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CONDANNATO

Confermata la condanna a 7 anni di reclusione per l'ex governatore della Sicilia Salvatore Cuffaro che si è subito recato a Rebibbia per costituirsi

22 gennaio 2011

I giudici della seconda sezione penale della Cassazione hanno confermato, a carico dell'ex governatore della Sicilia Salvatore Cuffaro, la condanna a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e violazione del segreto istruttorio nell'ambito del processo "Talpe alla Dda".
Entro cinque giorni sarà notificato l'estratto della sentenza a Cuffaro, che dopo aver ricevuto amici e colleghi è andato a Rebibbia a costituirsi: "Rispetto la magistratura. Affronterò la pena come è giusto che sia, questo è un insegnamento che lascio come esempio ai miei figli", ha detto appena uscito di casa.
L'ex presidente della Sicilia si è quindi presentato alla polizia penitenziaria nel carcere di Rebibbia entrando in auto da un ingresso secondario, evitando i giornalisti che lo attendevano. Sbrigate le pratiche a Rebibbia, nel giro di qualche giorno sarà trasferito con ogni probabilità al carcere Pagliarelli di Palermo.
"Sono stato un uomo delle istituzioni - ha detto Cuffaro, intrattenutosi per qualche istante con i giornalisti appena uscito di casa, prima di andare al carcere a costituirsi - e ho un grande rispetto della magistratura che è una istituzione, quindi la rispetto anche in questo momento di prova. Questa prova - ha concluso - che certamente non è facile, ha rafforzato in me la fiducia nella giustizia e soprattutto ha rafforzato la mia fede". "Se ho saputo resistere in questi anni difficili è soprattutto perché ho avuto tanta fede e la protezione della Madonna, adesso affronterò la pena come è giusto che affronti un uomo delle istituzioni ed ora viene chiamato a sopportare una prova. Lo lascerò come insegnamento ai miei figli, devono avere fiducia nella giustizia e nelle istituzioni".

"E' una sentenza che desta stupore e rammarico anche perché, ieri, la Procura della Cassazione, con una richiesta molto argomentata, aveva chiesto l'annullamento dell'aggravante mafiosa per l'episodio di favoreggiamento ad Aiello, richiesta che se accolta avrebbe sgonfiato del tutto la condanna". Così l'avvocato Oreste Domignoni, difensore di Cuffaro in Cassazione insieme a Nino Mormino al termine della lettura del verdetto su Cuffaro.
Una delle conseguenze della conferma della condanna a 7 anni di reclusione per l'ex governatore della Sicilia Salvatore Cuffaro, attualmente Senatore dei Popolari Italia, è quella della decadenza dal seggio di palazzo Madama. Lo si è appreso da fonti del collegio difensivo del senatore. Piuttosto che essere dichiarato decaduto dal Senato, Cuffaro potrebbe presentare le dimissioni.
Subito dopo la notizia della sentenza, tra i primi a giungere nella casa romana di Totò Cuffaro è stato uno dei leader del suo partito, Popolari Italia Domani, Saverio Romano. Il parlamentare è salito senza rilasciare dichiarazioni. Molti anche gli amici e i sostenitori che sono saliti da Cuffaro per manifestargli la propria solidarietà.

Ed è diventata definitiva anche la condanna a 15 anni di carcere per l'ex manager della sanità privata Michele Aiello. E' stata leggermente ritoccata, per una piccola prescrizione, la condanna a 8 anni di reclusione per l'ex maresciallo del Ros, Giorgio Riolo: ora la pena è di 7 anni, 5 mesi e 10 giorni. Definitiva infine la condanna a 3 anni per il dirigente della Sezione anticrimine della Questura di Palermo, Giacomo Venezia. Il suo ricorso è stato rigettato.
Sono stati inoltre dichiarati "inammissibili" i ricorsi degli altri imputati del processo 'Talpe alla Dda': 4 anni e 6 mesi sono, dunque, diventati la condanna definitiva per il radiologo Aldo Carcione; quella a un anno per Roberto Rotondo, a 9 mesi per Michele Giambruno; a 4 anni e 6 mesi per Lorenzo Iannì (direttore del distretto sanitario di Bagheria); a 6 mesi per Antonella Buttitta; a 9 mesi per Salvatore Prestigiacomo e a 2 anni per Angelo Calaciura.

Le reazioni politiche - Il mondo politico si divide sulla condanna definitiva per favoreggiamento aggravato alla mafia e rivelazione del segreto istruttorio inflitta dalla Cassazione al senatore del Pid ed ex governatore della Sicilia Salvatore Cuffaro...

