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Condanna, carcere e diritti umani

La Corte Europea condanna l'Italia per la detenzione di Contrada, mentre il guardasigilli Cancellieri respinge la richiesta di revoca del 41bis per Provenzano

12 febbraio 2014

La Corte Europea dei diritti umani ha dato ragione a Bruno Contrada: i giudici di Strasburgo hanno, infatti, condannato l'Italia per averlo tenuto in prigione dal 24 ottobre 2007 al 24 luglio 2008, nonostante il suo stato di salute fosse "incompatibile con il regime carcerario".
I giudici europei hanno così stabilito che lo Stato deve risarcire Contrada di 15 mila euro: 10mila per danni morali e 5mila per le spese processuali. La sentenza diventerà definitiva tra tre mesi se le parti non chiederanno e otterranno una revisione.

Ricordiamo che, il 24 dicembre 1992, Bruno Contrada, ex dirigente generale della Polizia di Stato, venne arrestato perché accusato di concorso esterno in associazione di tipo mafioso. Molti collaboratori di giustizia associarono il suo nome alla strage di via d'Amelio, dove morì il giudice Paolo Borsellino. Fu condannato a dieci anni di reclusione ma nel 2008 gli furono concessi gli arresti domiciliari per motivi di salute; al provvedimento seguì la scarcerazione.

Pensiamo che la decisione della Corte Europea per i diritti umani su Contrada avrà qualche genere di ripercussione sulla vicenda riguardante Bernardo Provenzano, per il quale più e più volte è stata richiesta dai suoi familiari e dai suoi legali la revoca del regime di 41bis. Richiesta di revoca che, giusto ieri, è stata respinta dal ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri.
Provenzano è attualmente detenuto in regime di carcere duro nella casa circondariale di Parma. All'istanza dell'avvocato Rosalba Di Gregorio, che contro il 41 bis a Provenzano ha fatto ricorso anche alla corte di Strasburgo, avevano dato parere favorevole le procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze d'accordo sulla revoca del carcere duro.

Il provvedimento di rigetto dell'istanza, motivata dal legale con i gravissimi problemi di salute del capomafia, dichiarato incapace di partecipare al processo sulla trattativa Stato-mafia proprio per le sue condizioni neurologiche, è stata notificata ai figli e alla moglie del padrino di Corleone.
Anche i familiari del boss avevano inviato una lettera al ministro della Giustizia in cui chiedevano di revocare il cosiddetto 41 bis al capomafia di Corleone. Nella missiva i figli e la moglie di Provenzano, Saveria Palazzolo, ribadivano l'incapacità di intendere e di volere del boss. E alcune settimane fa, destando non poco stupore, anche l'Unione delle Camere penali era scesa in campo a favore della revoca del carcere duro per il padrino di mafia, regime ritenuto "inaccettabile" in considerazione delle sue condizioni di salute.

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12 febbraio 2014
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