi, ma ho voluto registrare tutto, con ogni cellula di me: freddo e caldo, luce e buio, felicità esuberante e tensione emotiva".
Tutto bello, nonostante tutto, anche il ricordo della seconda passeggiata spaziale, nella quale il casco ha cominciato a riempirsi d'acqua per un guasto alla tuta. "Nello spazio ho rischiato di morire, ma in quel momento ho pensato solo ad affrontare e risolvere il problema". Sarebbe dovuto alla rottura di una pompa che separa il circuito dell'aria da quello dell'acqua all'interno della tuta l'incidente che per poco non trasformava in tragedia la sua passeggiata nello spazio. "La commissione tecnica di inchiesta della Nasa - ha detto Parmitano - è riuscita a capire cosa è successo quel giorno. La pompa funziona come una centrifuga che gira a circa 19mila giri al minuto e che separa l'acqua dall'aria grazie a otto piccoli fori. Ora, pare che tutti e otto i fori erano otturati ma non sappiamo per quale motivo. L'acqua è entrata nel circuito dell'aria ed è finita nel casco, coprendomi non solo il volto ma anche le orecchie". Per alcuni lunghissimi secondi è stato sommerso dall'acqua rischiando concretamente di affogare. "E' stato un momento davvero molto duro e sono convinto che ne sono uscito sono grazie alla mia esperienza come pilota di aerei militari", ha aggiunto.
Così il gene di Ulisse si è fatto vivo ancora una volta: "In questi casi reagire significa saper rispondere a una situazione che non conosci" e indubbiamente difficile: "Quando il sole è tramontato non riuscivo più a comunicare né a vedere nulla, nemmeno le maniglie alle quali afferrarmi, non sapevo quanta acqua sarebbe entrata nel casco ed ero disorientato. L'acqua, che intanto aveva raggiunto il naso, restava immobile quando cercavo di muovere la testa". Ma intanto "cercavo nella mente di stabilire una sequenza di cose da fare, un piano d'azione": aspettare che arrivasse il collega Chris Cassidy, decidere di aprire la valvola del casco e poi, casomai, quella della tuta. Ma tutto è diventato subito un ricordo. "Sarei uscito il giorno dopo per un'altra attività extraveicolare".
Quella di ieri è stata una giornata particolare per il trentasettenne siciliano, maggiore dell'aeronautica militare, visto che è stato anche ricevuto in Quirinale dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. "Nel corso di questa lunga missione - ha detto Parmitano - ho avuto modo di apprezzare molte cose. Intanto vivere nello spazio ti permette davvero di cambiare la prospettive e di vedere la Terra, il nostro Pianeta con occhi diversi: i suoi colori e i suoi scenari hanno un fascino irresistibile per chi lo guarda da lontano. Irresistibile e unico, perché finora non ne abbiamo scoperto altri. E per quello che il mio invito è quello di rispettare questo nostro unico mondo".
Nel corso della missione Parmitano è riuscito a mantenere un filo diretto costante con il pubblico e grazie all'uso di una fotocamera e ai social network ha regalato un flusso costante di emozioni e di immagini spettacolari dallo spazio. Non sono mancati anche gli aneddoti, come per esempio quando ci si è accorti, prima di una passeggiata spaziale che il suo fisico, già abbastanza imponente, aveva reagito alla mancanza di gravità con una crescita di tre centimetri maggiore del previsto. "Quando sono andato a indossare la tuta - ha spiegato Parmitano - ci siamo accorti che ero cresciuto di 5 centimetri e non di due come avevamo calcolato e così ci siamo dovuti mettere a modificare tutte le regolazioni della tuta spaziale".
Parmitano ha commentato la scoperta che Marte è stato in grado di ospitare la vita, pubblicata ieri su Science. "Adesso c'è un motivo ancora più grande per andare a mettere i piedi sulla sabbia rossa di Marte", ha detto. La scoperta, ha aggiunto, "è una spinta ulteriore all'esplorazione umana, una scintilla capace di scatenare un incendio emotivo, soprattutto in un momento come questo, nel quale il volo spaziale sembra un lusso di cui si può fare a meno". Invece, ha aggiunto, "la volontà di portare avanti l'esplorazione spaziale è pienamente giustificata dal fatto che non stiamo cercando l'unicorno alla fine dell'arcobaleno: Marte è un obiettivo strategico assai valido".
Chissà che cosa ne pensa Sara, che a 7 anni è perfettamente consapevole che il suo papà fa l'astronauta. Appena lo ha rivisto ha voluto giocare e ci ha messo qualche giorno per domandargli: "Papà, potresti tornare ancora nello spazio?".
[Informazioni tratte da Lasiciliaweb.it, Repubblica.it]