Leoluca Orlando. La prima reazione, 30 minuti dopo la sentenza, è arrivata dal portavoce di Italia dei Valori Leoluca Orlando: "In uno Stato di diritto la politica deve rispettare le sentenze. In uno Stato democratico, la politica deve però rilevare, come da anni facciamo in tanti, che dopo una stagione di forte indignazione e risveglio, proprio dal 2001, quando Salvatore Cuffaro è diventato presidente della Regione, in Sicilia c'è stato un progressivo deterioramento economico, culturale ed etico che tuttora pesa come un macigno sui diritti dei siciliani e sullo sviluppo dell'Isola". Orlando, nel 2001, era il candidato del centrosinistra alla Presidenza della Regione e venne sconfitto proprio da Cuffaro.
Calogero Mannino. Non si è fatto attendere, com'era prevedibile, il commento di Calogero Mannino, il maestro di Cuffaro: "Sono profondamente addolorato e anche sorpreso. La richiesta del procuratore generale indicava, con il riconoscimento della mancanza della prova per l'aggravante, una soluzione molto ragionevole. Le sentenze si rispettano, ma si possono discutere e questa della Cassazione implica una condanna sproporzionata che perciò finisce col non potere essere accettata".
Rita Borsellino. "La giustizia ha fatto il suo corso e la sentenza di oggi pone fine a una vicenda che ha mostrato con tutta evidenza il coacervo politico, affaristico e mafioso che ha retto la Sicilia nell'ultimo decennio. A fronte di tutto ciò e senza dimenticare i gravissimi crimini di cui si è macchiato l'ex governatore, mi preme tuttavia esprimere apprezzamento per l'atteggiamento tenuto nel corso del processo da Salvatore Cuffaro, che ha mostrato massimo rispetto tanto per l'operato dei magistrati, quanto per la sentenza dei giudici". Così Rita Borsellino, deputata al Parlamento europeo. "Un atteggiamento dignitoso - ha aggiunto la sorella di Paolo Borsellino - che si contrappone in maniera netta a quello dei troppi uomini politici che, come il presidente del Consiglio, sono soliti rispondere alle accuse della magistratura denigrando i giudici e sottraendosi alla giustizia".
Raffaele Lombardo. "In questo momento esprimo la mia profonda amarezza. La sentenza della Cassazione va accettata senza commenti e con atteggiamento di rispetto". Lo ha detto il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo. "Di Cuffaro non si può non segnalare il continuo rispetto dimostrato lungo tutto l'iter processuale e anche in queste ore, per lui e i suoi familiari, sicuramente difficilissime".
Casini e Follini. In un comunicato congiunto Pier Ferdinando Casini e Marco Follini si dicono "umanamente dispiaciuti per la condanna di Totò Cuffaro" ed esprimono "rispetto per la sentenza, come è doveroso in uno Stato di diritto e tanto più da parte di dirigenti politici. Ma, non rinneghiamo tanti anni di amicizia e resta in noi la convinzione che Cuffaro non sia mafioso".

Lorenzo Cesa. Sulla stessa linea il segretario nazionale Udc Lorenzo Cesa: "Nonostante le nostre strade politiche si siano separate da qualche tempo, sono sempre stato convinto dell'innocenza di Cuffaro e dell'assenza di qualsiasi legame tra lui e la mafia. Oggi, nel pieno rispetto della sentenza, mi sento umanamente vicino a Totò e alla sua famiglia in questo momento di profondo sconforto".
Cicchitto e Quagliariello. Nota comune anche per Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliarello del Pdl: "Esprimiamo la nostra solidarietà all'amico Totò Cuffaro per la scelta che ha compiuto. Quanto al merito della vicenda, ci ha convito più la Procura della Cassazione che il collegio giudicante".
Rotondi e Bondi. Dal governo, la solidarietà a Cuffaro arriva dai ministri Gianfranco Rotondi: "Cristianamente gli saremo vicini nei giorni difficili che verranno, ma passeranno", e Sandro Biondi: "Sono umanamente e politicamente colpito dalla sentenza della Cassazione nei confronti di Cuffaro".
Sonia Alfano. Di tutt'altro tono le dichiarazioni dell'eurodeputato Idv Sonia Alfano: "La conferma della condanna all'ormai prossimo ex senatore Cuffaro è il trionfo della giustizia. Mi auguro che Cuffaro varchi la soglia delle patrie galere al più presto, così la Sicilia potrà gustare i propri cannoli in pace. Questo gesto d'ora in poi non avrà la stessa valenza: Cuffaro aveva dato ai cannoli un significato che oggi viene sovvertito, oggi illustrano una Sicilia che alza la testa e comincia a mettere a posto i tasselli di un complicato mosaico".
Saverio Romano. Parla invece di "amarezza e dolore per la condanna nei confronti di un uomo che sta affrontando questa prova in maniera esemplare" il senatore del Pid Saverio Romano che al momento della sentenza era a casa di Cuffaro. "Si tratta - ha continuato - di prove da superare con compostezza, proprio come sta facendo Cuffaro che è un uomo buono e che secondo noi non ha mai favorito la mafia. Sappiamo quanto danno la mafia fa alla Sicilia e rispettiamo la sentenza come sta facendo lui. Ma siamo assolutamente convinti della sua innocenza".
Vendoliani. Per il coordinatore siciliano di Sinistra ecologia e libertà, Erasmo Palazzotto, "la condanna definitiva a sette anni di reclusione per l'ex presidente della Regione Cuffaro deve far riflettere sul degrado morale in cui è piombata la politica isolana. Questa sentenza è un segnale positivo per la Sicilia, perché pone fine alla stagione dell'impunità della classe politica. Apprezziamo tuttavia il comportamento con cui l'ex presidente ha accolto la sentenza di condanna. Di questi tempi non è facile trovare politici che rispettino il lavoro della magistratura".

