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Con un documento contro il terrorismo arriva la condanna degli islamici d'Italia

Riuniti in assemblea hanno approvato il testo che l'unione delle comunità italiane aveva proposto loro

01 agosto 2005

Dopo quasi due ore di discussione, i rappresentanti dei musulmani che vivono in Italia hanno approvato, con qualche modifica, il documento di netta condanna del terrorismo che il vertice dell'Ucoii, l'Unione delle comunità islamiche nel nostro paese, aveva proposto.
Erano circa un centinaio, tutti pigiati in una stanza del capannone a un piano accanto alla moschea di Bologna, nella periferia est della città.
Sono venuti da tante città italiane del centro nord: Padova, Firenze, Rovereto, Bergamo, Carrara, Vicenza, Mantova, Bolzano, Ancona, Treviso, Roma, Lodi. Ci sono anche i rappresentanti di tre comunità milanesi, spesso al centro di polemiche, due aderenti all'Ucoii ed una no. Ma chi non è potuto venire, soprattutto i ''nostri fratelli delle città del sud'' - si è affrettato a precisare il presidente dell'Ucoii Mohamed Nour Dachan - hanno aderito per fax o via mail.

Il documento, quattro pagine divise per paragrafi introdotti da versetti del Corano, sono stati letti e spiegati in lingua italiana, anche a beneficio dei giornalisti, dal segretario dell'Ucoii, Hamza Roberto Piccardo. Un documento che non vuole essere un fatwa (decreto religioso, una decisione vincolante per i fedeli musulmani), ma una sorta di appello che però contiene molte affermazioni nette e perentorie: l'incompatibilità del metodo terrorista con la dottrina, la giurisprudenza, la cultura islamica; la condanna assoluta ed incontrovertibile delle azioni che conducono a stragi di innocenti e la repulsione nei confronti delle rivendicazioni che ''usano strumentalmente ed in modo blasfemo parole del Corano e del Profeta''. Da queste premesse l'invito a ''tutti i musulmani e le musulmane di Italia'' a ''non attribuire valenza islamica'' alle azioni terroristiche; ma anche il divieto assoluto ''di fornire supporto logistico o verbale o morale'' (con un emendamento è stata aggiunta anche la parola materiale) alle persone di cui si può sospettare ''attitudini o convinzioni aberranti sull'uso della violenza''.
Infine l'invito a ''rispettare le leggi, a relazionarsi lealmente con le istituzioni dello stato e denunciare - sottolinea il documento - progetti di attentati o formazione di gruppi a queste finalità costituiti ed organizzati di cui si fosse venuti a conoscenza''.

Nel confronto a porte chiuse, durato oltre un'ora, la discussione si è incentrata - a quanto si è appreso - soprattutto sul punto 3 e sul significato della parola jihad, nel documento tradotta come ''sforzo sulla via di Dio'', e sui limiti della solidarietà ai ''confratelli che dovessero subire aggressione, prevaricazione o violenza nei loro paesi''.
Ma lo stesso punto del documento sottolinea come in tutti i paesi occidentali le leggi ordinarie e costituzionali garantiscono la libertà di culto e di associazione dei musulmani. Un quadro generale di tolleranza e di uguaglianza non inficiato da provvedimenti restrittivi introdotti di recente in alcuni paesi (come la legge francese sul divieto di portare il velo nelle scuole, ndr). Una commissione, che si è riunita alla fine dell'assemblea, avrà il compito di precisare meglio questo punto del documento, che però nella sua sostanza di fondo resta immutato.

Un altro dei punti che stanno a cuore ai musulmani in Italia è il diffondersi della Islamfobia.
Se ne era fatto interprete prima dell'assemblea il vice presidente dell'Ucoii, Aboulkheir Breigheche. Ebbene, nel dibattito a porte chiuse si è parlato anche di una mozione da definire, probabilmente nei prossimi giorni, per arrivare ad un numero verde che segnali episodi di Islamfobia.

Fonte: la Repubblica, 31 luglio 2005

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01 agosto 2005
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