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E' attesa per oggi, con ogni probabilità nella tarda mattinata o nel primo pomeriggio, la sentenza della Corte di Cassazione del processo per le cosiddette "Talpe alla Dda di Palermo" che vede tra gli undici imputati l'ex presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro, attualmente senatore dei Popolari Italia, accusato di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e rivelazione di segreto d'ufficio. Nel processo l'ex governatore della Sicilia è stato condannato a sette anni di reclusione per favoreggiamento a Cosa Nostra e violazione del segreto d'ufficio.
La procura della Cassazione ha in linea di massima chiesto la conferma delle condanne per gli imputati nel processo 'Talpe alla Dda', esclusa, ovviamente, la posizione di Totò Cuffaro. In sostanza, il sostituto procuratore generale della Cassazione, Giovanni Galati, ha condiviso l'impianto accusatorio e l'attribuzione delle singole responsabilità, limitandosi solo a dichiarare la prescrizione per qualche episodio minore.
In particolare, il Pg ha chiesto la conferma della condanna a 15 anni e sei mesi per il manager della sanità privata Michele Aiello, dalla quale, però, ha chiesto di decurtare le pene per episodi minori prescritti. Quindi, la corte d'appello di Palermo, se venisse accolta la richiesta del Pg, dovrebbe rideterminare la pena per Aiello. Stesso discorso vale per l'ex sottufficiale del Ros, Giorgio Riolo: la sua condanna a otto anni dovrebbe essere leggermente diminuita per la prescrizione di alcune imputazioni minori relative alla rivelazione di segreto istruttorio.
Da confermare in tutto, secondo il Pg, sono invece le condanne a quattro anni e sei mesi di reclusione per il radiologo Aldo Carcione, quella a sei mesi per Antonella Buttitta, quella a un anno per Roberto Rotondo, quella a tre anni per Giacomo Venezia (dirigente della sezione anticrimine presso la questura di Palermo), quella a quattro anni e sei mesi per Lorenzo Iannì (direttore del distretto sanitario di Bagheria). Inoltre, secondo il Pg, deve dichiararsi la prescrizione della condanna a nove mesi per Salvatore Prestigiacomo e quella a due anni di reclusione per Angelo Calaciura.

Nella requisitoria di ieri, il sostituto procuratore generale della Cassazione aveva chiesto di annullare l'aggravante mafiosa che rende pesante la pena per Cuffaro in quanto "non c'é la prova che abbia voluto favorire il sodalizio mafioso". Secondo il pg Galati, infatti, è da considerarsi prescritto "l’episodio di favoreggiamento nei confronti di Guttadauro e Miceli, in quanto non è configurabile a suo carico l’aggravante mafiosa: siccome il fatto risale al 2001, risultano decorsi i termini di prescrizione". Rimane invece in piedi, ha proseguito Galati, "la contestazione del favoreggiamento semplice nei confronti del manager della Sanità Aiello, l’episodio risale al 2003". Se questa tesi venisse accolta, la Corte d'Appello di Palermo dovrebbe rideterminare al ribasso la condanna inflitta all'ex governatore (LEGGI).
L’avvocato Nino Mormino, che difende in Cassazione l’ex governatore della Sicilia, ha detto ieri:  "Siamo parzialmente soddisfatti della requisitoria del Pg". "Noi daremo battaglia fino alla fine con tutti i nostri motivi di ricorso, non solo su quelli relativi all’aggravante mafiosa: ma il giudizio del Pg, che ha ritenuto inesistente il favoreggiamento a Cosa Nostra, è già un bel risultato!". Cuffaro ha mostrato un atteggiamento decisamente politically correct: "Sono, come sempre, fiducioso nelle istituzioni, e la magistratura è un’istituzione e come tale va rispettata".
Contro il verdetto emesso lo scorso 23 gennaio dalla Corte di Appello di Palermo, insieme a Cuffaro, hanno presentato ricorso anche gli altri dieci coimputati. Tra loro, l’ex manager della sanità privata Michele Aiello, ritenuto l’alter ego del boss Bernardo Provenzano nell’imprenditoria e condannato in secondo grado a 15 anni e sei mesi per aver ordito una rete di spionaggio che svelava le notizie sulle indagini di mafia.

Questa mattina Cuffaro ha deciso di attendere la sentenza della Cassazione, raccogliendosi in preghiera in una chiesa nei pressi della sua abitazione romana, di fronte al Pantheon. L'ex governatore siciliano è a Roma insieme alla sua famiglia: la moglie, Giacoma Chiarello, e i due figli. L'esponente politico ha già dichiarato di essere "sereno" e di attendere "con rispetto" le decisioni della magistratura.

LE TAPPE DEL PROCESSO - Comincia il 5 novembre del 2003, con l'arresto, tra gli altri, di due insospettabili investigatori che lavoravano fianco a fianco con i pm di Palermo, l'inchiesta, poi denominata talpe alla dda, che coinvolge l'ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro, oggi al vaglio della Cassazione.
Un'indagine, condotta dai pm Maurizio De Lucia e Michele Prestipino, che svela una vera e propria rete di spionaggio, costituita da sottufficiali dei carabinieri e della Dia come Giorgio Riolo e Giuseppe Ciuro, che, su input dell'imprenditore della sanità Michele Aiello e con la complicità di impiegati della Procura, avrebbero rivelato, proprio all'ex manager, notizie riservate su indagini di mafia in corso. Aiello, secondo l'accusa, sarebbe stato l'alter ego del boss Bernardo Provenzano nel mondo della sanità.
L'inchiesta, che porta alla luce anche una serie di truffe al sistema sanitario, va a intrecciarsi con un'altra indagine della dda sulle commistioni tra il boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro ed esponenti politici come l'assessore dell'Udc Mimmo Miceli, "delfino" dell'ex governatore Cuffaro, condannato in un altro processo per mafia. Ne viene fuori un quadro di collusioni che coinvolgono anche l'ex maresciallo dell'Arma Antonio Borzacchelli, processato e condannato per concussione successivamente. Commistioni e relazioni pericolose in cui Cuffaro, secondo l'accusa, avrebbe avuto un ruolo centrale.
Informato da Borzacchelli, eletto, poi, all'Ars nelle liste del suo partito, di una microspia piazzata a casa del capomafia Guttadauro, Cuffaro avrebbe avvertito Miceli, abituale frequentatore del boss di Brancaccio. Rivelazioni che Miceli riferì a Guttadauro, che scoprì la cimice. Da qui le accuse di rivelazione di segreto istruttorio e favoreggiamento aggravato alla mafia a carico dell'ex presidente della Regione. Il 2 novembre del 2004 l'allora presidente della Regione viene rinviato a giudizio. L'uno febbraio 2005 comincia, davanti alla terza sezione del tribunale, presieduta da Vittorio Alcamo, il processo di primo grado a carico di 12 imputati e due società.
Il dibattimento si conclude, il 18 gennaio 2008, con la condanna di Cuffaro a 5 anni per favoreggiamento semplice. Cade la contestazione dell'aggravante mafiosa. Pene pesantissime vengono inflitte anche agli altri imputati: come Aiello, che viene condannato a 14 anni e Riolo a 7.
Il 23 gennaio del 2010 la corte d'appello di Palermo, presieduta da Gincarlo Trizzino, rincara la dose, riconosce l'aggravante e condanna l'ex governatore, che intanto si è dimesso, a 7 anni. Pena più dura anche per Aiello (15 anni e sei mesi) che finisce in cella e Riolo a cui i giudici, cambiando l'accusa da favoreggiamento a concorso in mafia, danno 8 anni

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, GdS.it, Lasiciliaweb.it, Corriere del Mezzogiorno.it]

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22 gennaio 2011
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